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Da “Noi” di Alessandro Broggi

[Presentiamo alcuni estratti da Noi di Alessandro Broggi (Tic Edizioni, 2021, https://ticedizioni.com/collections/ultrachapbooks/products/noi-broggi), un diario di viaggio finzionale e meta-narrativo.]

di Alessandro Broggi

Pensiamo troppo in termini di storia, sia essa personale o universale. I cambiamenti appartengono alla geografia, sono orientamenti, direzioni, entrate e uscite.

(G. Deleuze)

Credevano di conoscere la felicità; credevano che la loro invenzione fosse libera, magnifica, che impregnasse l’universo a ondate successive. Credevano che bastasse loro camminare perché il cammino fosse felicità.

(G. Perec)

1

La strada è accidentata. Piove. Stiamo entrando nel paesaggio e cominciamo a distrarci camminando: a volte pensiamo a una persona in particolare, altre volte è solo l’idea di una persona. Seguiamo puntualmente il percorso: cosa c’è di fronte a noi? La linea azzurra di un corso d’acqua riflette le prospettive, il tempo si schiarisce. Non smettiamo di ridere, la cosa più importante per noi è che qualcosa succeda. Lo stridio della civetta si fa sentire più volte, vicinissimo. Attraversiamo la prima cortina di alberi, il panorama è solo moderatamente boscoso, diciamo qualche frase con calma. Adesso il tempo si muove più velocemente. Una sponda fluviale sabbiosa, la superficie levigata di un lago, la foresta al crepuscolo. In questa zona confluiscono diversi tipi di ambienti, ci sono innumerevoli direzioni.

Guardiamo il cielo – qual è l’intero campo delle possibilità? Lo chiediamo agli altri ma è più che altro una domanda rivolta a noi stessi. La storia lo dirà, sapremo ciò che faremo e avremo tutto il tempo per farlo. Scorgiamo qualcosa in lontananza e avanziamo da quella parte.

2

In uno scenario che chiameremo ‘il paesaggio’ è notte. Non ci interessano i dettagli geografici né qualsiasi specifica localizzazione, progrediamo attraverso la vegetazione. La vista è scura ma il cielo risplende leggermente. Segnano il passaggio tra i termitai scolpiti cespugli alti appena pochi centimetri, non ci sono altre persone, si vede piuttosto bene ogni cosa. La nostra conversazione è ad ampio raggio, sono coinvolti numerosi temi. Ci muoviamo lentamente, poi giù verso la vallata.

Alcuni scoiattoli lasciano il posto dove stavano mangiando; siamo ora dentro al bosco, “due donne e due uomini che si dirigono nella stessa direzione, camminano in habitat alquanto diversificati, si mette a piovere e ciascuno a turno si ferma un attimo a guardare. C’è qualche sincronizzazione nelle loro azioni, e un certo grado di comprensione condivisa, o almeno così sembrerebbe se li si scrutasse da lontano. Un’idea di miglioramento è relativa alle loro intenzioni, ma non è chiaro se queste siano buone o cattive, né in quali termini lo siano. Quattro persone che si incontrano una volta e che forse non si rivedranno mai più”.

Le informazioni necessarie per comprendere il significato dei nostri spostamenti non ci sono date, e non è nota la relazione tra le singole tappe del tragitto. Soltanto, ci si racconta che avremmo intrapreso un lungo viaggio, due uomini e due donne.

5

Pare che abbiamo optato per partire. Benché sia brutto tempo. Si suppone che stiamo entrando nella boscaglia per un sentiero di aranci silvestri, si può osservare come i gesti stessi ci suggeriscano movimenti che diverranno azioni. Non sembra di poter escludere che il versante alberato che talvolta si intravede sarà presto invisibile, Norberto dirà: «Tra un paio di colline non lo vedremo che di scorcio».

Eleonora non si guarda mai attorno, osserva come se avesse davanti a sé una strada vuota, e avviene che una torbiera penetri a punta nel cuore dell’albereta d’alto fusto, e per contraccolpo a un fondo argilloso faccia seguito il prato. Abbiamo un’impressione: il basso soffitto di nuvole sta diventando meno denso; si è visto come gli aceri campestri si accompagnino ai carpini bianchi, tra poco nello strato erbaceo si susseguiranno le fioriture.

E sarà ragionevole tagliare per i campi a più riprese. Raccontiamocelo ancora: stiamo stendendo il verbale dei nostri passi, Maurizio fa banali commenti sulla vegetazione. Possiamo presumere che la macchia stia per cedere terreno, possiamo servirci di ogni parola per cambiare discorso, siamo capaci di tutto, coltiviamo una spensierata indifferenza. Mentre parliamo pensiamo ad altro.

Tania dirà: «Ci dirigiamo» – C’è qualche altro posto dove andare? Adesso, ormai da migliaia di anni.

6

Parliamo, ci sorprendiamo, parliamo ancora, immaginiamo. Sembra sempre che ci stiamo dirigendo verso qualcosa ma ogni volta prima di raggiungerlo cambiamo direzione. Possiamo scegliere di concentrare la nostra attenzione su un dettaglio piuttosto che su un altro. La descrizione delle azioni diventa una descrizione di pensieri, la descrizione dei pensieri diventa una descrizione di azioni.

Il sentiero si divide incrociando altre vie della stessa importanza, le distanze non sono così manifeste, ed è raro incontrare specie davvero dominanti. Molte essenze sono distribuite a chiazze, altre in forma sparsa e poche uniformemente. Spesso per trovare una pianta di una stessa specie occorre spostarsi per parecchie centinaia di metri. Nuvole alte intercorrono, diorami momentanei si stagliano come universali pragmatici nel cielo vaporoso, abbiamo visto un procione.

Trascorriamo del tempo a guardare, per stabilire cosa ci sia qui fuori, in modo percepibile quanto non dichiarato, impegnati in un compito che non prevede urgenza. La natura delle nostre osservazioni ci sfugge, dentro condotte personali apparentemente idiosincratiche, appollaiati nelle nostre nicchie come allegorie.

Stabilità e locazione sono una questione di volontà e circostanza, tutto quanto le riguarda è desultorio. Questo ci conforterà: i traumi sono infrequenti e sempre reversibili. Sopravvivremo a tutto ciò che riusciremo a comprendere, lungo il medio corso dei nostri pensieri Norberto ci largisce ogni genere di consiglio, abbiamo motivo di credere che non ci possa succedere nulla, non ci sono angoli ciechi. Insomma.

15

L’incontro con altri esseri viventi ci ha costretto a riconoscere che guardare, rappresentare, e forse anche conoscere e persino pensare, non sono prerogative esclusivamente umane. Perciò l’ambiente viene percepito da ciascuna specie in modo simile, ma differente. Un’eterogeneità di processi vitali ad ogni livello di scala: siamo animali evoluti su questo pianeta come tutti gli altri, e come la nostra ogni specie ha la propria forma di vita unica e distintiva.

Picchi di forte intensità ma anche lunghe fasi di distrazione, tempeste comportamentali e disinteresse coatto: la nostra autocaratterizzazione. Modificando ciò che pensiamo, modifichiamo anche il nostro atteggiamento, anche per il solo gusto di farlo. Tutto considerato, due diversi intendimenti si sono idealmente manifestati finora di fronte al paesaggio: il primo l’ha giudicato un frammento incorniciato della nostra visione, un piano staccato di forme e toni di colore messo in prospettiva dal nostro punto di osservazione; l’altro, all’opposto, segue l’erba da sotto i piedi fino alla lunga distanza, sente il risuonare del vento nelle orecchie, odora il suolo, sincronizza le pulsazioni corporee con la vita interna alle vedute. Una netta polarità che la riprova dei fatti rivela invece inestricabile.

23

Questa notte è stato importante che, a una prima approssimazione, il punto dove sentieri e rivi si saldano non abbia lasciato intuire un’area a foresta allagata ma la fisionomia di un intrico di bacini selvaggi, sparsi, che si sono poi confermati semplici stagni circondati da canaloni lussureggianti. A che fare con alstonie, shoree, bubinghe, i nidi in equilibrio nel cavo dei rami, la scorta di un mormorio d’acqua sempre presente, serpenti radiosi e una capacità di elencarli puramente indicativa. Fango copioso ovunque ci troviamo, una luna che abbaglia.

Ci siamo impegnati a non interferire nel flusso naturale degli scambi – invece di circostanziarli, riderne con approvazione. Non c’è un essere o una cosa che sia più amabile di un altro. Sterminati reami di attività metaboliche così: un invito ad essere in movimento attraverso l’ambiente in assoluto candore, senza più curarci di formulare asserzioni conformi, di trasformare questi lineamenti brulicanti in tracce di teoria locale.

41

Abbiamo scollinato di nuovo nel verde.

Dove ci troviamo ora vecchi faggi impediscono qualsiasi vegetazione ai loro piedi tranne i muschi, anche se quasi non hanno rami bassi. L’oscurità che ne discende si unisce con quella che sale da terra. È tra pendii indistinti, c’è un punto in questo riquadro diseredato di terraferma dove i pavoni attraversano la foschia pomeridiana nel loro splendido piumaggio; con esiti di attenuazione, in altri momenti, per questa anarchia arborata, o la rifrazione granata che asseconda i falsipiani nella sua parte distale.

Ci piacciono lo sfumato del fogliame, l’escursione cromatica, sentire il dinamismo del vento e della pioggia, Eleonora ha tratto un lungo respiro. “Quattro persone stanno passeggiando sotto alti faggi ammantati di licheni, tra aloni organici e vite diffuse, commozioni brutali, filigrane resilienti, pronostici vaghi e atteggiamenti disparati. Spettri incoativi e ulteriori passaggi del discorso”. Nell’ultimo mese abbiamo avanzato come sonnambuli fra addensamenti di flora composita, in un percettibile fremito atmosferico, tra le cicorie di steppa in un transito permanente. Abbiamo superato uno dopo l’altro una rete di tracciati, falò di rododendri, la geografia incerta di interi continenti.

Nel controluce soffuso la linea d’ombra sta girando per i disimpegni nascosti di un fronte morenico, tra leggere ondulazioni frastagliate dai riporti; al di sotto si estende una prateria, che prima sale in pendenza poi digrada fino al limitare di nuovi accessi radenti. Entriamo, così!, è una fatica grandissima. “La sequenza successiva mostra i quattro che si aprono a tratti la strada in un mare di felci”.

47

Andamento e fatalità delle frontiere materiali, cicli di convinzioni, la consapevolezza della nostra dipendenza dal clima, dalle risorse naturali, dal cibo: il futuro del gruppo. Appartengono a questo tempo dislocato la fabbricazione e l’uso di nuovi attrezzi, le strategie messe in atto per procurarci da mangiare. Fragili involucri di ciò che non è altro che necessità di sopravvivere.

Abbiamo risolto il problema della creazione di strumenti ulteriori radunando i componenti appropriati e combinandoli nella sequenza corretta, sviluppando artefatti diversi da una costante attività di esplorazione ed esecuzione, prove ed errori manuali nei quali dischiudere le istruzioni per la loro costruzione, finché la soluzione non è entrata nel raggio delle possibilità correnti.

Percepiamo materiali e sostanze a partire dalle esperienze che possiamo compiere con loro, le loro caratteristiche essendo i caratteri percettivi che gli assegnano i nostri sensi; un accordo spontaneo sulla forma di vita, su come fare le cose, su come prodigarci insieme, la bontà del lavoro discendendo dall’abilità nel coordinare i gesti tra loro e con l’ambiente. Se talvolta ci pluralizziamo, è per adeguare le capacità alle mansioni.

50

Grotte e ripari sotto roccia sorprendono per il loro isolamento, gli animali vi dimorano in alternanza dandosi l’un l’altro la caccia.

Una fenditura e un calore consistente: si presume sia da là che viene. Al momento è da là che viene. Abbiamo dato un’occhiata, la cavità, semisotterranea, è angusta; per quattro persone al massimo, e completamente vuota. Tranne la parte superiore delle pareti è tutta impiastrata di escrementi.

La prossima immagine del mondo: brani di una conoscenza originale, i sottintesi, la portata. Periodi intersoggettivi di attività in corso, eventi ritagliati dall’infinità dell’accadere, lunghe curve di svolgimento convergono. Accosciati in una spelonca dal soffitto basso tracciamo con un pezzetto di carbone strani segni irregolari per recuperare la storia del giorno – ne escono alberi, pianure, battute venatorie ai mammiferi terrestri, armi da getto, focolari, persone. La struttura narrativa dell’esperienza umana, le grandi tappe della nostra vita culturale; uno slancio di comprensione senza preavviso, un frammento di certezza possibile, forse qualche nuova verità generale.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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