Gea’s Dinner
di Mariagiorgia Ulbar
Per motivi famigliari ho trascorso 21 giorni nella mia casa di origine e ho foggiato oggetti al tornio nel “garage dei topi”, un piccolo laboratorio casalingo ricavato da una stanza di rimessa che apparteneva a mia nonna, in disuso da parecchi anni e solo ultimamente rinnovata. Visitata nelle sere di maggiore umidità da una famigliola di scorpioni, sono andata avanti a modellare 21 oggetti di uso comune in terra bianca, quali tazze, ciotole, bicchieri, piatti, barattoli e uno spremiagrumi, non senza qualche imprecisione e qualche incidente. Essi sono andati a comporre Gea’s Dinner, un progetto sperimentale che vede un mio testo poetico frammentarsi in 21 parti, un ipertesto su ceramiche di uso comune. Ognuno dei 21 oggetti è stato decorato e cotto seguendo il processo tradizionale della maiolica che prevede una prima cottura dei manufatti a 980° e una seconda dei manufatti decorati a 930°. Gli oggetti sono rimasti dall’inizio alla fine uniti nei vari passaggi, nell’idea di perseguire il concetto di frammentazione e unione in contemporanea. Ho corso tutti i rischi del caso: di rottura, di danneggiamento, di non riuscita. Probabilmente Gea stessa si è fatta divinità tutelare dell’esperimento e ogni passaggio è riuscito senza intoppi. Ogni oggetto contiene qualche parola di un mio testo poetico inedito, che potrà esistere ed essere letto, nella sua interezza, soltanto quando gli oggetti verranno riuniti in una ipotetica “cena”.
Alle 21 persone che, a scatola chiusa, hanno scelto di aderire al progetto pagando il prezzo di un ipotetico libro, per una cifra compresa tra i 10 e i 25 euro a seconda dell’oggetto, ho comunicato via via i passaggi e infine ho consegnato gli involti legati con carta e spago – evitando plastiche, anche quella del nastro adesivo – e una lettera di accompagnamento che spiega gli intenti del progetto e fornisce le istruzioni per portarlo a compimento. Ogni persona è libera di usare l’oggetto come crede, ma è pregata di immaginare, in un momento, di doverlo utilizzare per partecipare a una cena con altre persone, usandolo come contenitore per del cibo o altro che si vorrebbe condividere. Per ora, data l’impossibilità di creare un incontro reale per motivi geografici e organizzativi, ho chiesto di inviarmi delle foto che ritraggano l’oggetto preparato per la cena e in cui sia possibile vedere le parole su di esso riportate, per permettere un collage che servirà a ricostruire e rendere leggibile il testo.
L’oggetto in ceramica è la pagina di un libro, un libro che, come tutti i libri, è fatto di materia organica, del frutto di un’astrazione cerebrale e di un atto creativo, di frammenti che compongono un tutto. Nella fattispecie, è un libro di poesie composto da una sola poesia che occupa lo spazio di 21 oggetti di uso comune in ceramica – quelli che potrebbero convergere nello spazio di una tavola per una cena – e nelle mani di 21 persone. Gea’s Dinner è un esperimento letterario e artistico che vuole toccare una visione della letteratura come opera unica che accade nello spazio intermedio tra la produzione di chi scrive e la ricezione di chi legge e usa l’opera nella sua vita personale. È anche una presa di posizione rispetto all’industria editoriale, che sta spingendo le categorie estetiche ed etiche verso un’annessione alle categorie commerciali, in un errore di interpretazione tanto squallido quanto pericoloso, che segna la storia umana. Con Gea’s Dinner mi interessa sottolineare l’idea che la poesia, per esistere, ha bisogno di un incontro semplice, essenziale e per questo ho scelto di lavorare su una materia basilare che è la terra che, nel processo di trasformazione in ceramica, incontra gli altri tre elementi fondamentali che sono l’acqua, l’aria e il fuoco. Mi interessava che fosse sottolineato, in questa opera, lo stretto rapporto tra la natura e i suoi doni, l’intelletto e la mano umana, una certa alchimia insita nella materia tangibile e in quella artistica, la connessione tra persone, spazi, intenti e la salvaguardia di alcune necessità fondamentali, toccate concettualmente e metaforicamente: il diritto alla nutrizione per l’umanità intera, l’incontro con gli altri, anche gli sconosciuti, la realtà, l’irrealtà, l’azione creativa come energia vitale.
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Mariagiorgia Ulbar ha pubblicato I fiori dolci e le foglie velenose (Maremmi 2012), la silloge “Su pietre tagliate e smosse” all’interno dell’Undicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos 2012), le plaquette illustrate Osnabrück e Transco