Palermo (la città interna)

di Noemi De Lisi

 

La città-stomaco ti ha inghiottita
smembrata, disciolta dall’acido gastrico
(eppure esisti ancora).

Hai fatto un patto con la città-stomaco.
Ti sei lasciata mangiare, distruggere,
in cambio volevi scomparire solo per me
e diventare una moltitudine.
Frantumata in proteine, grassi e zuccheri,
ora sparsa nel sangue sei il sangue
nutri la città in forma microscopica
(è la mia città interna).

La città-stomaco ti ha scomposta
ti ha divisa, ma solo per riprodurti.
Ora ci sono molte parti di te che vivono
dentro l’organo muscolare della città.
Sei all’interno, ti spandi come un’infezione
(gorgoglio, gorgoglio, parlami).

Ce l’hai fatta, hai attraversato una digestione,
e hai dovuto sacrificare il nucleo più vero di te.
Cosa ricordi prima del massacro?
La città prima della masticazione, noi.
I vicoli di crepe e di buche
li imitavamo per non cadere.
Ci adattavamo così alla città, fingendoci la città
(ti allenavi già al processo di sparizione).

Sei ovunque fatta a pezzi e sei sparita.
Solo a tratti la comparsa della tua moltitudine:
ogni schiena nei vicoli di crepe
il calcestruzzo bruciato sui denti
l’acciaio contro le bocche
i colpi, i colpi
e le ombre in tremori addensate ancora
attorno alle pozzanghere elettriche sull’asfalto
i riflessi, i riflessi
(quello che di te è sopravvissuto).

 

*

 

Fratture, macerie
sono queste le tue nuove parole,
l’alfabeto genetico della città.
Per parlare non devi aprir bocca.
È così, non la apri.
La città è il tuo messaggio – dentro le budella.
La pelle sepolta, i teschi, i mattoni, le finestre aperte.
Cerco la tua voce nelle cose distrutte.
Le crepe ovunque, le vene di questo cemento,
c’è una casa che crolla, sei tu che mi chiami?

 

*

 

 

ESERCIZI #3 PALERMO (LA CITTÀ INTERNA)

La Legge della scienza personale è semplice da seguire. L’alchimia non è una scienza, si azzarda qualcuno fuori da noi; e allora vattene, gli rispondiamo, schifoso, vattene! Abbiamo bisogno di fede in questo momento, tutta la fede del mondo. Rimasti soli, allora, igienizzati da cattivi presagi e sfortune, possiamo prepararci a compiere il nostro atto di fede nella scienza personale. Secondo la Legge N°8884, ora è possibile resuscitare le persone. Dobbiamo solo decidere se resuscitare un morto o un vivo. È tutta una questione di fisica e materia umana. La Legge ordina di cercare un luogo al chiuso specifico per la trasmutazione dei piani reali. È necessario trovare la città interna. Si tratta di un buco dentro le budella, uno spazio rinchiuso dentro al chiuso, una stanza minuscola e profondissima scavata dentro al dentro. Attenzione a trovare quella vera. Questo è un luogo specifico, che non scava in gravità libera verso il basso, ma attraverso un piano orizzontale: più scava e più tocca tutte le superfici. La città interna è rinchiusa dentro ogni cosa contemporaneamente. Solo gli schifosi senza fede non potrebbero mai trovarla. Adesso che siamo rinchiusi qui, non voglio chiedervelo ad alta voce cosa scegliete, tanto abbiamo gli stessi desideri. Non voglio proprio dire niente a prescindere qui, shhh zitto e pure tu stai zitta. Parliamoci con la mente, tanto lo sapete fare, non mentite. Scegliamo di resuscitare un vivo, certo. Secondo la Legge N°8884 della scienza personale, è possibile resuscitare un vivo donandogli l’iper-esistenza: una vita nella vita, un’addizione dei piani reali, una presenza strabordante. Basta la trasmutazione elettromagnetica di un ricordo sul piano reale della materia presente, affinché la persona-oggetto di un ricordo la smetta di vivere svanita nella città esterna, ma si rigeneri in una nuova iper-esistenza nella città interna. Per avviare il processo è necessario un sacrificio. Siamo pronti a tutto per resuscitare quel vivo. Scateniamo la pelle, il prurito, schiocchiamo le ossa, sfregano, si consumano, diventano polvere, e la nostra polvere viva, frenetica, la mischiamo con i nostri liquidi più veri, le lacrime, il mestruo, le lacrime, il muco batterico, l’acido gastrico. Le nostre ossa si contagiano fra di loro e la polvere diventa fango. Abbiamo dovuto sacrificare i nostri scheletri, certo. Occorrono molte macerie umane, materia dura e forte. Occorre sacrificare la durezza, e renderla tenera, melmosa, una palla di fango, un nucleo, che ci riassume. Nella fase successiva del processo, la Legge ordina una radiazione elettromagnetica spontanea per generare una vita nella vita, per questo è necessario ricordare. L’elettricità neurale della memoria eccita il nucleo del sacrificio innescando a sua volta il ribaltamento dei piani reali. Bisogna resuscitare quel vivo qui accanto a noi, dentro ogni cosa contemporaneamente, qui, nella città interna, quella dove possiamo comandare tutto e cambiare le sorti.

  • Cos’è questo rumore? Siete voi che battete i denti oppure… oppure viene da fuori, dalla città esterna? È un tremore liquido, forse è la pioggia. Non vi distraete, siamo così vicini. Ricordate, ricordate ancora.
  • La memoria è strabordante, l’elettricità è tanta, così tanta che la città esterna, fuori dal nostro buco, ci trova. Ci sta crollando addosso.
  • Il nucleo si è aperto in mille pezzi, si è spento. Non funziona più niente. Dove siete? Non vedo senza luce. È stato un massacro.
  • Me lo sentivo, non volevo dirvelo per non farlo accadere, ma sapevo che sarebbe andata a finire così. È la punizione per aver cercato di cambiare i piani reali della materia umana. Una Legge pericolosa… eppure eravamo così vicini a riabbracciare quel vivo.
  • La città ingoia i morti e i vivi, li incatena allo stesso piano, non restituisce niente. È stato fatto tutto il possibile e abbiamo sbagliato. Siete pronti a dimenticare anche i vivi adesso?

*

[L’immagine in evidenza è un dipinto di Rafel Bestard]

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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