‘O paese
di Giorgio Sica
Ispirato dalla poesia che canta il ritorno al paese, al selvaggio borgo natio che assurge a luogo di purezza ed eroico furore, dove poter amare davvero la donna, liberata dalla retorica stilnovista e tornata finalmente femmina, ho composto un piccolo ciclo di componimenti dal titolo ‘O paese – dedicato a chi sa prendersi una vacanza intorno a una poiana, e perdersi in un filo d’erba.
Cedi il cammino agli alberi
lascia il passo alle pecore
è loro la strada dalla notte dei tempi.
Smettila di pensare
incidi il tuo nome sulla corteccia.
Sii come la poiana, la formica, l’arancia
sii una scarpa infangata nella terra.
Sali al paese a bere del vino
il vino forte sincero spremuto
con i piedi rugosi di zio Tonino.
E sarà l’ebbrezza e la gaiezza
di un tuffo a pesce nella selva oscura
tra le mammelle mature di Annina
che conserva negli occhi ovini
lo splendore del latte.
***
“Togliti le mutande”
provai a dirle con la cura
del prete, la dolcezza
della farfalla.
Volevo attentare alla sua noia
molestare la sua indifferenza
risvegliarla come il lombrico
che fa il buco nella mela.
Ma a nulla servì
la mia ostinazione
devota di formica
e cinque dita, feroci,
bruciano ancora sulla guancia.
***
Una mucca ci deve stare
Non so per cosa
Ma una mucca ci deve stare
Come ci sono le donne, le poiane
Come ci sono i calanchi.
Ci deve essere una mucca
Che sia latte e dio
E carne fresca.
***
Alcune vacche hanno un odore
in fondo alla gola,
un odore dell’essere,
e poi c’è la forma del naso,
la luce delle costole, la voce del campanaccio,
il desiderio che trancia i polsi,
che riempie le vene
di animali fucsia.
Alcune vacche hanno gesti assoluti
dolcezze furibonde.
***
ti cercherò quando più non sarai.
forse non esiste la vita dopo la morte
l’aulivo dopo il calanco
il silenzio dopo il muggito.
Ma getterò i miei elettroni a scatafascio nell’universo
dentro una rana
una femmina
una scarpa.
***
Portami con te
dietro al bar, sotto le fronne dell’aulivo
sul bordo del calanco, portami con te
dentro al caffè, al pronto soccorso
spiegami all’infermiere,
salvami dalla suora e dalla furia
del barelliere.
Portami dal meccanico, portami dal dentista
dal fabbro che il ferro batte
portami dall’anestesista,
che m’addormenti il cuore.
Ma risparmiami l’idraulico e bacia
il filo teso di questo amore
con quella lingua bovina
profumata d’erba.
***
ERMETICA
Furono guance e froge oppure branchie
lo scintillio fugace della perla
l’estasi del campanaccio.
Sempre amore mi mosse
e l’eco della luna
il grido della vacchetella
persa nell’inchiostro
del calanco.
***
Trovati uno scalino, siediti e riposa.
Sfogliala piano questa tua rosa,
petalo a petalo, mentre parli del vino,
mentre lo bevi con lo zio Tonino.
Aspetta che scenda la notte
saluta le stelle, svuota la botte
e corri alla casa di tutta una vita.
Prendi il quaderno, la gomma e la matita.
È così facile essere un poeta.
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Belle.
Mi hanno fatto sorridere e pensare, queste poesie di provincia.
Proprio oggi che pubblicavo anch’io una mia riflessione in versi sulla poesia contemporanea (nientedimeno) e alla terzultima strofa mi incrociavo proprio su questi medesimi temi.
https://aitanblog.wordpress.com/2022/06/28/la-poesia-contemporanea/
Oh finalmente qualcuno che va contro corrente e che dice realmente quanta finta poesia naviga in rete nella carta stampata, quanto consumismo letterario. Grazie , al di là del divertimento e dei simpaticissimi versi trovo profondamente vero tutto.