La matematica è politica
di Antonio Sparzani
In generale sono contrario a fare di Nazione Indiana un blog prevalentemente di recensioni, ma qualche rara volta non resisto alla tentazione, specialmente quando mi capita tra le mani un librettino come La matematica è politica, firmato da Chiara Valerio, per molti anni indiana (e dunque eis aiōna) e uscita, con mio grande dispiacere, nella primavera 2012, dalla nostra Nazione per uno stupido malinteso. Il libro è uscito l’anno scorso nelle “Vele” Einaudi, direi subito dopo la cosiddetta prima ondata del Covid, ha 105 pagine e costa 12€.
Chiara è laureata in matematica, cosa che, a suo dire, l’ha avvantaggiata negli ambienti letterari che ora frequenta perché un matematico non può che essere una “persona intelligente”, essendo donna, poi, ancora più eccezionale. Ma il suo atteggiamento nei confronti di questa che viene normalmente chiamata “scienza esatta” non è quello tradizionale. Basta leggere la citazione di copertina:
“La matematica è stata il mio apprendistato alla rivoluzione, perché mi ha insegnato a diffidare di verità assolute e autorità indiscutibili. Democrazia e matematica, da un punto di vista politico, si somigliano: come tutti i processi creativi non sopportano di non cambiare mai.”
Ma come, certamente qualcuno si chiederà, non è la matematica l’unico assoluto – nella scienza – al quale possiamo affidarci nei nostri molteplici tentativi di comprendere il nostro mondo? Ecco a voi come ragiona Chiara (p. 53):
“È una disciplina che non ammette principio di autorità giacché nessuno possiede la verità da solo, le verità sono asserzioni verificabili da chiunque, o se non da chiunque (alcune volte è difficile) almeno da un certo numero di persone. Inoltre, la matematica è un linguaggio, una grammatica. Per discutere di matematica bisogna accettarne le regole. Sicché uno studioso, ma anche uno studente di matematica, è abituato a operare in un mondo di regole comuni, per ridiscutere le quali non si può essere in uno, bisogna essere almeno in due. Ovviamente la matematica non procede per voto o alzata di mano, ma per ipotesi e verifiche. Se i nostri politici avessero studiato matematica, e se studiandola l’avessero capita, si comporterebbero diversamente rispetto alle cariche dello Stato che ricoprono perché non agirebbero come singoli, ma come funzioni di un sistema più ampio del loro ego, e soprattutto non si preoccuperebbero delle cose ma delle relazioni tra le cose, dunque sarebbero più cauti nel dare una notizia falsa o non verificata, perché consci di quanto la notizia falsifichi il resto, talvolta il contesto.”
La scrittura di Chiara è strana, spesso sorprendente nei suoi accostamenti e nei suoi collegamenti, e d’altra parte è molto personale, parla di sé, delle letture che l’hanno più colpita e cui si è talvolta ispirata e torna insistentemente a parlare dell’idea di democrazia e dei suoi punti di contatto con la matematica.
In uno degli ultimi capitoli si lancia in una rapida analisi di alcuni articoli della nostra Costituzione, in particolare degli articoli 1, 2, 11, 12, 54. L’articolo 11 è quello famoso sul rifiuto della guerra, sentite Chiara:
“l’articolo 11 chiarisce che mai e poi mai l’Italia limiterà con la guerra la libertà degli altri popoli. Nemmeno la libertà a spostarsi, a migrare. Accettare la nostra libertà di muoverci temporaneamente limitata per l’emergenza Covid-19 è stato faticoso, ma lo abbiamo fatto convintamente, partecipi dello Stato. Riusciremo a essere più radicali nel chiedere politiche giuste e rispettose per interi popoli che si spostano?”
A me questa deduzione dall’articolo 11 non era mai balenata (mi era stata molto più evidente la sua contraddizione con quanto D’Alema, allora capo del governo, annunciava, in tv a reti unificate, la nostra esplicita partecipazione alla guerra nei Balcani) e tuttavia è lì da vedere.
Potrei mostrare tante altre citazioni, sempre un po’ spiazzanti, ma allora tanto vale che leggiate il libro, basta un pomeriggio e, secondo me, ne vale proprio la pena.