Da “Canto dei morti sul lavoro”
[Presentiamo tre testi estratti dal volume di poesia Canto dei morti sul lavoro apparso per Zona editore nel 2022.]
di Guido Caserza
Claudio Toso andava al lavoro
andava al lavoro Franco Viberti
ci andava Gemma Corradi
e ci andava sua figlia Carla
pure Marco Guerriero andava al lavoro
e ci andava suo figlio Piero
e tutti andavano sulla soglia della morte,
anche Carlo Volterra andava al lavoro
e forse quello era l’ultimo giorno,
andava al lavoro Cristiana Ferrari
e ci andava Fabrizio Pietri
e tutti conducevano la loro vita al termine
tutti erano destinati alla morte,
dove andavano costoro?
Andavano al lavoro
andavano a morire,
dove andava Francesco Colasante? Andava
al lavoro, aveva venticinque anni
andava a morire, saliva sul traliccio,
il traliccio si incendiò,
abbracciato alle fiamme scivolò
dal traliccio, era il 18 agosto 2020
quel giorno andava a morire,
e dove andava Michele Cacco? Andava
al lavoro, aveva quarantanove anni,
nato da sangue operaio andò come ogni giorno
in quella fonderia di Marcon,
morì schiacciato sotto
il peso di una porta forno, era il 4 novembre 2020
quel giorno andava a morire,
e dove andava Stefano Zanni?
Esperto come nessuno di carpenteria
andava al lavoro, di anni ne aveva sessantuno,
salì sull’impalcatura di una cappella privata
nel cimitero di Orta Nova
e cadde dall’impalcatura,
era il 27 maggio 2021
quel giorno moriva,
e dove andava Ugo Gilardi il
25 novembre 2020?
Quel giorno Ugo Gilardi andava al lavoro,
aveva trent’anni,
è morto sotto il carico di un furgone,
la morte gli aveva stipulato un bel contratto.
***
Ora
la divisione del lavoro
qualcuno l’ha chiamata
approccio olistico – c’era vita in quei corpi
prima di entrare nella fabbrica, tutto
è fabbrica revolvente,
fabbrica-linguaggio,
fabbrica dal materiale all’immateriale al materiale,
fabbrica-saccheggio,
fabbrica-mattatoio,
per essa tutto fluisce per virtù sua propria
come i pianeti per gravitazione
e le stelle confitte nel cielo,
la stupenda fabbrica del cielo
anch’essa revolvente nella medesima guisa
tutto è fabbrica revolvente.
Impulsi di muscoli o di cervelli in nuda vita,
elettriche eclissi di vita, a ogni corpo una funzione,
ma i cadaveri eludono ogni descrizione,
cadaveri di uomo,
cadaveri di donna, perfetti alla morte,
perfetti nel martirio,
l’espressione del loro stupore
si manifesta nel volto
una volta
fatto per vivere
uno spruzzo di sangue
che taglia l’orizzonte.
Alcuni avevano una natura dolce
e un portamento amichevole,
erano fatti per essere contemplati,
promanavano vita, incontrollabile vita,
ma così arrendevoli ormai,
snervati,
costretti a svernare
fra le braccia del lavoro
millenni di lavoratori – azione e forza –
le ricchezze proprietarie sono in loro
da loro nascono per loro si moltiplicano,
millenni di lavoratori all’incanto,
osservate le loro meraviglie
fate la vostra offerta,
osservate le loro membra,
la perfetta tessitura di tendini e muscoli,
li denudiamo perché possiate correttamente valutarli,
fate la vostra offerta,
guardate i loro occhi accesi di vita,
ognuno di loro – considerate anche questo –
è non solo corpo forza lavoro ma un padre
padre di un figlio che diverrà a sua volta padre,
millenni di lavoratori in un solo lavoratore,
ogni corpo è un corpo brulicante di altri corpi,
braccia mani gambe
la linfa scorrente del lavoro
prego venite a lavorare per noi,
un lavoratore ha compiuto il suo lavoro è morto,
arriva un altro lavoratore felice dello stipendio,
i ticket per il pranzo li può usare come vuole tra poco muore,
arriva un altro lavoratore lì pronto a rimpiazzarlo,
il turno di notte gli vale un extra,
la notte gli cola l’occhio
piegato sui ferri da fondere
in cielo pende la luna tra poco muore,
un altro lavoratore arriva, uno all’incanto,
in somministrazione di lavoro tanto
per fare una prova fra poco muore.
Arriva un altro lavoratore
felice prima di uscire, ore sette del mattino,
dice alla moglie appena mi danno l’aumento
pensiamo a fare un figlio tra poco muore.
***
Quello faceva il turno di notte
che notte che era!
una luna grassoccia
lo sbirciava
da dietro una nuvola
e dall’arteria sprizzò
uno zampillo di sangue,
neppure il tempo
di cacciare un grido
Al lavoro! Al lavoro!
e la testa rotolò
per parecchi metri sul selciato
faceva il turno di notte
e una luna terribile
Al lavoro! Al lavoro!
e un piede venne
ritrovato nel fossato
e una luna grassoccia
Al lavoro! Al lavoro!
e brandelli di carne
erano ovunque
nel cielo monco
l’occhio della luna,
che notte che era!
la verde primavera violentata
dagli odori pungenti,
sputi di luce le stelle nel cielo,
la moglie stesa
sulla bara come una bandiera
con la bocca squarciata dal dolore
pianse il suo pianto su quel corpo amato
che notte che era.
Grazie.