Defrost: esorcismo e universalità del dolore

di Fabio Ciancone
  

Defrost è la prima raccolta di Diletta D’Angelo, pubblicata da Interno Poesia a novembre 2022. Lo “scongelamento” che intitola il libro è la metafora del tentativo, da parte del soggetto poetico, di trovare una dimensione personale e identitaria nella quale riconoscersi, libera da condizionamenti. È la ricerca di una chiave per distaccarsi da meccanismi quotidiani di violenza, di sopraffazione, di paura. Questa ricerca si muove su due binari principali: da una parte la ricostruzione e l’esorcizzazione di un trauma, cioè aver assistito al brutale incidente della propria sorella; dall’altra il personale tentativo di allontanamento dalla dimensione familiare, clanica e per certi versi asfissiante delle proprie origini. È la paura che porta il soggetto a congelarsi, a rimanere inerme di fronte al proprio terrore; è la stessa paura che impedisce di distaccarsi dalla “colonia”, come viene chiamata nel testo, «un’aggregazione strutturata: gerarchizzata, instabile, tumultuosa»

Queste due traiettorie sono implicitamente dichiarate per mezzo della poesia proemiale e del componimento che apre la prima sezione dell’opera. La figura della sorella è messa in parallelo con quella di Phineas Gage, un uomo vissuto nella seconda metà dell’Ottocento che, a seguito di un incidente per certi versi simile al suo, aveva subito profonde mutazioni della personalità. Non è un caso, quindi, che quasi tutte le poesie dal titolo Replaced, nelle quali è tematizzato il rapporto dell’io con la sorella, siano affiancate a un componimento intitolato, per l’appunto, Phineas Gage. Peraltro, la “sostituzione” indicata dal titolo ha grande rilevanza semantica in questa dinamica: trovare se stessa, infatti, significa anche perdonarsi e farsi perdonare per la sensazione di averla rimpiazzata: «Vorrei solo dirti scusa scusa non ho saputo guardare oltre i tuoi resti/ ti ho rimpiazzato il crescere vincere perdere provare/ tolto il ridere vivere respirare guarire».

La lirica che apre la sezione Anamnesi, dal canto suo, ha al centro il richiamo metaforico alla nascita, al distacco dalla propria origine vitale e quindi, in qualche modo, a una trasformazione: «Capita che piccole falene sboccino da buchi nelle porte,/ che sopravvivano durante la fase larvale in strette gallerie scavate con la bocca». È proprio il “passare attraverso il buco”, nonché la fatica che questo sforzo comporta, l’immagine topica usata più spesso da Diletta D’Angelo per rendere l’idea dell’attraversamento, del passaggio da una dimensione a un’altra. È un distacco brutale, quasi violento («Lavava i piatti come si scortica una cotenna […]. Cercava di lavare se stessa, di farmi uscire fuori o di ammazzarmi»), ma avvertito come una profonda necessità («Vorrebbe staccarsi da ciò che è ora, da ciò che mostra di essere […]. Ha vent’anni ventidue o ventitré, non ha ancora imparato a riconoscersi»). 

La raccolta è divisa in quattro sezioni: Anamnesi, Auscultazioni, Incisioni, Anatomie. Queste scelte lessicali, è facile intuirlo, devono molto al linguaggio tecnico di ambito medico-scientifico. Lo stesso si può dire, più in generale, delle scelte linguistiche dei singoli componimenti: il freezing, ad esempio, il congelamento che dà il titolo ad alcune poesie, è un meccanismo di difesa animale che porta l’essere vivente a fingersi morto in risposta alla paura o al pericolo; così anche le flashbulb memories, lampi di memoria nitidi e improvvisi, appartengono al linguaggio psicologico; il già citato replacement, in medicina, è la rimozione e sostituzione dei tessuti danneggiati. Sovrapposizioni semantiche con l’oggetto stesso delle poesie, dunque, evidenti.

Che sia possibile, all’interno della struttura lirica, rinvenire le tracce di un vero e proprio percorso narrativo? Se ci fosse, esso sarebbe da ricercare non tanto nella presenza di una trama, quanto piuttosto nell’evoluzione che porta il soggetto poetico dall’anamnesi, ovvero dal puro ricordo, fino all’anatomia, al rapporto carnale con il corpo e con il dolore, in un cammino sensoriale che attraversa prima l’ascolto delle pulsioni corporee e poi il taglio fisico della carne. Non è un caso, probabilmente, che gli unici componimenti a essere numerati sono quelli intitolati Freezing e Flashbulb memories, come se il rapporto con la paura e il ricordo del trauma evolvessero con l’avanzare del testo. Nella sezione Incisioni, ad esempio, il ricordo dell’incidente, dapprima «fuori fuoco», si fa sempre più nitido.

Il ricorso a immagini vivide e carnali è un elemento fortemente caratterizzante della poesia di D’Angelo. Più volte viene evocata l’incisione della carne, la frattura, il taglio, non soltanto in relazione all’incidente di cui si è già parlato, ma anche, parallelamente, alla carne animale, con la descrizione cruda dei processi di macellazione. Il ferro è, di conseguenza, un materiale nominato in modo quasi ossessivo: il ferro delle panchine davanti alla propria casa, il ferro delle aste, dei chiodi e dei bulloni, i metalli che incidono la carne animale da macello. I riferimenti a elementi concreti si rincorrono a tenere insieme le diverse traiettorie della poesia, a formare in ultima analisi una raccolta allo stesso tempo straniante e unitaria. 

È bene specificare che la memoria e l’analisi interiore, quasi clinica, che danno consistenza al testo non possono essere risolte in una banale rievocazione autobiografica, ma piuttosto sono la resa assoluta di questo dolore e di questo esorcismo. Lo dimostra l’immagine del vitello in apertura al libro (figura poi ripresa con il nome di Tiresia, peraltro uno dei soli due casi di figura con un nome proprio), che simboleggia non tanto un animale specifico, quanto l’universalizzazione della condizione animale per come è trattata da D’Angelo.

La poesia, in questo contesto, si fa mezzo per dare forma alla paura, per ordinare traumi e ricordi. Nella struttura in versi assume senso e viene pacificata la relazione disforica con gli eventi. I versi lunghissimi, tendenti quasi alla narrativa, alternati a passaggi in prosa, rivelano un uso sapiente del ritmo e delle strutture della frase. È una via non solo per indagare sé stessi, ma anche per dare voce all’alterità, per scongelare il rapporto con il diverso. 

Ed effettivamente la raccolta si chiude con una nuova consapevolezza, con l’appello a un tu (che forse nasconde un io) a ricordarsi che «ci sono cicli di glaciazione, fasi interglaciali». È un percorso che, in ultima analisi, conduce a capire «[…] che la rigidità si può sciogliere in piccole gocce d’acqua, che può tornare/ (in qualche modo) alle gambe il movimento».

Appendice

Replaced

So di aver avuto ogni cosa

infinite le possibilità di sbagliare, di riprovarci

Quando tua sorella si esercitava stendeva un disegno di tasti

non produceva suoni neanche allora, non poteva ascoltarsi

Sei da sempre l’urlo mai sentito così forte sull’asfalto

il bullone piantato fra le ossa, forse per sbaglio

Freezing II

Mi hanno insegnato ad avere paura

delle cose che possono capitare:

dormire con gli elastici ai polsi; accarezzare gli animali

degli altri; storcere gli occhi; sporgersi troppo dalle finestre; ingoiare

prosciutto e uova sode; attraversale la strada davanti casa;

camminare sul marciapiede

Flashbulb memories III

Colpi di cuoio su un enorme sacco di sabbia ricordo

solo il rumore

di calci sordi presi lungo le scale di casa

tu ferma sensibile a niente, piccole mani che mollano una presa instabile

il fiume di carte da gioco che scivola nelle fessure del legno (poi perse per sempre)

 

dell’evento nessune immediate conseguenze

 

Oggi ripetiti che è tutto vero. Che nella fluidità delle cose possono incastonarsi piccole gemme di sale, che non per forza debbano sciogliersi tra le mani e insieme che possono sciogliersi immediatamente. Ricordati che ci sono cicli di glaciazione, fasi interglaciali.

Che il ferro alla bocca può portare nutrimento. Reggi, custodisci, governa, affidati. Che si nascondono in tutte le cose vergognose tare, lotte inconfessabili.

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mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot ha pubblicato Essendo il dentro un fuori infinito, Elegia, opera vincitrice del Premio Montano 2021 sezione opera inedita (Anterem Edizioni, 2021), Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), poesie e prose in antologie italiane e straniere. Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato a esposizioni collettive.  Aree di interesse: letteratura, sociologia, arti visuali, psicologia, filosofia. Per la saggistica prediligo l'originalità di pensiero e l'ideazione. In prosa e in poesia, forme di scrittura sperimentali e di ricerca. Cerco di rispondere a tutti, ma non sempre la risposta può essere garantita.
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