Dalla parte del maiale
di
Effeffe
Se è vero che assecondano il passo e il pasto con le stagioni, possono inciampare nella selva dei piccoli grandi dolori dell’esistenza inavvertitamente e controvoglia, ma non per questo scorgere nella caduta, mai di stile, un qualche fallimento che non sia salutare. Scrive il gran maestro comunista dandy irlandese Samuel Beckett:
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Non si deve allora cogliere nella malattia altro che il valore intrinseco della convalescenza e assaporare, in quello sciopero dei sensi tutti, la gioia segreta di una sospensione a oltranza delle ostilità. I comunisti dandy sono contro l’immunità parlamentare perché muniti di parlamento autonomo e operaio, anarco-trafficanti di una disciplina della vita che non articoli reclama né sindacati, ma una convinta e generosa partecipazione al diritto di non fare un cazzo anche quando la cosa è mal vista, o percepita come fallimento. Quando la frusta del santo colpisce allora i fianchi o lascia tra capo e collo la sua impronta, la
preghiera da sussurrare nel bel mezzo del bombardamento a pioggia di b12 e antivirali non è al detto Santo Antonio Abate, ma al porcello che lo accompagna. Potente fustigatore del male, temuto avversario dei peggiori integralismi, l’animale, puro e memore della sua Odissea e della Troia sconfitta, salverà ogni comunista dandy dal bruciore arrecando bene e grazia con il lardo. I comunisti dandy si sa che da sempre preferiscono l’Hard al Soft, essendo nemici ancestrali delle socialdemocrazie liberali e dei centristi, più Penthouse che Pentapartito. Pantagruele di Rabelais, del resto, ripercorre proprio la sacralità del carnem valere, magnifica cuccagna del Porco e delle regole stravolte delle gerarchie come l’eccellente Michail Bachtin, non il medicinale, aveva provato.
Dal campo bruciato dal fuoco sorge allora una nuova consapevolezza delle cose, terra fertile di florilegi, uno sguardo sul mondo affrancato dal bene e dal male, una coscienza critica e galeotta capace di percorrere senza subire il colpo al corpo, gli sbalzi di temperatura degli inferi ardenti e dei glaciali paradisi. La storia, ma è forse leggenda,
vuole infatti che il santo per riscaldare i suoi avesse deciso di prendere il fuoco proprio dai diavoli che vedendolo arrivare con il porcello assai si inquietarono e a loro sbarrarono il cammino. Il porcello però all’intrasatta si era infilato tra i diavoli e creò un tale scompiglio nell’inferno che quasi implorarono il santo di portarselo via. E prendi l’uno, guarda l’altro, e mò dov’è?, maledetto puorche, il Santo riuscì a trafugare con il bastone una fiamma e a portarsela fuori.
Ecco perché i comunisti dandy accordano alla cucina grassa delle vere province, alla coteca, lo statuto di guaritrice dei malanni, forza che è insieme volontà di potenza e riposo, malattia e convalescenza, sapendo in cuor loro che ogni bagliore notturno nelle boscaglie e tra le colline è segno di bivacco e focolai di festa e rivolta.
Lettera n° 15 : 15 gennaio 1927 : a Tatiana
Carissima Tania,
l’ultima lettera da te inviatami ha la data del 4 gennaio. Mi hai lasciato 11 giorni senza tue notizie. Nelle condizioni in cui mi trovo, ciò mi preoccupa molto. Credo sia possibile mettere d’accordo le esigenze reciproche, con lo impegno da parte tua di inviarmi almeno una cartolina ogni tre giorni. Io ho già incominciato a seguire questo sistema. Quando non ho argomento per una lettera, e per me ciò è il caso piú comune, ti invierò almeno una cartolina, in modo da non tralasciare nessuna corsa postale: la vita trascorre qui monotona, uniforme, senza sbalzi. Dovrei forse descriverti qualche scenetta di vita paesana, se avessi del buon umore a sufficienza. Per esempio, potrei descriverti l’arresto di un maiale, trovato a pascolare illegittimamente per le strade del paese e condotto regolarmente in prigione: il fatto mi ha divertito enormemente, ma sono sicuro che né tu né Giulia vorrete credermi; forse mi crederà Delka quando avrà qualche anno in piú e sentirà raccontarsi la storiella insieme alle altre dello stesso tipo (quella degli occhiali verdi, ecc.)
ugualmente vere e da credersi senza sorrisi. Anche il modo di arrestare il maiale mi ha divertito: lo si prende per le zampe di dietro e lo si spinge avanti come una carriola, mentre urla come un indemoniato. Non ho avuto modo di avere precise informazioni sul come sia possibile identificare l’abusività del pascolo e del transito: penso che i sorveglianti all’igiene conoscano tutto il bestiame minuto del paese. Un’altra particolarità di cui non ti ho mai fatto cenno è che non ho ancora visto in tutta l’isola nessun mezzo di locomozione all’infuori dell’asino, magnifico animale invero, di grande statura e di una domesticità notevole, che indica l’indole buona degli abitanti: al mio paese gli asini sono mezzo selvaggi e non si lasciano avvicinare che dai padroni immediati. Ancora, in linea animalesca: ho sentito ieri una magnifica storia di cavalli, raccontata da un arabo qui confinato.
L’arabo parlava l’italiano in modo alquanto bislacco e con molte oscurità: ma nell’insieme il suo racconto era pieno di colore e di forza descrittiva. Ciò mi fa ricordare, per una associazione molto strana, che ho saputo essere possibilissimo trovare in Italia il famoso grano saraceno: degli amici veneti mi dicono che esso è abbastanza comune nel Veneto per fare la polenta.
Ho cosí esaurito un certo stok di argomenti trattabili. Spero di averti fatto un po’ sorridere: mi pare che il tuo lungo silenzio debba essere interpretato come una conseguenza di melanconia e di stanchezza e che fosse proprio necessario farti sorridere. Cara Tania, devi scrivermi, perché solo da te io ricevo lettere: quando mi manca la tua corrispondenza cosí a lungo, mi pare di essere ancora più isolato, che tutti i miei rapporti col mondo siano spezzati. Ti abbraccio affettuosamente.
Antonio
Le lard de Colonnata c’est les esclaves d’une colonie romaine qui se sont inventé ça pour tenir début dans les carrières de Carrare et au Moyen Age c’est cela qui a sauvé la peau des travailleurs du marbre pendant le coup d’arrêt dans l’extraction de la pierre causé par la crise. Quoi ? Vous ne me croyez pas ? Comment vous dites ? Je n’ai pas entendu. Une légende, ah oui comme celle que chacun de propriétaires de la région propagande à propos de ces gisements, en disant que c’était précisément là que Michel-Ange allait récupérer ses pierres. Ah, non, la vous vous trompez grave, messieurs, ce n’est pas comme l’histoire de Garibaldi – oui vous savez ça que en Italie il n’y a pratiquement pas de région, ville, village, un hameau que n’ait pas sur sa façade une plaque en laiton comme quoi le générale à la chemise rouge c’est bien là qui avait passé la nuit, et que si l’on croyait vrai, et bah, Garibaldi aurait du vivre minimum mille ans si on sommait toutes les nuits déclarées. Ici ce n’est pas le cas, c’est la vérité sculptée dans le marbre, Michel Ange se procurait à Colonnata son marbre à lui, et moi je m’appelle Michelangelo, Michelangelo Cocchinone de Colonnata, à cause de ça. Je parle de mon prénom, là, et oui je suis le petit-fils de Michelangelo. Le prénom on se le passe de grand père en petit fils depuis des siècles. L’autre prénom ? Comment ? Ah j’ai compris vous voulez dire et mon père ? Ah bon mon père lui s’appelait Leonardo. Pourquoi il s’appelait ? Parce qu’il est mort et d’ailleurs je suis descendu à Rome pour le venger. Comment vous dites ? Qui l’a tué ? C’est la poussière qui l’a tué. C‘est l’art et ses caïds, ses assassins. Tous exterminés, mon père, tout comme mon grand père et ainsi de suite jusqu’à la nuit des temps, jusqu’aux esclaves portés par les romains peut- être, par l’antica piaga phtisie des mineurs. Vous savez, la silicose, ça concernait tous, autant ceux qui étaient sous terre, autant ceux qui comme nous étaient en plein air. Les gueules jaunes c’étaient ceux qui travaillaient l’argent, noires étaient les gueules des ouvriers du charbon et nous, bah nous les gueules blanches non ?
Le Cartel Contre Michel–Ange – Francesco Forlani : Le Décalogue d’un carriériste