Ciao Franck, compagno di viaggio
Quando Franck racconta della sua musica tutti rimangono in silenzio ad ascoltare la vibrazione di ogni corda del suo discorso, a partire dai giorni della vocazione, quando per caso diventa amico del suo vicino di casa liutaio. Pochi mesi dopo essere arrivato a Parigi, aveva preso casa nella rue Grégoire-de-Tours, a Saint-Germain.
“Un giorno il postino si sbaglia e mette nella mia buca delle lettere una busta indirizzata ad Alain Vian. Io gliela recapito e uscendo mi imbatto in un grande locale in cui il fratello di Boris Vian, liutaio, conserva tutto un mucchio di vecchi strumenti. Mi sono bloccato come se fossi stato davanti a una visione insieme terribile e meravigliosa. In mezzo a tutta quella matassa di strumenti musicali c’era una piccola fisarmonica rossa. Identica, vi giuro, a quella che i miei genitori mi avevano regalato da bambino e che avevo completamente rimosso, insieme ai miei, naturalmente. Lui si accorge della mia esitazione e, quando gli spiego il motivo della mia sorpresa, mi chiede di suonarla. La imbraccio e dalle prime note vedo che diventa rosso in volto come preso da una rabbia improvvisa e non capisco perché. I suoni mi vengono naturali, certo, ma quello era uno strumento che volevo dimenticare, perché mi ricordava cose che non amavo, perché esprimeva una musica da liscio, da musette, che era vecchia, di quel vecchiume che ti resta appiccicato addosso peggio di quelli che la ballano sulla Marne. Lui che invece avrebbe voluto suonarlo non c’era mai riuscito e questo lo rendeva furioso. Me n’ero ripartito con quella piccola fisarmonica rossa e di tanto in tanto tornavo da lui per fargli sentire qualcosa. Solo dopo una decina di incontri in cui sostanzialmente mi massacrava per come suonavo, ha cominciato ad apprezzare le composizioni nuove che gli proponevo. Interpretazioni di Rota e Bizet, Rolling Stones o cose mie che avevano l’aria di interessarlo. Fisicamente era alto, più alto di suo fratello ma con una faccia simile. Non parlavamo mai di suo fratello, immaginavo quanto potesse essere pesante il fardello che si portava dell’essere fratello di; in fondo era lui ad aver dato vita alla rinascita di Saint-Germain. Mi raccontava del Tabou di Sartre. Pubblicamente disprezzava la vita dei locali alla moda ma di fatto ci passava le sue serate come tutti gli altri. La sua collaborazione con Juliette Gréco ne è una prova. È lui a passargli un testo di Queneau, Si tu t’imagines, quello con cui la sera del debutto l’interprete aveva completamente sedotto François Mauriac e Marlon Brando; Jean-Paul Sartre aveva immaginato per lei la sola canzone mai scritta, Rue des Blancs Manteaux, tutte musicate da Joseph Kosma, quello delle foglie morte di Prévert. Comunque lui amava Simone Signoret, e quanto più amava la magnifica attrice, tanto più detestava Yves Montand che a parer suo non la meritava.
Per me la fisarmonica è uno strumento che fa esprimere ciò che altrimenti non potrei esprimere del mio mondo interiore. Innanzitutto dà voce alla mia malinconia ma anche alla gioia che mi porto dentro, è un cocktail che cambia ogni volta le misure dei suoi ingredienti come se captasse l’energia che ha intorno. A proposito di danza posso dire che vivo una grande contraddizione per esempio. Non mi piace tutto il repertorio legato ai balli popolari, non mi è mai piaciuto, eppure mi rendo conto che tutte le mie composizioni si fondano sulla danza, su una danza che non può essere ballata tipo, che so, Piazzolla, che tutti i tangheri odiano perché non li fa ballare.
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Grazie Franck, grazie Frank. ;-)
…. mia mamma cucina per tutti lassù…sarà felicissima di ascoltarti, adora la fisarmonica caro Franck…
Buona seconda vita….
Grazie