Egitto: Dunia Kamal fa rivivere i sogni di piazza Tahrir con La settima sigaretta
Giuseppe Acconcia
La settima sigaretta di Dunia Kamal (Poiesis Editrice 2021, 144 p, 16 euro, traduzione di Barbara Benini) è un diario intimo dell’autrice raccontato con gli occhi di Nadia. La protagonista, raggiunti i trent’anni, come fece Ingeborg Bachman, traccia un bilancio della sua vita nei tre decenni precedenti dall’infanzia all’adolescenza fino all’età adulta. Lo fa proprio mentre il sogno della rivoluzione di piazza Tahrir è ormai un ricordo che costringe l’autrice a lasciare l’Egitto con la speranza di un ritorno futuro. Le prime pagine scorrono con i ricordi di bambina, vissuti insieme alla nonna al quinto piano del palazzo affacciato sulla via principale di una città di provincia mentre echeggiava alla radio la voce inconfondibile della grande cantante egiziana, Umm Kulthum. Il primo pianto di Nadia è proprio legato a un ricordo di infanzia quando il canto della mitica Kulthum fu sostituito da quello del Corano, segno dell’islamizzazione in corso nel paese. Tra un caffè sorseggiato sin da bambina e la preparazione di prelibati piatti alle verdure, racconti e fiabe, Nadia cresceva fino allo scoppio delle prime manifestazioni al Cairo alle quali ha preso parte insieme al padre che, prima della sua morte, ha pur visto la fine del regime di Hosni Mubarak (2011). Ancora una volta il testo si iscrive nel segno di un incontro intergenerazionale che ha animato le proteste in Egitto degli ultimi anni, unendo vecchie e nuove generazioni in una richiesta univoca di libertà e giustizia sociale. Nadia racconta quindi attraverso i frammenti dei suoi ricordi le speranze dei giovani di piazza Tahrir dalle manifestazioni al Ministero degli Interni fino ai luoghi più significativi del centro del Cairo, come l’antico caffè Groppi, usato come rifugio per evitare le violenze. Le proteste di piazza hanno ispirato un’intera generazione di autori, come per esempio la scrittrice Ahdaf Soueif ne Il Cairo, la mia città, la nostra rivoluzione. Anche il racconto di Nadia si fa originale e ricco di particolari sugli avvenimenti che hanno segnato i 18 giorni di occupazione di piazza Tahrir, vissuti tra piazza Talaat Harb e via Qasr el-Ainy, insieme ai suoi compagni, Galal, Rima e Leyla. Anche qui ritorna nel racconto di Nadia la continuità tra le proteste degli inizi del Duemila e del 2011 come a segnare la forza di un movimento che mai ha smesso di credere nella fine del dispotismo. Non mancano neppure i racconti di grandi amori, concretizzatisi nella presenza del dolce vedovo Zeyn e negli occhi del giovane Ali, “l’unica cosa che volevo vedere accanto a me quando, ogni mattino, aprivo gli occhi”. L’autrice, Dunia Kamal, 1982, è una documentarista egiziana che ha realizzato negli ultimi anni decine di documentari lavorando anche con al-Jazeera. Nel 2015 ha vinto il premio letterario Sawiris per i giovani autori emergenti proprio con La settima sigaretta. La rivista Vice in arabo ha pubblicato un suo resoconto sulle molestie sul lavoro che le ha causato minacce di querela. Eppure, nonostante l’entusiasmo iniziale, neppure Nadia, la protagonista del libro, riesce a sottrarsi alla tristezza per la morte del padre e alla disillusione della repressione che il regime ha portato in Egitto dopo il golpe del 2013 costringendo la “meglio gioventù” egiziana in carcere per motivi arbitrari, ricordiamo Patrick Zaki, Ismail Iskandarani, Haitham Mohammadin e gli altri 60mila ancora in detenzione, secondo i report di Amnesty International. “Non lavoro più molto, alcuni anni fa sono riuscita a risparmiare”, e prima di prendere il volo e lasciare il paese Nadia scrive: “forse un giorno torneremo, forse torneremo per ricominciare tutto daccapo”.