Monsieur Jean Luc
di Manuel Maria Perrone
Lettera a Jean Luc Godard
Monsieur Jean Luc,
Di recente ho visto una sua intervista in cui giocava con il genere del Covid : il covid, la covid, i due allo stesso tempo, l’uno e il tre, e ne usciva con un elegante Amo tutto ciò che è tre. Siamo nati entrambi il tre dicembre, ma mi è stato detto di trascurare questo dettaglio, e non è di quel tre che sono qui a parlare. Ma dell’uno e trino cattolico, che credo sia una forma molto contemporanea di accettazione dell’alterità. Passiamo la vita credendo di scegliere, quando invece siamo entrambe le scelte, come ci direbbero i fisici quantistici.
Al di là delle sue torri inquisitorie, la religione cattolica si è fatta trama dei nostri impulsi animistici e delle nostre tentazioni politeiste. Non per rubarli, come ho creduto a lungo, ma perché non poteva farne a meno. Dio è uomo e donna allo stesso tempo, vierge et viole – vergine e stupro – voie et voile – strada e ostacolo. E a poco ci serve il nostro bagaglio razionalista per avvicinarci a questa dimensione: che Dio esista o meno è puro aneddoto, dal momento che l’esistenza di Dio è dimostrata dalla sua inesistenza. Il paradosso – mi diceva Jung l’altro giorno – è l’unico modo per dialogare con il mistero.
L’ho vista fumare con passione il suo sigaro e, mi creda, non cadrò nella trappola di pensare che Lei sia ateo: i fumatori sono gli ultimi credenti. Cinquantun anni ci separano. Non posso che essere titubante nello scriverLe, per tutte quelle ragioni che ingombrano la vita che Lei condivide con il suo nome. Lei si fa adolescente nelle forme, per prendere in giro quel celebre Godard che nessuno conosce. Avvicinarsi a Lei con troppa stima sarebbe quindi una mancanza di stima. Non stimarla, invece, sarebbe una mancanza di lucidità.Non mi definirò ateo, per quelle stesse ragioni. E in definitiva anche quello è aneddotico.
Ma Lei è una forma contemporanea di Ildegarda di Bingen, così svizzera che nessuno lo sa, e io non sono certo un suo apostolo, ma uno che la legge, che la legge piuttosto come una buona ricetta che come una Bibbia. Che cerca in Lei tracce per ridisegnare i propri dubbi. Per queste ragioni, non trovo nulla di più pertinente che chiederLe di recitare nel mio primo film – L’Ultima Cena – per scuotere insieme l’immagine che Lei rappresenta e giocarne un po’. Queer, fisica quantistica e religione cattolica mi sembrano quindi l’uno e trino su cui sto costruendo la storia di questo film. Come un Ex-Voto. Negli Ex-Voto ho l’impressione di trovare la stessa coerenza: il dramma esiste contemporaneamente alla soluzione del dramma, il prima è contemporaneo al dopo, e questi disegni maldestri e infantili condividono spesso gli stessi luoghi dei maestri della luce pitturata: le chiese.
Ma non sono così visionario da pretendere che nel cinema possa esistere altrettanta promiscuità. In questa storia ho creato un gineceo di suore eterodosse, così anziane da sopravvivere al contratto in proprietà nuda del loro convento e che si organizzano in un modo di vivere così ancestrale da essere sicuramente una proposta di futuro. Localizzo la storia a Locarno, perché in quel territorio sono esistite Oasi creative in parallelo a una realtà contadina e ottusa, che spesso non se ne è nemmeno resa conto. Penso al Monte Verità o lo stesso festival del cinema. Indossando il velo si diventa semplicemente una donna velata, come dice la Madre Superiora a un commissario confuso, entrato per indagare o , forse, scoprirsi imputato. Le mie suore saranno allo stesso tempo attrici famose. Naturalmente non nascondo che si tratta di un astuto tentativo di sfuggire alla regola implicita di questo ambiente: per fare un film bisogna aver già fatto un film.
Ma anche per creare un dubbio: e se non fossero suore ma attrici travestite da suore? Il che è vero di fatto, ma potrebbe essere falso nel finto della storia inventata. Forse sono star che sono scappate dal festival e si sono rifugiate in un convento dei dintorni. Geraldine Chaplin sarà Suor Negazione. Pensa di essere una ragazzina rapita da queste vecchie suore. Visibilmente delirante, confessa segretamente al nostro intrigato commissario di aver ballato tra le braccia di Marlon Brando. Che cosa è vero? Anche per queste suore il paradosso è l’unico alfabeto per dialogare col mistero, come Claudia Cardinale, Suor Ultima, che cade con la testa nel piatto, per scherzo, per rimettere la morte al centro del racconto. Il maiale del convento si chiama Schrodinger come il più famoso dilemma del gatto nella fisica quantica. Per scoprirlo, bisogna entrare nel convento, ma entrando nel convento si altera la realtà. Un film è vero proprio perché non lo è. E per queste ragioni mi rivolgo a Lei, monsieur Jean Luc, l’adolescente, l’umano, per chiedere al mito, a Godard, di rappresentarsi qui. All’inizio del film un uomo viene trovato a rubare un pollo congelato nascosto sotto il cappello. Il commissario scopre in quest’uomo il maestro che ha disciplinato la sua infanzia. Farle interpretare questo ruolo, se lo immagina, è allo stesso tempo farlo interpretare a Fritz Lang. Serve a alimentare il dubbio. E naturalmente è sfruttare il suo mito per suggerire il tragico destino di questa professione. Con due giorni che potremmo girare tranquillamente nella Migros di Rolle e nella stazione di polizia accanto, mi offrirebbe la possibilità di fare di questa storia un filo teso tra il suo passato e il mio futuro. So che è molto da chiederLe e per questo torno all’altro tre, quello che ci unisce, quello della nostra data comune, perché nel trenta o nell’ottantuno è lo stesso giorno e quindi recitare per me è un po’ come recitare per Lei.
Au nom du Père, du Fils et du Sous-entendu.
Nel nome del Padre, del Figlio e del Sottinteso.
* Ho scritto questa lettera sotto forma di un messaggio audio a Jean Luc Godard nel maggio di quest’anno, non mi ha risposto e si è suicidato il 13 settembre 2022, non credo in seguito all’ascolto delle mie parole. Non sono generalmente imbarazzato nel far recitare i fantasmi e quindi prenderò le dovute disposizioni.
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Raramente ho letto un post più sconclusionato di questo, e mai su Nazione Indiana, nulla si capisce di vero e concreto; si fanno poi, come talvolta usa, i soliti riferimenti alla meccanica quantistica di chi nulla ne sa. E Schrödinger si scrive con la umlaut, per favore.