Moira Egan: i cuori bruciati delle stelle
È stato recentemente pubblicato, per le edizioni Tlon, Amore e morte di Moira Egan. Ospito qui, per gentile concessione dell’editore, alcune poesie dalla raccolta, nella versione di Damiano Abeni.
Dear Mr. Merrill,
I hope you’ll pardon the informality
of this letter, postmarked Olympia
(Greece, not Washington), its task not simple:
crossing lines you’ve crossed, time, mortality,
to find you, who spent a lifetime crossing lines
out, twisting, polishing them to shine
cool and lustrous as the statue I fell in
love with yesterday. I’m sure you saw him
too, that perfect Hermes by Praxitelis,
full lips, hips contrapposto. I wished to draw him
down, latter-day Pygmalion, and embrace
him. Or barring Eros (and the guards) I’d trace
his face, the supple muscle of the marble.
I had a student who resembled him –
yes, Angelos – arrogant and beautiful.
I never touched him though he touches me in dreams.
Eros dangles his perfection in our faces
like one-armed Hermes with his promise of the grapes.
I was certain I’d dream of him last night.
Instead I dreamed another in the growing chain
of others with whom it ended not quite
right. But the thirst was perfect, if its price pain
and shattered crystal, spilling wine, all part
and parcel of our imperfect lives. Then Art
startles out of heart ache, marble or page.
You learned this long ago. Now I too see
the wildest things require the strongest cages,
the panther’s double bars, or the seeds,
bloodysweet and bitter, in the pomegranate’s
rind. Love held tight in a sonnet.
Caro Mister Merrill,
spero mi perdoni l’informalità
di questa lettera, timbro postale di Olimpia
(Grecia, non Washington), dal compito non facile:
varcare confini da lei varcati, tempo, mortalità,
per arrivare a lei, che ha passato una vita a cancellare
versi, manipolandoli, levigandoli per farli splendere
miti e luminosi come la statua di cui ieri
mi sono innamorata. Sono certa che anche lei
l’ha visto, l’Hermes perfetto di Prassitele,
labbra turgide, fianchi in contrapposto. Avrei voluto
trascinarlo giù, Pigmalione d’oggi, e abbracciarlo.
Oppure, se non per Eros (e le guardie) tracciarlo
con le dita: il volto, il duttile muscolo del marmo.
Ho avuto uno studente che gli somigliava –
sì, Angelos – arrogante e splendido.
Non l’ho mai toccato, anche se lui mi tocca in sogno.
Eros mi fa penzolare la sua perfezione in faccia
come Hermes con un braccio solo con la sua promessa d’uva.
Ero sicura che l’avrei sognato ieri notte.
Invece ho sognato un altro nella crescente catena
di altri con cui non è finita affatto
bene. Ma la sete era perfetta, anche se il suo prezzo è pena,
cristalli frantumati, vino rovesciato, tutto parte
integrante delle nostre vite imperfette. Allora l’Arte
fa trasalire per l’accoramento, marmo o pagina.
Lei l’ha imparato tanto tempo fa. Adesso anch’io vedo
che le cose più selvagge esigono le gabbie più robuste,
le doppie sbarre della pantera, o i semi,
sangue-dolci e amari, sotto la buccia
della melagrana. Amore stretto stretto in un sonetto.
Underwood
However, woman is not a poet: she is
either a Muse or she is nothing.
Robert Graves, The White Goddess
It’s been quiet
for too long, so I lug the damned
thing up from the basement. It’s heavy
but I’m strong; accidental girl-child,
I hammer straight and throw as true
as any dextrous boy you know.
Some labours are harder. Imagine
raging, fully armed, from your father’s skull,
or rising, parthenogenone, out of foam
and sperm. Does the slant of your prose –
or of your cheekbones –
tell you where you’re from?
Some girls learn early
what’s holy, from priests
or fairy tales, the clack
and clatter of a typewriter, rising. Black,
compact, and magical, it sits
on my desk now. These are my poems,
pistil, stamen, blood and bruises.
Please do not assume
that I am here for your amuse-
ment. I’ll paint my nails with Vamp,
Innocence or Siren, and keep them short
to strike the keys, but sharpened,
to raise hackles, or raze the parchment
flesh of the back of the palimpsest lover.
Underwood
Tuttavia, la donna non è poeta;
è una musa o non è niente.
Robert Graves, La Dea Bianca
C’è stato silenzio
per troppo tempo, quindi trascino il dannato
aggeggio su dal seminterrato. È pesante
ma sono forte, bambina accidentale;
inchiodo dritto e lancio preciso
come ogni destro ragazzo che conosci.
Alcuni travagli sono più duri. Immagina
di esplodere, armata di tutto punto, dal cranio di tuo padre,
o sorgere, partenogenica, da schiuma
e sperma. Il taglio della tua prosa –
o dei tuoi zigomi –
può dirti da dove vieni?
Alcune ragazze imparano presto
cosa è sacro, dai sacerdoti
o dalle favole, il clack
e lo schiocco di una macchina da scrivere, che sale.
Nero, compatto e magico, sta
sulla mia scrivania ora. Queste sono le mie poesie,
pistillo, stame, sangue e lividi.
Per favore non dare per scontato
che sono qui per il tuo divertimento.
Mi dipingerò le unghie con Vamp,
Innocence o Siren, e le terrò corte
per battere sui tasti, ma affilate
per far rizzare il pelo sulla schiena
o scuoiare la pergamena dalle spalle
all’amante-palinsesto.
Lucy: bpm 37093
for Lucy Rosenthal
Astronomers had always theorized
that when a star’s used up its nuclear fuel
and died, its carbon heart would crystallize.
And now they’ve found the proof: a cosmic jewel,
ten billion trillion trillion carats’ worth
of diamond in the sky: yes, like the song.
And when they seismographed the white dwarf’s depths
she sang back, resonating like a gong.
Was that what I was hearing all those times
I walked at night to listen to the stars?
Just Lucy’s music, a sidereal chime
that rang its way into my carbon heart?
I like the thought that burnt-out hearts of stars
can sing to us, even across light years.
Lucy: bpm 37093
per Lucy Rosenthal
Gli astronomi avevano sempre teorizzato
che, una volta consumato il carburante atomico,
il cuore di carbonio di una stella morta si sarebbe cristallizzato.
E adesso ne hanno la prova: un gioiello cosmico,
dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi di carati
di diamanti in cielo – sì come nella famosa song,
e gli abissi della nana bianca una volta sismografati,
hanno cantato di rimando, risuonando come un gong.
È questo che sentivo tutte quelle
notti che camminavo per ascoltare le stelle?
Proprio la musica di Lucy, un’armonia dai firmamenti
che si faceva strada nel mio cuore di carbonio?
Mi piace pensare che i cuori bruciati delle stelle
cantino per noi, anche se anni luce distanti.