Portraits
di Tomaso Pieragnolo
l’amico ed io scendiamo
pedalando inappagati
dalla nostra immaginante giovinezza
– le ruote fanno presto
un ronzio d’insetto che vola lui ha messo
una molletta e un cartoncino dentro i raggi –
e non è che il passare da un’estate
alla sua utopia troppo assonante
non è questa un’amicizia
destinata a durare nel tempo
però correndo tutto
sembra fermo intorno
tutto è ai nostri piedi prostrato
non ricordo il suo nome da morto
ma sento il suo odore da vivo
sento il sorriso
che spianava le illusioni le colline
lontano da casa avremmo potuto
non esistere più in quel momento
e nessuno ci avrebbe cercato
nessuno sarebbe mancato
perché eravamo nomi fatui
nel vanto di una stagione
appena dopo l’infanzia
l’amico ed io non ricordo
la sua rivalità disarmante
non era quella un’estate
destinata a durare nel tempo
come certe cose che prolungando muoiono
era soltanto l’immagine di noi
nel verismo della terra dei sogni
con quattro ali e due corpi
di funamboli inappagati
*
in un giorno in cui nessuno viaggia
verrò da te senza passare dal tuo sguardo
senza travaglio perché libera da indulti
ti toccherò nel punto esatto in cui ricordo
cadde la sete appena dopo l’abbondanza
un giorno comune con odore di pane
dentro i vicoli del ghetto e forse alcuni
passanti che faranno
il loro antico mestiere di passare e forse alcuni
ragazzi che faranno
il loro presente mestiere di vivere
verrò con ninnoli e fagotti dal mercato
pigiati di frutte e vegetali gocciolanti
scansando i ciottoli sconnessi sul selciato
scansando l’arbitrio passato tra di noi
e i ricordi mannari dentro i quali io non c’ero
vedrai le cose torneranno al loro posto
le bici rubate i baci non dati
i beceri volti degli adulti che additavano
e tutto sarà perfetto nella sua confusione
tutto confuso nella sua perfezione
e come scordare il tuo stridere sotto
le volte risonanti dei risuoni
delle nostre risa vedrai
la sorte tornerà al proprio posto
io che ti amavo al primo giorno della sete
tu che mi amavi
senza dare un nome al nostro errare
in questa città con alibi e nebbie
quanto inutile rumore ci ha scontato
bastava solo
abbandonarsi a questa foto
//
I testi sono tratti da Portraits, da poco uscito per Passigli (2022)
Tomaso Pieragnolo è nato a Padova nel 1965 e da trent’anni vive tra Italia e Costa Rica. Fra le sue precedenti pubblicazioni: Lettere lungo la strada (Edizioni del Leone, 2002), L’oceano e altri giorni (Edizioni del Leone, 2005) e, in questa stessa collana, nuovomondo (2010) e Viaggio incolume (2017), libri che hanno ottenuto riconoscimenti nei premi Palmi, Metauro, Minturnae, Marazza, Saturo d’Argento, Città di Marineo, Gozzano di Belgirate, Ultima Frontiera, Minturnae Giovani e Libero de Libero. Una sua selezione di poesie scelte è stata pubblicata in spagnolo dalla Editorial de la Universidad de Costa Rica e dalla Fundación Casa de Poesía (Poesía escogida, 2009). Come traduttore di poesia latinoamericana, dal 2007 ha proposto nella rivista «Sagarana» principalmente autori della Costa Rica e del Centro America non ancora tradotti nel nostro paese; tra questi, Laureano Albán (Poesie imperdonabili, Passigli, 2011) e, in collaborazione con Rosa Gallitelli, Eunice Odio (Come le rose disordinando l’aria, Passigli, 2015). Per Arcipelago Itaca ha curato nel 2019 Non importa ormai vivere bensì la vita del poeta spagnolo Juan Carlos Mestre. Per le traduzioni è stato premiato al Camaiore, Morlupo, Città di Trento e Marazza. Ha partecipato a diversi festival di poesia nazionali e internazionali.