Bacchilide – Ditirambi III-IV

trad. di Daniele Ventre

III I GIOVANI O TESEO – PER I CEI A DELO

La nave scura di prua portava
Tèseo e insieme a lui due volte sette splendidi
figli di Ioni,
e fendeva il mare di Creta;
soffi di Bòrea nella vela candida
precipitavano,
su impulso di Atena chiara, scuoti-egida;
a Minosse il cuore punsero
bei doni di Cipride,
dea dall’aureo diadema:
non astenne più la sua mano
da una fanciulla,
toccò le sue guance candide,
e gridò Eribea, la figlia
di Pandíone cinto
di bronzo: lo vide Tèseo,
e torse l’occhio
sotto il nero ciglio e dolore
aspro lo graffiò nel cuore,
disse: “Figlio del sommo Zeus,
tu l’animo dentro il petto
non più lo governi
puro: frena, eroe, l’altera violenza.

Cenno dai numi che esprima Moira
sovrana di tutto, peso che Giustizia
bilanci, fato
fissato, noi lo compiremo,
quando verrà: tu frena il greve intento.
Se proba figlia
di Fenice, lei nome dolce, unitasi
in letto a Zeus a pie’ di Ida,
ha avuto te, sommo
fra i mortali, ebbe me
la figlia di Pitteo opulento,
a Poseidone
equoreo unita e le diedero
aureo velo le Nereidi
trecce di viola,
Perciò, condottiero di Cnosso,
ti invito a spegnere
piangevole arroganza: amata
luce d’immortale aurora
non vorrei vederla, se violi
suo malgrado uno dei giovani:
prima mostreremo
forza di braccia: il poi lo vedrà un dio”.

Disse l’eroe forte di lancia:
l’altera audacia
dell’uomo stupì
i marinai: il genero del Sole ebbe collera
in cuore e tessé trama
scaltra, esordì: “Possente padre
Zeus, ascolta, se una sposa fenicia
bianca-di-braccia da te mi ebbe,
manda ora dal cielo un rapido
lampo, arsa chioma, limpido
segnale; ah, Tèseo,
se te a Poseidone
scuoti-terra diede la trezenia
Etra, dal profondo
mare portami
quest’aureo ornamento della mano,
offri il corpo alle case del padre
con audacia. Vedrai
se il re di tutti
Cronio, il tonante, ode i mei voti”.

Lo udì il perfetto voto, il possente
Zeus, e per Minosse, per quel caro figlio,
seminò massimo
onore, da renderlo illustre,
e lampeggiò: scorto il bramato segno,
le mani aprì all’etere
glorioso, quell’eroe furia di guerra,
e disse: “Tèseo, osserva i doni
di Zeus per me, nitidi;
tu lanciati nel pelago
cupo fremente: Poseidone
tuo padre, Cronide
re, sulla terra selvosa
ti porgerà somma gloria”.
Disse. Ma a Tèseo
non si piegò il cuore, sorse
sui saldi banchi
e si tuffò, lo ricevé
il sacro recinto equoreo.
Stupì il figlio di Zeus, nel cuore
profondo, ordinò di reggere
col vento il dedaleo
vascello: ma compì Moira altro viaggio.

Lo scafo andava con rapido impeto
lo spinse soffio di Bòrea, spirò forte:
tremò la schiera
di giovani ateniesi, quando
balzò in mare l’eroe, dagli occhi puri
versavano lacrime
e si aspettavano un destino greve.
Delfini, abitanti del mare,
svelti conducevano
Tesèo a casa del padre
dio dei cavalli. Alla dimora
degli dèi giunse.
Là vide le chiare figlie
di Nèreo lieto, e tremò:
dalle membra fulgide
brillava lume di fiamma,
nastri aurei intrecci
cingevano le chiome. A danza,
coi piedi teneri allietavano
il cuore. Vide anche la sposa
del padre, augusta, occhi-bovini,
nelle case amabili,
Anfitrite, che lo ammantò di porpora,

gli pose sulle folte chiome
perfetto un serto,
che un tempo alle nozze
le diede Afrodite rose-ombrata, subdola.
Nulla che numi vogliano,
ai mortali saggi è incredibile:
presso la nave agile prora apparve:
ah, in che pensieri colse il principe
Cnossio, quando balzò incolume
dal mare, meraviglia
per tutti, i doni
degli dèi splendevano
sulle sue membra, di nuova gioia
le fanciulle in chiare vesti
grida alzarono,
gridò il mare, peana cantarono,
accanto, con dolce voce, i giovani.
Delio, godi in cuore
dei cori cei,
concedi divina sorte di grazie.

IV TESEO – PER GLI ATENIESI

CORO
O sovrano della sacra Atene,
signore dei raffinati Ioni,
perché la tromba gola-di-bronzo
ora ha echeggiato bellica nota?
Forse assedia i confini
della nostra terra un nemico,
guida d’eserciti?
Subdoli ladri predano
a forza, a onta dei pastori,
distese di greggi?
Che cosa ti ferisce il cuore?
Parla: soccorso da forti giovani
tu ne hai, se mai altri
fra i mortali, io credo,
o figlio di Pandione e di Creusa.
EGEO
Ora è arrivato un araldo, a piedi,
passando il lungo collo dell’Istmo:
gesta inaudite narra, di un uomo
possente: stroncò l’altero Sini,
primo in forza fra gli uomini,
figlio del Cronide Liteo
che scuote il suolo:
e abbatté l’assassina
scrofa del Cremmione e Scirone
lo scellerato;
anche i cimenti di Cercione
fermò, Procopte gettò il crudele
maglio di Polipemone:
ha incontrato un uomo
più forte. Temo a quale effetto venga.
CORO
Ma chi dice d’essere e di dove,
quest’uomo, e di che manto si copre?
Magari conduce un grande esercito
con tanto di bellici armamenti?
O solo con serventi
giunge, da mercante girovago,
a estraneo popolo,
lui così forte e valido
e audace, lui di quei fieri
uomini annientò
la truce forza? Un dio lo desta,
a fare vendetta dei malvagi.
Non è facile agire
senza aver mai danno.
Tutto in lungo tempo viene a effetto.
EGEO
Si dice che soltanto due uomini
lo seguano; sulle spalle solide
ha una spada dall’elsa d’avorio,
nelle mani due aste polite,
e saldo elmo spartano
sulla testa chioma-di-fuoco:
chitone porpora
intorno al petto e un folto
manto Tessalo: rossa fiamma
di Lemno scintilla
dai suoi occhi: è un giovane al primo
fiore, eppure dei trastulli bellici
di Ares si dà pensiero,
lotte urto di bronzo:
cerca la via per la splendente Atene.
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3 Commenti

  1. Testo stupendo, a parer mio. Immagini come “testa chioma di fuoco” sono davvero evocative. Mi avete riportato per qualche minuto ai banchi del liceo e ad ore che scorrevano lente ma ricche, mai abbastanza rimpiante.

  2. Veramente stupendo, grazie Daniele. Cos’è “fozi” in “se fozi / suo malgrado uno dei giovani”?
    E “Anfintrite” è proprio così con la seconda “n”. Grazie comunque molto.

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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