I poeti appartati: Philippe Denis
tre poesie rivisitate
di
Philippe Denis
traduzione Jean-Charles Vegliante
Al momento quasi, è registrabile.
Poi si incespica in più parole del
necessario per sgusciare l’istante
che si scioglie nella durata.
Siamo entrati nel ribollimento.
*
Quando si è sul cammino, non
si vede che si è sul cammino
e,
il cammino non se ne accorge.
Per assicurarmene io torno sui
miei passi.
*
Checché se ne dica, non sarò io –
cultore di truismi – a promuovere
la parola “avvenire” sotto una
mano di futuro.
Non voglio rendere un riflesso
contabile d’un altro riflesso.
(si cela peut s’appeler quelque chose,
I – versioni di J.-Charles Vegliante apparse
su “Traduzionetradizione” 15, 2018, qui rilette)
suite incerta
In un acquario troppo vasto per la mia persona,
mi aggrappo all’aria –
all’aria
che conserva un poco del sapore
della mano
che pilota le mie ronde
insieme ficcandovi
tanto per distrarmi
una parvenza
di smarrimento.
*
Grave dell’inchiostro
che me la presta – una parola.
Scivola sul mio foglio,
mi sorpassa,
apre una via sulla quale improvviso
fiducia
che dicono
per riconoscervisi –
cieca.
*
Dietro all’idea che ci si fa dell’inferriata –
l’ermetica rovina,
l’ospitalità
col catenaccio.
Gli alberi che tentano
di avventurarsi là
sulla ghiaia furiosa
inciampano.
*
Il peso del mondo, il peso del libro.
Si vezzeggiano le bilance,
si simpatizza
con quanto esiste
et fa luccicare l’equilibrio
che si sottrae
per non dover garantire
– alla meno peggio –
le nostre smancerie.
*
Languore intatto – si distrugge il dolce,
commuove la ciliegia
e poiché le cose
valgono meglio
di ciò che valgono,
si sorride
come sanno pressappoco sorridere
i morti.
(pierres d’attente, 2018)
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Poesia, sì. Grazie.