La bestia che ci portiamo dentro
I conigli divorano spesso i propri cuccioli per potersi accoppiare nuovamente.
Capita a volte che le lontre stuprino a morte le femmine.
I delfini si drogano con il veleno del pesce palla.
Gli animali non sono migliori dell’uomo, bisogna farsene una ragione. Gli animali sono come l’uomo, ma senza i suoi mezzi.
Zannoni con questo libro (I miei stupidi intenti, Sellerio, 2021) ce lo suggerisce, ma lo fa con delicatezza.
Esiste un solo modo per raccontare l’inconscio: filtrare le regole e i dogmi che sono maturati negli ultimi cinquemila anni di storia umana e metterli da parte. Quello che resta è l’Es, ingrediente fondamentale di ogni passione. Cancellati quei traguardi, torniamo a essere le scimmie glabre che mangiavano i loro figli per sopravvivere ai rigori dell’inverno, che uccidevano, che stupravano e che cacciavano.
Poi è arrivato il mito, per dare alle genti un modello: se farai come Crono e ti nutrirai dei tuoi figli, allora prima o poi nascerà uno Zeus e ti ucciderà. Il mito è una mappa della ragione, che ci ha insegnato come fare pace con quella parte razionale del nostro cervello che diveniva sempre più prominente.
Oggi, per dare voce all’inconscio serve il contesto giusto: può essere uno scenario post apocalittico, come quello preferito da Neil Duckmann, oppure, come fa Zannoni, può essere una fiaba per adulti, con protagonisti animali veri e propri. L’importante è che le regole del vivere civile siano state scremate e messe da parte, altrimenti rovinano la ricetta.
Zannoni sceglie una faina come protagonista della storia. Come in quelle di Esopo, anche in questa fiaba la scelta della specie non è casuale, ma aiuta a caratterizzare meglio il personaggio. La volpe che le fa da maestro è astuta e crudele, il cane che serve la volpe è fedele. I porcospini sono timidi ma affettuosi, i gatti curiosi e i castori… non voglio rovinarvi la sorpresa.
Il vero protagonista di questa storia però è l’inconscio. Quel movente che la natura ha inciso a fuoco nel nostro codice genetico e che ci porta a compiere ogni genere di bruttura e di delitto, dal rubare all’accoppiarsi con la propria prole, pur di farci perpetuare la specie.
Ma è dando la risposta a una domanda fondamentale, che il libro di Zannoni risplende:
“Eravamo più felici, quando avevamo la pancia vuota ma vivevamo nel presente?”
Leggete il libro; io posso solo ricordarvi di quanto la bestia che ci portiamo dentro soffra quando abbiamo nel piatto una torta ma non possiamo mangiarla, perché sennò ingrasseremmo. Soffre anche quando un altro maschio ci porta via la nostra compagna e non possiamo ucciderlo, perché passeremmo il resto della nostra vita in carcere. Soffre quando desideriamo qualcosa, ma non possiamo prenderla con la forza dei nostri mezzi.
Esistiamo, con la pistola del futuro puntata alla tempia, minacciati dalla consapevolezza delle conseguenze dei nostri gesti.
Un vero animale vive nel presente. Non percepisce il tempo come lineare, ma come ciclico: per lui ogni giorno il mondo risorge uguale a sé stesso in un eterno frattale. Un animale non sa cosa sia la sua morte, ma conosce quella degli altri. La sua la scopre solo quando ormai è troppo tardi.
Un animale è felice fintanto che nessuno gli insegnerà che esiste un futuro che dipende dalle sue azioni e che quel futuro prima o poi arriverà. Un animale è felice come lo eravamo noi, prima che Prometeo scendesse dall’olimpo per maledirci con le sue buone ragioni. Non a caso il nome Prometo (Προμηθεύς) significa: “colui che riflette prima”.
I Miei Stupidi Intenti è un libro che sviscera questi concetti in modo elegante, con una storia avvincente. E’ un libro che ho letto in due sere e col cuore in gola, perché quando i protagonisti di una storia non hanno paura del futuro, può succedere qualunque cosa.
Buona lettura.