due poesie sull’amore
di Francesca Matteoni
Certi lupi
[Verrai stanotte nel sogno].
In un bosco che non esiste grida il lupo.
Alza il suo muso come un uomo.
Molti lupi hanno viaggiato
per uscire dagli alberi o entrarvi a fondo
e perdere la donna che li amava.
O credeva di amarli. O amava
la zampa del lupo, l’animale schivo,
intrappolato.
Il lupo appare smagrito
nel primo mattino, sull’asfalto
disorientato.
Certi lupi diventano uomini.
Indossano giacche sopra la coda,
digrignano affabili i denti.
Fanno la tana in un ventre di donna
e nella sua mente scavano un fosso.
Questi lupi non sanno cacciare.
S’incarogniscono e tremano
lisciandosi il pelo. Uccidono
la preda quando è già morta.
Ancora. Ancora.
Non restituiscono quello che prendono.
Avvicinano la bestia, la soffocano
con la sua ingenuità. O colpa.
Devi vedere l’uomo
per liberare il lupo.
Devi saperti dentro l’inganno
sporca di sangue e parole
aprire la bocca, sputare.
Altri lupi ti guardano se li accogli.
“Lascia il dolore” dicono. “Cammina
fino a qui”.
Apprezzano la distanza.
Ti fai spazio.
I veri lupi sanno aspettare, si affrancano
dal rimpianto, dal torto.
[Vieni ora che mi alzo da sola.
Abita con il tuo odore
questo mio corpo].
18 gennaio 2022, Luna Piena del Lupo
***
Conoscenza
Siamo adulti per le fiabe
o per credere che tutto si avveri
nelle braccia di un altro.
O per credere sia possibile
esporsi, fidarsi, proteggersi senza
deludersi, ferirsi, disarmarsi. Disamarsi.
O per credere.
Come si decide l’amore? Mi vedrai nelle parole?
Le dimenticherai? Mi lascerai entrare?
Mi dico: sei qui, finalmente. Poi tremo.
Immagino di essere salva nell’esperienza.
Hai occhi miti, diffidenti. Hai mani grandi, potrei
abbandonarmi nelle tue mani.
Vorrò la tua mancanza?
Che è il centro di ogni presenza.
Ci tocchiamo, poi ci separiamo.
Non sarò mai certa di essere con te.
Cosa scegli, se mi dai un bacio e un altro,
cosa chiedi? Siamo al sicuro nei corpi.
Riscaldano, sospirano nelle piume.
Loro hanno scelto la terra.
Noi siamo ancora a mezz’aria, invece.
Così, alla fine, ti racconto una di quelle storie
ma non va come nei libri o nel folklore. Non ci sono
rapimenti, inganni, abusi, uccisioni.
C’è una donna che vive sul fondo del mare.
Molte volte è stata scuoiata dalla sua pelle animale
rigettata nelle onde – molte volte è impazzita
per capire chi era. Guarda dal tetto
la superficie dove il cielo fa luce
fino alle rocce, i villaggi.
C’è un uomo lontano, cammina
fra le case verso di lei.
È un uomo gentile, che non sa di esserlo.
È limpido, onesto.
La donna invece è feroce, potrebbe lasciare che l’uomo
le tolga ogni cosa – è abituata così.
Vorrebbe dare all’uomo ogni cosa. Ma in realtà
lei non sa cosa l’uomo vuole. Vorrebbe
che l’uomo volesse lei.
Davvero, davvero, davvero.
Senza rapimenti, inganni, abusi, uccisioni.
O forse vorrebbe ascoltare la voce dell’uomo
che scende al mare. Si tende da uno scoglio.
L’uomo non dice niente, ma continua a camminare.
Ogni giorno, ogni notte, una bracciata, un passo,
un terrore sottile, una speranza.
Lui rimuove la plastica dalle branchie di lei.
Lei gli mostra il passato nelle conchiglie, negli
oggetti sacri, dimenticati. Sciocchezze, spazzatura.
Non parlano la stessa lingua. Lui osserva, lei indica.
Quando lui la tocca lei vorrebbe restare o fuggire
che sono poi lo stesso verbo da due diverse angolazioni.
Quando lei lo tocca, lui avanza in un mistero.
Lo guarda nella bellezza, come una forma di distanza
finché la riva diventa un sentiero.
Quanto tempo per potersi amare?
Mettere via i fantasmi che popolano le storie.
Un’impronta, una striscia di spuma.
Ogni giorno, ogni notte. Ora.
Incontrarsi. Lasciarsi avvicinare.
Buona Domenica delle Palme.