Corpi astinenti

di Lisa Ginzburg
In questi tempi difficili per tutte le relazioni, più che una libera scelta, parlare di astinenza dal sesso può evocare una penosa costrizione alla condanna del distanziamento. Così non è; esiste invece una nutrita schiera di persone, di varie età e differenti inclinazioni sessuali, per le quali quella di non fare l’amore è una decisione. Una scelta ponderata, e vissuta, e portata avanti, abitati da un costante senso di fierezza. Allontanarsi dalla dimensione del desiderio, prendersene una pausa, breve o più lunga, o anche lunghissima: farlo deliberatamente, per un’endemica necessità di ripensarsi nel mentre si ripensa la libido e il proprio individuale percorso nell’universo dell’eros. Insomma, non fare più l’amore e smettere di desiderare: per preciso individuale volere, consapevoli di quanto solo in quel silenzio del desiderio possa dispiegarsi un vero ascolto di sé, l’addentrarsi in pieghe sconosciute della propria psiche. Praticando l’astinenza, sentire di cessare di dipendere dagli altri, gli altri intesi come corpi, corpi altrui dei quali avere fame o viceversa, come accade durante queste interruzioni volontarie, nessun appetito. Trarre da cotanta autosufficienza il vantaggio del campo sgombro di una visione più limpida, con chiarezza puntata sulla propria storia personale riletta attraverso la sonda del “come si desidera”, che vuol dire (anche) come si è desiderati, come si ama e si viene amati. La scrittrice francese Emmanuelle Richard si interroga sulla castità volontaria, dopo avere dialogato nel corso di un anno intero con un campione scelto di “astinenti per scelta”. Il risultato è un piccolo libro (I corpi astinenti. Il sesso tra imposizione sociale e libertà, traduzione di Valentina Maini, Tlon, pp. 222), importante per come racconta una forma di passione inedita, una passione impegnata a ridefinire per sottrazione il “capitale amoroso”, per usare la formula di un saggio di successo uscito quest’anno: la passione dell’astinenza.

Le storie che Emmanuelle Richard ha ascoltato e riporta sono molto varie, ciascuna, a suo modo, marcata da un segno profondo e toccante per chi legge, quale che sia la natura di quel segno: che esso marchi una frattura, una rinascita, una ribellione, un accettare. Perché, così sembrerebbe leggendo le diverse confessioni, ogni astinenza dal sesso presenta nella sua anamnesi un punto di rottura che è anche punto di luce. Storie, quelle collezionate da Emmanuelle Richard, di donne e di uomini casti per via di un crollo psichico a seguito di esperienze di sesso “sbagliate”, incontri dissonanti dai loro veri desideri e che li hanno feriti o anche traumatizzati. O invece, storie di castità protratte in ragione di fedeltà inconsapevoli al proprio passato, erotico e amoroso. Ancora, lunghissimi allontanamenti dal contatto fisico stabiliti e attraversati così da riscoprire il desiderio vero, quella voglia di pulsazioni più felici che ci fa dire sì ad appetiti risvegliati, rigenerati dal digiuno. Quel “sì” al desiderio del sesso che è un “sì” alla vita, lo stesso “sì” ripetuto molte volte da Molly Bloom nel suo monologo dell’Ulysses joyciano evocato da uno degli intervistati. Quel “sì” che trovandone in risposta un altro uguale, reciproco, reinnesca (o avvia per la prima volta) la danza della delizia dei sensi, moltiplicata dalla magia del suo riverberarsi su altro ordine di intese e affinità.

In tempo di pandemia, sarebbe risultata diversa questa stessa indagine/inchiesta? Difficile immaginare: da un lato la nostra socialità, stravolta da una nuova prossemica tra le persone, dall’altro la nostra libido fagocitata da un’atmosfera dominata da altre  dipendenze di ogni tipo, hanno in tanti casi reso necessità la virtù di un’autonomia rispetto alla vita sessuale condivisa. Certo è che dalle testimonianze raccolte ne I corpi astinenti emana autentica energia. Un modo di stare al mondo inedito e costruttivo, rinunciante ma tutt’altro che rinunciatario. Abitare i giorni senza fame e senza sete, ma con immutato, indefesso amore per la vita. Dilazionando i desideri, nella certezza che tutto arriva, purché arrivi intero, sesso e amore sincroni e non più scissi come invece nel racconto di tanti testimoni. Non fare più l’amore, per tornare a farlo meglio in futuro. Vuoto che prelude a un grande pieno: vuoto pulsante vera vitalità, se pure in pochi sappiano vederla, fermandosi piuttosto a una sensazione di mestizia per l’idea di poca performatività di chi non fa sesso da tempo, e lasci intendere di averne temporaneamente dimenticato la carica gioiosa. Quanta vita e forza sovversiva nell’astinenza dal sesso, dicono invece queste storie.

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lisa ginzburg
lisa ginzburg
Lisa Ginzburg ha scritto i romanzi Desiderava la bufera (Feltrinelli 2002), Per amore (Marsilio 2016, Au pays qui te ressemble, Verdier 2019), Cara pace (Ponte alle Grazie 2020, candidato al Premio Strega), le raccolte di racconti Colpi d'ala (Feltrinelli 2006, Premio Teramo 2007) e Spietati i mansueti (Gaffi 2016, Premio Renato Fucini 2017), i mémoir Malìa Bahia (Laterza 2007), Buongiorno mezzanotte, torno a casa (Italo Svevo 2017) e Pura invenzione. Dodici variazioni su Frankenstein di Mary Shelley (Marsilio 2018). Collabora con Avvenire.
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