L’eterno presente della gnosi

di Adriano Ercolani

 

Paolo Riberi si è imposto negli ultimi anni come uno dei più attenti studiosi su quel vasto, contraddittorio e abissale orizzonte spirituale che convenzionalmente indichiamo come gnosi.

In particolare, Riberi non si limita a una fedele ricostruzione storica del fenomeno culturale, ma soprattutto (e in questo risiede l’aspetto più interessante dei suoi contributi) sottolinea la grande influenza della speculazione gnostica sulla cultura contemporanea.

Negli ultimi mesi sono usciti due testi di Riberi, entrambi degni di attenzione per coloro che vogliono approfondire questo ambito di studio simbolico e ricerca spirituale: Abraxas. La magia del tamburo, a quattro mani di Igor Caputo, per Mimesis, che affronta la figura del dio cosmico nelle diverse cosmogonie sciamaniche, platoniche e gnostiche; Il serpente e la croce, per Lindau, che, come accennato, oltre a restituire in maniera dotta e stimolante la frastagliata evoluzione delle dottrine gnostiche (distinguendo tra le quattro vie principali: persiana, egizia, greca e giudaica), si concentra sulla grande influenza esercitata nella cultura moderna e contemporanea, da Pico della Mirandola e Marsilio Ficino fino a Leonard Cohen  e Philip K.Dick passando per l’inevitabile colosso Blake.

Gli spunti di riflessione sono innumerevoli, i percorsi di approfondimento molteplici.

Ne abbiamo parlato con l’autore.

Nella nostra precedente conversazione (https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/la-rinascita-gnostica-matrix-twin-peaks-conversazione-paolo-riberi/), relativa a un tuo libro precedente, parlavamo di “rinascita gnostica”. Nel frattempo ci sono stati ulteriori segnali in quella direzione?

Direi proprio di sì. Per brevità mi limiterò al mondo del cinema, ma la risposta ben si applica anche alla musica, al fumetto, alla narrativa e alla cultura pop in genere. Dopo la grande stagione del cinema gnostico di fine millennio, con Matrix (1999), Dark City (1998), The Truman Show (1998), Fight Club (1999), Existenz (1999) e il successivo Donnie Darko (2001), negli ultimi anni stiamo assistendo a una forte rinascita di questi temi, tanto sul grande quanto sul piccolo schermo. A provocare questo ritorno di fiamma è la riemersione di “ansie antiche” nella coscienza collettiva del mondo occidentale. Viviamo in un mondo virtuale? C’è una forza invisibile e malevola che tira i fili della nostra esistenza? Siamo forse prigionieri a nostra insaputa? Sono domande che risalgono agli antichi vangeli gnostici ritrovati a Nag Hammadi, ma che continuano a scuotere l’umanità anche a due millenni di distanza. Nel mio scorso libro, Pillola Rossa o Loggia Nera? (Edizioni Lindau, 2017), evidenziavo il caso di due serie tv – Westworld e Twin Peaks 3 – che trasponevano puntualmente passo passo l’intera mitologia degli gnostici in chiave fantascientifica. Da allora, il processo di “traduzione contemporanea” dei vangeli apocrifi si è arricchito di tantissimi nuovi spunti: penso alle serie tv The OA, Dark, Altered Carbon, Devs, Sense8 e al film Ready Player One di Steven Spielberg. E non solo: senza dubbio nuova linfa arriverà a inizio 2022 con Matrix: Resurrection, ad esempio…

Come definiresti a un profano la figura di Abraxas?

Nella mitologia gnostica esposta nei vangeli apocrifi, Abraxas è un viaggiatore cosmico, un emissario divino che mette in contatto il regno celeste con quello terreno. In uno degli scritti di Nag Hammadi, l’Apocalisse di Adamo, Abraxas è l’unica entità spirituale che riesce ad attraversare i vari strati celesti intermedi – ottenebrati da fumo e zolfo – e a condurre in salvo nel regno divino gli uomini giusti perseguitati dalle forze del male sulla terra. A ribadire questa sua natura di “ponte tra i due mondi” è la sua stessa iconografia, attestata in decine di gemme magiche ritrovate in tutto il bacino del Mediterraneo: Abraxas era sempre raffigurato con la testa di uccello celeste (o di leone, animale solare per eccellenza) e le gambe serpentine, simbolo del mondo sotterraneo. Nella mano reggeva quello che molti storici hanno anacronisticamente identificato come uno scudo tondo: nel mio ultimo saggio, Abraxas: la magia del tamburo (Mimesis Editore, 2021), scritto a quattro mani con Igor Caputo, sostengo si tratti piuttosto di un tamburo sciamanico, un oggetto magico che in antichità rappresentava la “rottura di livello”, ossia l’attraversamento del confine tra due mondi.

Che relazione c’è tra sciamanesimo e gnosi?

Io e l’amico Igor Caputo abbiamo indagato a fondo questa connessione, apparentemente bizzarra, che come detto sta alla base della nostra interpretazione del culto gnostico di Abraxas. Gli antichi sciamani dell’Asia centrale praticavano ritualmente la “navigazione cosmica” attraverso il suono del tamburo, la meditazione e l’esposizione acustica dell’individuo a particolari ritmi e cantilene ripetuti ossessivamente con la medesima frequenza: con la trance, l’uomo lasciava questo mondo ed entrava in contatto con il regno ultraterreno. Il tamburo, la meditazione e determinate cantilene, quale il suono cosmico “IAO”, rivestono la medesima funzione anche nei vangeli apocrifi, originando la cosiddetta “magia gnostica” di cui parla anche il filosofo Plotino nelle Enneadi. Il veicolo che mise in contatto queste due esperienze magico-religiose apparentemente così lontane fu l’impero persiano, che dominò sulla Palestina per vari secoli, dalla caduta di Babilonia alla campagna militare di Alessandro Magno: ai margini del culto zoroastriano ufficiale, nell’impero sopravvissero a lungo pratiche sciamaniche di vario genere, come ci testimoniano varie fonti antiche (talora interne alla stessa Avesta, libro sacro della religione iranica). Lo stesso Abraxas ha un antecedente persiano nel dio Zurwan.

E tra la tradizione misterica greca e i culti gnostici?

Ancora una volta, uno dei fili conduttori è il dio Abraxas. Una figura analoga era presente nell’antica tradizione misterica greca legata alla figura di Orfeo, il mitico cantore disceso agli inferi per liberare l’amata Euridice dalla stretta della morte. In questo filone del mito greco, il mondo terreno avrebbe avuto origine dalla rottura dell’uovo cosmico e dall’azione ordinatrice del bambino Phanes, spesso rappresentato con i tratti di leone e di serpente fedelmente riprodotti dalle gemme gnostiche. A confermare il parallelismo, anche Abraxas veniva sempre rappresentato all’interno dell’uovo cosmico. Il legame tra le due tradizioni religiose è molto forte: del resto, lo gnosticismo nasce proprio dall’incontro tra mondo greco e mondo giudaico, arricchiti dall’influenza persiana. Si tratta di un incontro di culture unico del suo genere, che ci testimonia quanto le idee circolassero velocemente nella tarda antichità. Nella già citata Apocalisse di Adamo, addirittura, la nascita di Gesù Cristo viene paragonata a quella del dio Dioniso, figura centrale nella tradizione misterica greca.

Perché i Catari sono stati perseguitati e massacrati?

I Catari medievali – come spiego nel mio nuovo libro Il serpente e la croce. Duemila anni di gnosi: dai vangeli apocrifi ai catari, da Faust ai supereroi (Lindau Editore, 2021) – erano eredi dell’antico gnosticismo, un pensiero filosofico-religioso che già nei primi secoli dopo Cristo aveva posto una dura sfida alla nascente Chiesa cristiana, rivendicando di essere depositario di un insegnamento segreto impartito da Gesù stesso. Al tempo delle crociate, il catarismo era giunto in Provenza e in Linguadoca dall’Europa orientale, dove i pauliciani prima e i bogomili poi avevano mantenuto in vita questa antichissima tradizione esoterica. Proprio come gli gnostici, anche i Catari sostenevano che l’umanità fosse intrappolata a sua insaputa in un reame infernale, governato da un tiranno diabolico: Yahweh, il falso dio dell’Antico Testamento. Proprio come gli gnostici, i catari rivendicavano un ruolo attivo per la donna nel rito sacro, ripudiavano ogni rapporto con il mondo materiale e ritenevano che Gesù non fosse affatto il Figlio di Yahweh, bensì il suo acerrimo nemico. Così facendo i Catari riscrivevano completamente le dottrine della Chiesa cattolica, ravvivando nel cuore dell’Europa medievale un conflitto che i cristiani credevano di aver già vinto un millennio prima: a un tratto – con la fondazione di quattro diocesi ad Albi, Carcassonne, Tolosa e Aran e una quinta in Lombardia – sembrò che la nascita di una Chiesa gnostica parallela a quella romana fosse imminente! Come se non bastasse, a ciò si aggiunsero gli interessi politici ed economici della Francia del Nord, che bramava da tempo di sottomettere le ricche signorie occitane che avevano accolto la religione catara.

Quanta gnosi c’è nel Faust di Marlowe?

Il mito cinquecentesco di Faust – umanista dedito a ogni tipo di pratica esoterica che stringe un patto con il Diavolo – nacque come un’evidente deformazione caricaturale di matrice cattolica degli intellettuali del Rinascimento, dediti da oltre un secolo alla riscoperta degli antichi manoscritti gnostici ed ermetici. “Faustus” era il soprannome latino del profeta gnostico del primo secolo Simon Mago, morto a Roma dopo aver messo alla prova San Pietro al cospetto dell’imperatore Nerone: allo stesso modo, l’uomo rinascimentale che studiava questi manoscritti era un “nuovo Faustus”, destinato a una fine altrettanto ingloriosa. Alla corte della sovrana protestante Elisabetta I, tuttavia, l’autorità della Chiesa romana era flebile: a dominare la scena era invece il mago e umanista John Dee, grande cultore della gnosi ermetica. Il giovane Marlowe, affascinato dalla sua figura, scrisse un adattamento teatrale in cui rovesciava completamente il mito di Faust e trasformava questo personaggio caricaturale in un eroe tragico, teso spasmodicamente verso la conquista della Conoscenza (in greco, gnosis). Rivalutando Faust, Marlowe rivaluta anche lo gnostico Simon Mago, che il tragediografo dà segno di conoscere molto bene tramite gli scritti dei Padri della Chiesa.

Qual è l’influenza della gnosi sul Rinascimento Italiano?

Nel 1453, dopo la caduta di Bisanzio, tantissimi intellettuali greci fuggirono a Firenze portando con sé ogni tipo di antico manoscritto. L’Occidente riscoprì così un patrimonio culturale smisurato, ma finì per compiere un clamoroso errore di prospettiva: gli scritti gnostici attribuiti a Ermete Trismegisto, composti attorno al II-III secolo dopo Cristo in ambito greco-egizio, vennero considerati più antichi di Platone e della Bibbia. Pertanto lo gnosticismo pagano fu elevato al rango di “precursore del cristianesimo” e venne studiato con passione in ogni corte d’Europa. Inevitabilmente, però, emersero ben presto anche i momenti di conflitto: quando l’umanista Pico della Mirandola cercò di esporre a Roma una sintesi tra Gnosi, Qabbalah ebraica, neoplatonismo e cristianesimo con la sua Oratio de homini dignitate, ad esempio, la Chiesa lo accusò di eresia e fu costretto precipitosamente alla fuga. Analogamente, la scuola gnostico-platonica di Marsilio Ficino sopravvisse a Firenze solo grazie al prestigio politico dei Medici, che si opposero con fermezza ai molti tentativi di censura della Chiesa romana.

E qual è l’influenza della gnosi sul Romanticismo inglese?

A traghettare lo gnosticismo nell’età moderna e nell’Ottocento fu soprattutto il geniale e poliedrico artista e scrittore William Blake, con i suoi visionari Libri profetici. Nel Romanticismo, l’aspirazione gnostica alla Conoscenza esoterica si trasforma in un anelito all’intuizione, alla poesia e all’assoluto, mentre il tetro dominio della materia a cui l’iniziato deve sottrarsi con tutte le proprie forze finisce per coincidere con l’avvento della tecnica, delle macchine e della rivoluzione industriali. In Blake, il malvagio Demiurgo dei vangeli gnostici assume il volto di Urizen, l’antico e crudele sovrano della tecnica, mentre la rivolta dell’uomo contro la sua tirannia è equiparata da Shelley a quella di Prometeo contro Zeus. Nel corso degli ultimi duemila anni, lo gnosticismo ha saputo mutare pelle adeguandosi all’epoca storica e al contesto culturale, pur mantenendo straordinariamente intatta la sua identità di fondo.

In quali figure contemporanee, della musica, del cinema, delle serie tv o del fumetto, trovi una forte componente gnostica?

Come già accennavo all’inizio, l’influenza gnostica sulla cultura pop contemporanea è un fenomeno in continua ascesa, e sono tanti gli artisti che si cimentano nella sistematica traduzione in chiave fantasy o fantascientifica di miti, personaggi, simboli e dottrine dei vangeli apocrifi. Il fruitore è spesso ignaro di questa operazione, che viene però condotta deliberatamente e intenzionalmente dall’autore: emblematici sono, ad esempio, i fumetti di Alan Moore (Swamp Thing, Promethea) e Grant Morrison (Doom Patrol, The Invisibles, Final Crisis) e i romanzi fantascientifici di Philip K. Dick (Blade Runner, The Man in the High Castle, Minority Report, Total Recall, Ubik, Valis). Si tratta di opere seminali, che hanno esercitato una profonda influenza sul cinema e più in generale sulla cultura di massa: da parte loro, questi tre artisti hanno ammesso di essere stati profondamente influenzati dai vangeli apocrifi e dalla loro spiritualità. Altrettanto importante è il ruolo della musica, che ha reso veramente capillare questo processo di “traduzione culturale”: la gnosi, ad esempio, è pressoché onnipresente nella musica metal contemporanea (Black Sabbath, Judas Priest, Blind Guardian), ma spicca con forza anche nelle struggenti canzoni dello straordinario Leonard Cohen, a cui dedico ampio spazio ne Il Serpente e la Croce.

 

 

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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