“Viva voce” — un racconto
di Rocco Coronato
“A Peter Rappaport sopravvivono tutte le mogli e…”.
Andrew Rappaport, titolare di un’agiata ditta inglese di marmellate d’arancia a Siviglia, sorrise all’avvocato che gli stava traducendo il necrologio del fratello minore, “Shaky” Peter. Poco prima, Andrew aveva ricevuto impeccabile le condoglianze dei pochi venuti in chiesa (ai funerali dei solitari ci vanno giusto altri solitari). Confortati da una chiara brezza serale, Andrew e l’avvocato erano ora seduti a un ristorante in una piazzetta vicino alla torre che sovrasta Siviglia, altezzosa come una bella donna.
Sopravvivono tutte le mogli: quante erano state? Per un istante Andrew si immaginò che il fratello le avesse sposate tutte assieme, come un sultano circondato da concubine olivastre. L’harem si dissolse subito: le cognate erano state tutte inglesi, scialbe. Tre o quattro, a occhio: numero ragguardevole lì a Siviglia dove Andrew, in seguito alla morte della loro madre un anno prima, aveva spostato il fratello perché combinasse meno danni e matrimoni, ma la media in Inghilterra dove Andrew guidava the Firm, come la chiamavano in famiglia. Un’eccezione c’era, e in famiglia: il loro padre, sposatosi una volta sola, e proprio con una di Siviglia.
Delle tre o quattro cognate, Andrew si ricordava giusto la prima, la più speranzosa: costringeva il fratello a vestirsi sempre elegante. Quando c’era lei, Peter veniva avvistato in tight pure a sbattere i panni.
L’avvocato rilesse una frase del necrologio:
“‘Le mie azioni sono calate’, ripeteva da ultimo l’imprenditore inglese, scomparso improvvisamente a 58 anni…”.
“Mio fratello era scomparso da un pezzo”, disse Andrew. “Da un anno nemmeno mi rispondeva più al telefono”.
“Da quando era morta d’infarto vostra madre, insomma… La Señora Maria, povera, così bella brava, la più bella Madonna delle nostre processioni del Venerdì Santo”. L’avvocato calò di nuovo lo sguardo sul giornale. “Azioni calate? Mr Andrew, ha visto che la ditta sta in salute. Ho sempre agito come d’accordo: prima facevo parlare lui, e poi facevo come mi diceva lei”.
The Firm, per i Rappaport, non indicava tanto la ditta quanto sé stessi, fermi e sodi da secoli come le loro arance di Siviglia. Perlomeno fino a “Shaky” Peter: in mezzo a tante ovvietà benevolenti, pure il necrologio lasciava intendere che lui era stato bravo giusto a essere mediocre. Incorniciata nell’articolo, come ad auspicargli successo nell’aldilà, c’era una foto di Peter pigiato dietro una scrivania. Aveva una mano sollevata per la stizza e l’altra aggrappata al telefono.
Però aveva ancora i capelli neri, notò Andrew. La loro madre, la señora Maria, diceva di avere un cuore nero come la chioma; Peter se li era presi entrambi.
“Avvocato, mi legge la fine del necrologio per intero?”.
“‘A Peter Rappaport sopravvivono tutte le mogli e il fratello, estranged.” L’avvocato arrossì.
Andrew gustò da lontano l’aroma di arance e fiori presenti assieme sui rami carichi: ma guarda, un’altra compresenza di opposti in natura, e pure quella contro natura. Estranged: con tutte le sue stranezze Peter aveva estraniato Andrew peggio di un forestiero. La loro storia sfortunata risaliva indietro negli anni alla stessa vetta nascosta fra le nubi, ma lungo due crinali opposti. Peter gli aveva elargito così tanti pretesti per quella divergenza che Andrew aveva sentito solo una colpa, quella della noia.
Ricordati che le arance crescono meglio sull’albero non del bene o del male, ma dell’indifferenza, ripeteva a “Shaky” Peter quando quello osava lamentarsi con la sua voce smorta, una larva di lamento, pungente come la lagna di uno spettro.
Si ricordava ancora la prima volta che aveva sentita, quella nenia, più pesante dei loro lunghi silenzi. Da bambini s’erano sfidati a chi sarebbe restato più a lungo chiuso da solo in una stanza buia e gelida. Andrew aveva fatto iniziare il fratello, e quello aveva subito strillato di farlo uscire. Allora Andrew aveva scacciato Peter ed era rimasto incurante al gelo e al buio per mezz’ora, mentre il fratello frignava perché l’aveva lasciato solo. La madre era accorsa e aveva calmato Peter con una canzone inglese dal ritornello spagnolo, simile a una rondine che fra i gorgheggi imbecca l’unico rimasto nel nido.
Da quella volta Andrew l’aveva chiamato “Shaky” Peter, il sesto Rolling Stone: la pietra promessa dal nome, ma rotolante.
“Que sera, sera”, intonò improvvisamente Andrew. L’avvocato lo guardò perplesso. “Era la canzone preferita di nostra madre”.
“Vero! Pure Peter la canticchiava”.
Oppure Shaky era il quinto Beatle, da quanto si scuoteva? Mother Mary comes to me. Mamma Maria andava solo da lui.
“Comunque, Mr Andrew, mi incuriosisce soprattutto una cosa capitata lunedì scorso”.
“Peter aveva detto qualcosa di sensato?”. Ogni franchezza a riguardo di “Shaky” poteva essere solo postuma.
L’avvocato sgranò gli occhi.
“Mi perdoni, è stato tutto così rapido”, mentì Andrew con una bugia bianca, sempre meglio di una verità opaca, “cosa le disse Peter?”.
L’avvocato chiamò un ragazzino che serviva ai tavoli, ma quello andò dai clienti dietro Andrew. Spazientito, l’avvocato fece segno a una cameriera che fumava appoggiata alla porta del locale.
“Lo scorso lunedì, il giorno stesso in cui poi sarebbe morto, di prima mattina avevo telefonato a suo fratello per il resoconto mensile. Lui mi aveva risposto bruscamente. Lasciai perdere, e poi lo risentii in serata. Si scusò: ‘Quando telefono le parole mi escono così rapide che le rimpiango subito’”.
“E dopo lui che fece?”.
“Chiamò questo ristorante, lasciò sulla segreteria telefonica i soliti ordini per la cena a domicilio, si ritirò nella sua stanza. La servitù riferisce di averlo sentito lamentarsi di una donna. Ma anche con una donna: intesero la voce di una che strepitava in spagnolo. Eppure Peter s’era chiuso a chiave. Com’è che lo chiamate voi inglesi, il delitto della stanza chiusa? Ma qui non c’è nessun delitto. L’hanno trovato morto, di crepacuore, solo. Sul comodino c’era la pillola serale di belladonna”.
“Belladonna?”.
“Il suo farmaco per il cuore: non l’aveva preso. Belladonna… che pensasse alla vostra povera madre?”.
La voce di una donna! Andrew si sentì tradito.
L’affetto fra i due Rappaport difettava da sempre. Avevano provato ad amare perlomeno una stessa cosa, prima la madre e poi the Firm. Alla fine l’unico legame possibile s’era rivelato detestare una stessa cosa: nessuno dei due amava dormire con le donne con cui andavano a letto. E ora una donna, addirittura!
Andrew cercò di ricordarsi se Peter gli avesse accennato qualcosa nelle ultime telefonate, simili alle loro antiche partite a tennis, degli interminabili scambi da fondo campo. Anche dal vivo, del resto, Peter pareva fosse al telefono: era sempre occupato, e quando rispondeva aveva la voce distante.
“Avvocato, mi basterebbe sapere perché Peter non rispondeva nemmeno più al telefono”.
“Il lutto per vostra madre? Ah, la povera Señora Maria…”.
Dopo un’altra pausa, il legale sorrise verso una coppia seduta dietro Andrew.
“Mr Andrew, chiediamolo a loro. Pare che l’ultima frase di suo fratello, mentre parlava con quella donna, sia stata ‘You are my secret—’, e poi si è interrotto. Quella bionda lì è—o meglio era—la sua secretary”.
Andrew si voltò a osservare la donna e il vecchio prete.
Parevano degli invitati a un ballo in costume che avevano afferrato degli abiti alla rinfusa.
La bionda, una vistosa quarantenne dalle ciglia e dall’attaccatura dei capelli scure, indossava un abito da sera di una taglia troppo grande e delle scarpe rosse con il tacco alto. Le volute dei capelli incorniciavano l’ampio seno con la maestosità del sole a picco su un golfo.
L’uomo era un vecchio in un sottanone nero; smunto, alto, un po’ ingobbito come se abituato a chinarsi spesso. Un grosso crocefisso gli luccicava al collo.
L’avvocato li invitò al loro tavolo.
Fatte le presentazioni, il vecchio sorrise ad Andrew: “Ero un confidente del povero Peter. Lo sa, Andrew, che se fosse stato per me, lei e suo fratello non sareste mai nati?”.
Andrew sorrise sbiadendo ogni tinta vitale.
“Da ragazza, la señora Maria si confessava da me”, riprese il vecchio. “Io le sconsigliai il matrimonio con un inglese. Così bella, e piena di pretendenti… quando si velava il viso per la processione, lei era una Madonna dagli occhi dolcissimi …”.
Dopo qualche convenevole, l’avvocato si scusò perché doveva assentarsi. Salutò con una stretta di mano Andrew e, sfiorandoli, la coppia. “Don Durante”, con un mezzo inchino. “Carmen”, di sfuggita.
*
Rimasti in tre, Durante osservò Andrew a lungo, mentre con maestosi colpi di pollice si lisciava le folte ciglia.
“Durante, anche al ristorante ti fanno ascoltare le voci?”, chiese la bionda.
“Già”, rispose il vecchio, “pare che nessuno le capisca meglio di me”.
“Ed è meglio quando non le conosci?”, chiese Carmen.
“Conoscerle?”. Il vecchio rovesciò il capo all’indietro con una risata rauca. “Grazie a Dio non le conosco. Salvo quella del povero Peter”.
“Sei migliorato, Durante, da quando hai ritrovato i tuoi simili”. La bionda fece un cenno in alto. “Sono contenta per te”.
“Sospettavo che in seno al tuo petto ci fosse un cuore grande altrettanto”.
Con stanca abitudine, la donna alzò prima lo sguardo al cielo e poi l’abbassò.
“Carmen, però non parliamo fra noi di fronte a Mr Andrew…”.
“Ma no”, rispose Andrew, “vi prego”.
“Eh”, rise Durante, “pregare è la parola giusta!”.
Quando parlava con Andrew chiudeva gli occhi, come se sorseggiasse le sue brevi risposte; quando parlava con la donna, la fissava dritto, non negli occhi.
Andrew lo riconobbe. Al funerale di Peter, il vecchio, richiesto tutto cerimonioso l’assenso al sacerdote, aveva offerto un ricordo del morto che perfino ad Andrew era sembrato sincero: quando Durante ricordava Shaky, pareva che pregasse di nascosto per lui, e quando invece pregava per lui, la voce affettuosa del ricordo risuonava nella navata.
“Don Durante”, disse Andrew, “la ringrazio per la sua testimonianza”.
“Ah, Durante è bravo con le parole, come no…”, disse Carmen, “Soprattutto ora che la sua voce non gli fa più paura, lassù”.
“Lassù, lassù…”. Durante ammiccò verso i tetti luccicanti sotto la luna. “Se ognuno resta da solo, si scava da solo la sua fossa e diventa un fossile. Invece, lassù, siamo convocati da tutta la Spagna, sotto la protezione di San Giuda”.
“L’hanno fatto pure santo, Giuda?”, si meravigliò Carmen. “Vedi che a tradire si fa sempre bene”.
“L’altro Giuda. San Giuda”, mormorò il vecchio, “il patrono delle cause perse. Perse chissà dove”.
“Insomma”, disse Carmen, “un Ufficio Persone Smarrite, lassù”.
Andrew capì a che si riferissero i due. Il vecchio stava guardando un edificio dirimpetto, il solo dal color ocra nella piazza tinta di turchese. La facciata dalle persiane squinternate pareva un solitario lasciato a metà.
Nel silenzio che, quasi al gesto di un suggeritore nascosto, azzittì la piazza, Andrew colse un chiacchiericcio di uomini, simile a un brusio di calabroni, che calava da una grossa finestra spalancata al centro di quella facciata. Pareva che pregassero e maledicessero assieme.
Sotto la finestra era appesa una targa:
†
CASA SAN JUDÁ
*
Finita un’altra sigaretta, la cameriera venne al tavolo. Il grosso collo di lei, contrapposto alla figura esile e avvenente, era solcato da un ciuffo di capelli rosso, munito di volontà propria.
I calici tintinnarono, e la ragazza si volse al vecchio con una risatina altrettanto squillante:
“Durante, questo lo offre la casa. E ricordati che è domenica: domani siamo chiusi. Però passa dopo per quella faccenda”. Aggiunse qualcosa in spagnolo. Andrew capì solo polizia e telefono.
Durante alzò gli occhi al cielo: “Ancora quella storia! Dopo la sentiamo tutti assieme, così siete contenti. Ma che c’entro mai io… tu piuttosto, a stento un anno qui e guarda già quante grane…”.
La ragazza si allontanò ghignando. Un dente d’oro brillò irridente proprio davanti.
Carmen sospirò: “Ma tu guarda quella bocca! Non potrebbe starsene zitta?”.
“Vorrebbe fare l’attrice; lavora qui come ripiego. Però che voce profonda, se vuole… imita pure le voci dei clienti”.
Durante riprese a scrutare la facciata di Casa San Judá come se cercasse di leggervi una scritta sbiadita.
“Carmen”, disse, “mi dicevi prima che da piccola anche tu andavi lassù”.
Lei fece cenno di sì, gli occhi spalancati come in un film muto:
“Quando c’erano ancora le suore. Ci facevano assaggiare le marmellate fatte con le arance del loro chiostro. Dicevano che erano dolci e amare come l’amore. Ma loro come facevano a ricordarselo, l’amore?”.
“Ah, io non le ho mai assaggiate”, disse Durante.
“Le marmellate o le suore? C’era poi una suora decrepita, Hermana Mercedes…”.
Gli occhi di Durante divennero lucidi. “Oh, Mercedes… aveva le mani aride come prugne secche, e il cuore ancora più avvizzito. Sciupò tutta la sua mercé quando prese i voti e si scelse quel nome”.
“Mercedes ci dava la marmellata solo dopo che avevamo pregato per i poveri Santi Innocenti”.
“I bambini sterminati da Erode prima ancora che potessero parlare. ‘Con la voce dei lattanti proclami la tua lode!’”.
“I poveri Santi Innocenti. Mercedes ci diceva: ‘Voi forse siete povere, ma innocenti?’”.
“Pure il suo povero fratello doveva essere innocente, Mr Andrew, di qualunque cosa si accusasse”, disse Durante, lo sguardo appena voltato verso la luna mascherata da un drappo di nuvoloni. “Fra il suo timore di ogni cosa e la conferma che faceva bene ad averne paura, non saprei dire quale fosse la gallina e quale l’uovo, ma certo la frittata era bella che fatta. Lei invece, Andrew, che bel nome sicuro… sant’Andrea, il patrono dell’istante! Andrea lasciò immediatamente le reti e seguì Cristo, e tutto solo per una battuta del Maestro: ‘Vi farò pescatori di uomini’. Mai spiegato quel passo nelle mie prediche, non avrei proprio saputo che pesci prendere. All’istante… forse non fu proprio una conversione, Dio non voglia (e forse non volle), ma da un anno in qua anche suo fratello, Mr Andrew, era cambiato. Poco dopo la morte di vostra madre, la povera señora Maria, la nostra bella Madonna! Prima pareva vagamente preoccupato, poi divenne insicuro ma in maniera nitida. Ogni lunedì era gaudioso, chissà perché. La settimana scorsa, era martedì, lo trovai sdraiato sul divano. Parlammo di tutto e di niente, soprattutto del secondo, quando squillò il telefono. ‘Hello?’, rispose alzandosi quasi sull’attenti e afferrando speranzoso la cornetta. Come dicono gli italiani quando rispondono al telefono? Ah ecco, pronto! Ma pronto a fare cosa?”.
“Per una volta che era ottimista”, disse Carmen.
“Gli ottimisti hanno scarsa memoria”. Durante abbassò la voce e indicò la finestra aperta di Casa San Judá: “Io e Carmen siamo attesi lassù”.
“Lo siamo tutti, prima o poi”, disse Andrew.
“Vuole unirsi a noi? L’unica volta che salì, suo fratello rise e cantò, al buio”.
Carmen sorrise: “E al buio, Andrew, potrà sentire la voce piena di Durante, ora che porta la sottana solo per divertirsi. La voce che chiama altre voci”.
“Meglio spretato che sprecato”, ridacchiò Durante.
*
“Presto, entrate”, disse un inserviente aprendo a Durante, Carmen e Andrew la porta di Casa San Judà, “tra poco servono il caffè”.
I muri del salone erano tappezzati di fotografie della processione del Venerdì Santo: tanti Cristi obliqui sotto la croce e, al centro di una parete, sopra una lucina rossa, la foto di una Madonna scura anche negli occhi e velata di nero, sulla guancia le perle gonfie di tre lacrime. Durante sorrise, fece un mezzo inchino e strizzò di nuovo l’occhio ad Andrew.
“E questo chi è, il patrono dei macellai?”, chiese Andrew. S’era fermato davanti a una tela dove un santo reggeva con una mano un lungo coltello e sull’altro avambraccio, come se fosse una portata, la matassa della propria pelle.
“San Bartolomeo, lo scuoiato vivo”, disse Durante.
La quiete del santo scorticato contrastava con i visi persi dei vecchi seduti attorno a un grosso tavolo circolare.
Durante si schiarì la gola mentre si sedevano:
“Prenda gli Apostoli, Andrew… per farmi coraggio prima della Messa mi ripetevo spesso la loro lista: quattro semplici pescatori; un esattore delle tasse; uno dal nome greco; un diffidente divenuto patrono degli architetti; un gaffeur secondo cui nulla di buono poteva uscire da Nazareth; uno di famiglia; un ribelle; Giuda, che difende cause perse; quell’altro Giuda. Si meritavano Cristo, forse?”.
“E tu, te lo meriti?”, disse qualcuno nell’ombra con un fiotto rauco di risatine. Una figura sgusciò china dall’alone scuro attorno al tavolo e, quasi arrampicandosi, diede a Durante uno schiaffetto sulle guance.
Durante gli baciò la mano: “Sua Eminenza, Vescovo Guillermo! Anche tu qui?”.
“Durante mio”, rispose Guillermo, “un tempo scortavi i morti fino alla tomba, ora li assisti per il tragitto inverso”.
Durante si volse verso Andrew. “Il vescovo Guillermo era amato da tutti noi—o detestato da tutti noi, chi si ricorda più, l’importante è che ci teneva uniti”. Ricambiò lo sguardo acquoso di Guillermo. “Ora anche tu fra gli spauriti, Guillermo? Eppure tu mi confermasti nell’ora del mio dubbio”.
“Dubito di poterlo confermare a quest’ora”.
“Ma adesso pensiamo alle voci! Siete pronti?”.
“Le voci di chi?”, chiese qualcuno nell’ombra.
Soprattutto di quelli che erano morti di paura, rispose Durante: avevano di certo più voglia di parlare ora che la paura gli era passata.
Guillermo sospirò: “I miei superiori non gradirebbero tutto questo”.
“Qui nessuno è più superiore di te”.
Guillermo ammiccò verso Carmen: “Proprio una bella pecorella… Durante, te l’avevo detto: Cave carnem. Anzi, Cave Carmen”.
Durante alzò le braccia al cielo:
“Guillermo, considera la luna e le maree: l’attrazione è naturale come la gravità. Maledetto Newton, è tutta colpa sua se cadiamo in tentazione”.
Poi incupì rispettoso la voce. “Chiedo di sentire il nostro povero Peter Rappaport. Ed ecco Belladonna!”.
Additò la porta aperta sul corridoio. Andrew vide avanzare una donna velata, sorretta da due inservienti.
“Belladonna! Buona per l’occhio, buona per il cuore. Lei conosce già le vostre richieste”.
Calò un silenzio improvviso, colmo di attesa. Durante diede ad Andrew una gomitata nel fianco e, strizzando a lungo l’occhio, come se paralizzato a metà, indicò la Nuestra Señora della foto sulla parete.
“Proprio una bella donna, vostra madre. Non ha riconosciuto la povera Maria? Peter, invece, la prima volta che salì, accorse subito ad accarezzare la foto”.
L’ex-prete si rattristò di botto, quasi a dimostrare quanto poco gli servisse per cambiare umore.
*
Belladonna la medium si sedette e appoggiò le mani sul tavolo. Il corpo cominciò subito a scuotersi. Belladonna piombò con il capo sul tavolo, e poi si rialzò, mormorando con voce d’uomo.
“Spirito”, Durante gridò, “chi sei tu? Anzi, chi eri tu? Spirito, quanta pazienza mostri. Ma, dove ti trovi ora, serve ancora la pazienza? Spirito, vuoi ritornare qui o lì da dove vieni? Ed esci solo di notte perché ti vergogni, oppure perché solo di notte riusciamo a sentirti?”.
Una piccola ombra si materializzò con un inchino davanti alla donna velata.
“Eccomi”, disse con voce incerta.
“Siediti, spirito”, ordinò Durante.
“Non voglio. Qui è tutto scuro”.
“Nero come il caffè. Nero come il luogo da cui provieni?”.
“Non è nero abbastanza il caffè?”.
“Per favore, siediti”.
“Grazie, non posso”.
“Cosa vuoi allora, spirito?”.
“Ho paura di non voler nulla”.
“Sei tu, Peter?”.
“Devo andare”, disse la voce.
“Spirito, cosa ci offri?”, chiese Durante.
La figura strinse le spalle: “I caffè ordinati al telefono”.
Pedro, il ragazzino del ristorante, appoggiò il vassoio e si eclissò. Carmen gli schioccò un bacio.
Fra le labbra della medium velata spuntò il luccichio dorato di un dente. Belladonna cominciò a cantare con voce chiara e triste:
Qué será, será
Whatever will be, will be
The future’s not ours to see
Qué será, será
What will be, will be
“Maria!”, gridò Andrew, come se si fosse ricordato solo ora che nome avesse la madre.
Sul petto di Belladonna si dimenò un ciuffo di capelli fulvo, simile alla coda di una volpe spaventata.
*
Mezzanotte passata: all’altro lato della piazzetta, dei topi sciamavano nell’immondizia, indaffarati come demoni che ricacciano i dannati fra le fiamme.
Lasciata Casa San Judá, rimasti soli, Durante afferrò il braccio di Andrew e fissò la luna arrampicatasi in mezzo alle tante stelle:
“Oh, Andrew, l’anima gemella porta solo problemi doppi! Amiamo chi ci assomiglia, ma ci scordiamo che nemmeno noi per primi ci amiamo. In seminario mi insegnarono a non battezzare mai i peccati che sentivo in confessionale: già il nome ammalia il peccatore come per un goloso l’etichetta variopinta di un barattolo dal droghiere. ‘Santo padre’, Carmen bisbigliava nel confessionale, ‘quando si sposano uomo e donna diventano una carne sola… e nel letto matrimoniale la mia carne è sola’. A ogni confessione diceva che era triste in casa quando il marito era fuori, e che si sentiva sola quando il marito c’era. Le adultere dicono spesso che quella cosa lì gli è capitata, pazienza se per coincidenza gli capita più volte di seguito e magari con uomini diversi… ma un temporale non discolpa chi ci resta sotto a inzupparsi. Oh, fin troppo facile risponderle, senza una grata di mezzo ma a viva voce!”.
I due si fermarono all’entrata del ristorante. Andrew chiese a Durante perché si vestisse ancora da prete.
Durante rise: “Tanto mi chiamerebbero padre lo stesso”. Mandò un bacio da lontano a Pedro, che si stava tormentando un pollice.
“Andrew, nemmeno saprò quali parole mie saranno dimenticate o apprezzate! Lassù perlomeno, dai miei ex-confratelli, mi ascoltano, e il ristorante è contento che fanno le consumazioni. Una consumazione da desiderare devotamente, come diceva quello… ora la risposta mi arriva subito senza slogarsi la testa a guardare lassù: rispondono da laggiù, dalla cucina del ristorante. E lì posso vedere ogni giorno il mio Pedro. In cambio mi tocca ascoltare al telefono le voci dei clienti e tirar giù i loro ordini. La giusta penitenza per me: sentire che desiderano gli altri. Insomma, Mr Andrew… proprio una recita”. Non specificò se si riferisse alla vita passata o alla scena di Casa San Judá.
Da dentro la cucina la cameriera e medium gridò a Durante: “La polizia vuole sentire il nastro!”.
Durante strinse la mano di Andrew e andò di là. Dopo pochi istanti Andrew lo sentì sbraitare contro la cameriera:
“Belladonna, ma di che ti lamenti? Io tiro giù solo gli ordini dalla segreteria. Sei stata tu l’ultima a parlare con Peter al telefono. A sbraitare, anzi… qui da un anno e combini solo guai. Ti sei messa pure a cantargli quella canzone con la voce della madre. Ma sì, sentiamola, questa benedetta segreteria”.
Le voci registrate sulla segreteria telefonica del ristorante, dove i clienti lasciavano gli ordini per l’asporto, giunsero a ondate ad Andrew, tutte in spagnolo, concitate e risentite come se chiedessero soccorso, finché Andrew non sentì, per ultima, quella inglese di “Shaky” Peter salire incerta e storta nel buio:
Ristorante chiuso, ieri. Mi ero scordato questo numero, e angoscia e desiderio se ne erano andati. Posso fidarmi solo della tua parola, Belladonna, quando dici che poi cancelli questi messaggi. Adesso, per esempio: stai ridendo di me al ristorante? Anche tu mi hai rinchiuso in una stanza buia. Belladonna, mi hai messo in viva voce? Ti diverti a far sentire le bestialità che dice un inglese quando finalmente si innamora?
Que sera, sera. Stasera non prenderò la belladonna. Mi basti tu.
Que sera, sera. Whatever will be, will be.
Tutto buio, qui. Lui voleva restare solo. Stava solo al buio per restare da solo. Pure dentro di lui c’è il gelo. Gelo, sia! Ha paura della sua gelosia.
You are my secret.
I commenti a questo post sono chiusi
un racconto che sembra tradotto dall’inglese. Con la leggerezza di un’ironia alla Graham Greene affonda nei traumi di famiglia, anima personaggi curiosi e misteriosi, ricostruisce un’atmosfera spagnola letteraria e però sorprendente, scherza familiarmente coi santi. Proprio un bel racconto
In questa liturgia della vocalità, che sembra affidarsi meno alle evidenze della superficie dialogata che alle larve del non detto e del sottaciuto, i meccanismi dello spaesamento si fondano solo apparentemente sui modelli del poliziesco d’atmosfera e sul piccolo esotismo dell’ambientazione sivigliana: la posta in gioco sta tutta nell’equivocità di personaggi e situazioni che si tengono ambiguamente sospesi tra mistero e pitoccheria grottesca, tra un sottofondo abietto di sordidezza provinciale e un sospetto di magia. Nel bizzarro teatrino di rivelazioni che si affacciano per cenni e come di sbieco, tutto passa per i prestigi della voce: quella dei vivi e quella dei morti, quella effusa nella brezza serotina della conversazione e quella sacra – ma di una sacertà adulterata e in odore di impostura – prodotta durante la seduta di necromanzia, quella postuma depositata sul nastro magnetico di una segreteria telefonica e quella mnestica delle citazioni musicali (disseminate come momenti di innesco evocativo e, in pari tempo, come risorsa di decostruzione ironica per il tramite di un controcanto canzonettistico, tra pop e mélo). La stramberia degli attanti, la loro meschinità, la loro trivialità fissata in un dettaglio ritrattistico di vistosità esibita lasciano però intravedere, nello squarcio di lampeggianti svelamenti, un senso ulteriore di natura perturbante. La poetica di Coronato lavora di sguincio, entra nelle tortuosità ambivalenti delle esistenze e dei ricordi portandoci a poco a poco – come per salti inattesi – nel territorio delle ombre.