Lettere della fine

Tre testi tratti dalla sezione aggiunta alla nuova edizione ampliata di Lettere della fine di Nadia Agustoni (Vydia editore, collana di poesia Nereidi), prefazione di Renata Morresi, postfazione di Maria Grazia Calandrone.
Info: https://www.vydia.it/it/lettere-della-fine-nuova-edizione/

quattro

a Brusaporto nell’uguale di una sera
ho creduto alle stelle sospese
tra le frane dell’erba
e la statale:

con la nostra vita viene il lavoro dei prati
e nella solitudine dei pioppi
nella quiete del poco
in un buio di forchette e un libro:

ma andava tutto insieme il parlare
a briciole e formiche morte
e ancora senza un filo di vento
correvano le siepi

e un segno più lieve
intorno al bordo dei rami
apriva il quaderno della luna
raccoglieva il volo del migrare.

*

cinque

costruimmo i nostri rifugi
di bambini di allora
– gli alberi
ci insegnarono
a quale
distanza
crescere –

scoprimmo
pian piano
il punto esatto
in cui ogni foglia
al cambio
di stagione
raccoglieva l’aria
l’intima pazienza
del brunire.

*

dieci

abitavano coi fiori stanze d’ospedale
e in caserme e cave la febbre di chi ride
emigrati come un’altra specie
con tutta la casa:

a volte portavano regali
cose piccole, un cibo
le bocche malate dei poveri
o il dolore preso in Germania

dove gli sterminati non parlavano.

per questo sappiamo
che chi tace non acconsente
e la lingua dei morti
è più lunga ferita.

Print Friendly, PDF & Email

3 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Pratolini poeta. Un mannello dimenticato

di Marco Nicosia
«Sono fregata, Casco, la morte non è un sollievo, è un’imboscata.»

Un bon élève

di Simone Redaelli
Ma questa è una menzogna. Nulla nel mondo ha di queste sensazioni. Tutto continua a girare: gli esseri umani procedono indisturbati, gli alberi generano foglie, i muri continuano a reggersi.

“A man fell”, dell’eterna diaspora palestinese

di Mariasole Ariot
Un'esistenza che sanguina da decenni e protesa a un sanguinare infinito, finito solo dal prosciugamento di sé stessa.

Amelia Rosselli, “A Birth” (1962) – Una proposta di traduzione

di Marco Nicosia
Nel complesso, la lettura e la traduzione esigono, come fa l’autrice, «[to] look askance again», di guardare di sbieco, e poi di nuovo scrutare e ancora una volta guardare di traverso

Sopra (e sotto) Il tempo ammutinato

di Marco Balducci
Leggere queste pagine-partiture è in realtà un perdersi nei suoni: suonano nel ritmo delle sillabazioni, nelle pause degli spazi bianchi

L’occhio di Dio

di Silvia Belcastro
Dal mio corpo escono tubi da mungitura perché devo allattare la notte, devo mettere al mondo le sue creature: su un nastro trasportatore sfilano, a distanza regolare, i miei fantasmi contornati di luce.
mariasole ariot
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot ha pubblicato Essendo il dentro un fuori infinito, Elegia, opera vincitrice del Premio Montano 2021 sezione opera inedita (Anterem Edizioni, 2021), Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), poesie e prose in antologie italiane e straniere. Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato a esposizioni collettive.  Aree di interesse: letteratura, sociologia, arti visuali, psicologia, filosofia. Per la saggistica prediligo l'originalità di pensiero e l'ideazione. In prosa e in poesia, forme di scrittura sperimentali e di ricerca. Cerco di rispondere a tutti, ma non sempre la risposta può essere garantita.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: