Buena vista social club: Anna Mallamo
Questa rubrica è dedicata alle “cose belle” trovate sui Social, a dimostrazione del fatto che fare rete è oggi, più che mai, una risorsa. effeffe
Il peso falso
di
Anna Mallamo
Oggi pensavo alle specie di dolori che portiamo confitte dentro di noi, quanto sono diverse e tante. Stavo attraversando la strada e pensavo che se fosse passato in volo un angelo di Wim Wenders m’avrebbe vista dall’alto come un puntaspilli, un porcospino, un riccio, con tutti questi dolori grandi e piccoli che – come tutti voi – mi porto addosso, dentro le carni. Alcuni li ho da così tanto che sono parte di me, magari la pelle li ha persino ricoperti. Altri sono nuovi e sono dannatamente dolorosi.
Sento la spina forte del dolore della mia adorata commare a cui è morto da poco il padre: le conversazioni tra noi, quel senso di desolazione nella sua voce, i miei ricordi di quando ho perso mio padre, ma più mia madre perché a volte coi lutti capitali non è solo questione di chi ma di quando (mio padre era stato il primo, e aveva fatto crollare un pezzo di volta celeste, mia madre è arrivata dopo, ed è stato un dolore, pur incommensurabile, che prendeva uno spazio suo preciso, desertificava qualcosa, inceneriva qualcosa, mi spingeva da sola, con le spalle scoperte, tutta gelata, contro l’oscuro futuro, sul bordo del mondo senza più padri senza più madri per me).
Sento da due giorni il dolore nuovo per Mimmo Lucano: è proprio un aculeo avvelenato, come se riassumesse tutte le ingiustizie della Terra, e mi certificasse – ad ogni passo una fitta – che non posso farci niente, che non ho strumenti che non siano quelli già previsti dalla legge e dalle istituzioni (ma è da loro che mi sento tradita: hanno pesato e misurato con scrupolo ogni azione di Mimmo Lucano, su una bilancia di precisione dove non ci sono pesi per cose come la felicità, l’umanità, la dignità. Oggi ho sentito cose pazzesche: lui aveva dato le case sempre agli stessi, non li faceva avvicendare. Nel senso che avrebbe dovuto dire: “ora basta, prendete le vostre cose e via nella baraccopoli, il periodo è scaduto”? Mi sento offesa da questo modo così spietato e privo di scrupoli di trattare le persone, le persone sofferenti. Quelle che loro stessi sbolognavano a Mimmo, perché “Lucano non dice mai no”. A costo di forzare gli spazi, le regole, i finanziamenti, le procedure.
Qualsiasi condanna, pur strettamente, contabilmente corretta, non mi dà conto di quanta differenza ci sia tra uno Stato che preferiva sbarazzarsi dei migranti, anche affidandoli a Lucano, come si nasconde la polvere sotto il tappeto, e ora gli chiede conto e uno Stato che si fosse fatto carico dell’enorme problema di umanità, di giustizia a cui quell’uomo ha cercato da solo di dare una soluzione).
Oggi sento queste due fitte nuove, e già più vecchi gli aculei della pandemia che desertifica il mondo, del mio tango in pezzi (secondo anno senza abbracci, sento esattamente nel corpo il progetto sociale della specie, le cellule vattelapesca che chiedono contatto e specchio e condivisione), delle altre cose che non vi confido, antiche quanto me. In fondo a tutto, consuete come se mi fossi abituata a portare un coltello nella schiena, le fitte per papà e mamma, che ormai non sono più nemmeno dolori (ogni tanto si vivificano, però, come accade ai vecchi malanni), ma parti di me, sofferenze croniche che il corpo registra come se stesso.
Che siamo fatti di dolori tenuti assieme da chissà cosa, forse queste parole che sto scrivendo.
(su Facebook)
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Le chiedo subito l’amicizia.
la mia amica Anna! intelligenza, cuore, magia, affabulazione all’ennesima potenza! ❤️
Ti leggerei ovunque !!!❤
Anna Mallamo, Manginobrioche. Che meraviglia averla incrociata già sui blog tanti anni fa. Riesce a scardinare il dolore e renderlo leggibile. Ma anche la bellezza, la felicità, i sentimenti intimi. Leggi e lo senti il dolore per Mimmo Lucano e per i poveri e gli ultimi che ha cercato di salvare a ogni costo.