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Prosa in prosa (Inglese, Zaffarano, Giovenale, Broggi)

 

 

Le edizioni Tic hanno recentemente ripubblicato Prosa in prosa, originariamente uscito nel 2009 per la collana fuoriformato de Le Lettere.

Ospito qui alcuni estratti di Andrea Inglese, Michele ZaffaranoMarco Giovenale e Alessandro Broggi, insieme alla bandella originale del libro, firmata da Andrea Cortellessa.

 

 

ANDREA CORTELLESSA

Bandella di Prosa in prosa (2009)

 

L’abitudine che ci fa usare la dizione da manuale, poesia in prosa, può far dimenticare come essa, in realtà, segni un paradosso. Ma – ha spiegato il suo maggiore studioso italiano, Paolo Giovannetti – proprio tale «ambiguità esibita» è il suo «carattere fondante». Posizione ambigua, dunque, e anche scomoda: troppo «asciugata» dal poetico per i lettori di poesia (almeno per chi si riconosce nel poetese, più che nel poetico); troppo autoreferenziale e «lavorata» – troppo «poetica», insomma – per coloro che della prosa ammettono un’unica specializzazione merceologica, quella della narrazione (e diciamo, anzi, direttamente la fiction).

Eppure la prosa come forma del limite è stata una delle poche vie di fuga che abbiano consentito alla nostra scrittura poetica, negli ultimi decenni, di non rinchiudersi nel repertorio di se stessa. Negli anni Settanta autori come Giampiero Neri, Cosimo Ortesta e Cesare Greppi hanno messo a frutto la lezione dei maestri francesi di un secolo prima; mentre è del 1989 un episodio isolato ma significativo come la silloge Viceverso, curata da Michelangelo Coviello. Né sorprende che oggi i trenta-quarantenni di Prosa in prosa guardino di nuovo Oltralpe (e Oltreoceano), mutuando il loro stesso titolo da Jean-Marie Gleize.

Quanto meno subliminalmente, l’espressione poesia in prosa rinvia poi al concetto di traduzione: un «contenuto», in sé poetico, che verrebbe «trasposto» in prosa. Ma se il «contenuto» è già prosastico, qui, che cosa viene in effetti «tradotto»? La prosa in prosa, risponde Antonio Loreto, ha qualcosa del ready-made: senza sovraccaricare la scrittura di effetti speciali (la «prosa d’arte» dalla quale i Sei si guardano bene) è mediante il suo isolamento (in lasse, blocchi, serie variamente ordinate) che se ne muta sottilmente il senso. Basta incorniciare l’oggetto, come ha insegnato appunto D­uchamp, per fargli dire qualcosa di diverso – e inatteso. Qui piuttosto lo si «inquadra»: e non stupiranno, allora, i frequenti riferimenti all’universo dei media visivi, dalla fotografia allo schermo del computer.

Così facendo si segnalano, nella prosa del mondo, una serie di mutamenti inavvertiti. Come in un certo gioco enigmistico, ci accorgiamo d’improvviso di dettagli incongrui, particolari inquietanti. E finiamo per capire, insomma, come qualcosa nelle nostre vite sia da tempo mutato: a un livello microscopico, magari, ma con conseguenze non meno che catastrofiche.

 

ANDREA INGLESE

Prato n° 102 (collage e stucchi)

 

Praticello con pescheria (e dadi di tonno rosso mattone nella cunetta di ghiaccio, da cui affiora un orlo di prezzemolo), stivali di gomma blu, vasche di polistirolo, e pompa arrotolata (e mercato del pesce di Tokyo, tonni segati in due, sequenza a rallentatore di Bill Viola). Praticello con pulegge, stoviglie lavate, e orme fresche. Praticello tipo Sierra Nevada senza avvoltoi. Praticello in cui il bisogno di un padre buono, onnipotente e amoroso viene soddisfatto da una poltroncina mobile, elegante e dallo schienale ampiamente flessibile. Praticello con alcune bestie che parlano, non per esigenze spirituali ma a causa di impulsi elettrici (ed altre bestie mute, addestrate ad inviare impulsi, e addestratori umani incapaci di tutto, salvo di addestrare). Praticello con gradevole luce, su forcone appeso al muro, e colata di vernice. Praticello delle sei e mezza di pomeriggio (d’estate, e personaggi vari che a quell’ora provano angoscia immotivata). Praticello da cui uscire solo morti o amputati (infrequentabile). Praticello con uomo dai molteplici delitti, un cuore putrido, poteri paranormali, e una fortuna sfacciata alle corse dei cavalli. Praticello in cui mi ricordo di tutti i seni indovinati dietro una stoffa leggera, e dei piedi nudi femminili, nei periodi di riscaldamento climatico. Praticello in disuso, con grandi ammassi di pneumatici in fiamme, e materassi sventrati o fradici, e gatti finiti nelle tagliole, o in brodo. Praticello di poca luce, con fontana, e fagiani al suolo, immobili, probabilmente impalati. Praticello borghese, fine novecento, con tubuli, maschere, bombole, quadranti, per respirazioni prudenti, rarefatte, e bistecche al sangue, rognoni, roast beef, per masticazioni frenetiche, perenni. Praticello per allievi impudenti, studentesse feroci, giochi di mortificazione fisica e mentale. Praticello dei cannibali, tutti quanti essendolo diventati, dopo aver ognuno attraversato un certo numero di difficoltà alimentari. Praticello della musica, da fare all’improvviso quando ci si passa. Praticello in cui è impossibile masturbarsi, mancando foto, video, disegni, persino ogni materiale psichico (e sorgono ricordi invece d’equazioni, di sequenze numeriche, di documentari zoologici). Praticello in cui l’alcolismo è un metodo tra i migliori per rispondere all’assenza di un padre buono, onnipotente e amoroso. Praticello con ministro della pace, ufficiale delle Schutz-Staffeln, profeta, e lucido da scarpe (e un solo paio di stivali, un solo slogan per dirigere la gioventù, e meno di quattro capri espiatori disponibili). Praticello come vero, in cui si fa l’amore e si dorme, si beve e ci si carezza (e non mancano i viveri), e ci si muove con cautela, si parla a bassa voce, per non interrompere il sogno o modificarne l’intreccio. Praticello dove chi scrive, conosce bene le arti marziali del pensiero, e anche di tutti i cinque sensi, e delle zone erogene, e di ogni poro (e guarda a lungo la luce dentro un bicchiere d’acqua). Praticello ad alta tecnologia, ma pulita e produttiva, dove ogni pensiero del canguro, ed il suo fiato, e la pressione arteriosa, e i tic nervosi, e le unghie, il manto, i denti, sono assolutamente registrati, copiati, riprodotti, trasformati, resi utili, in tempo reale, a tutti i possibili clienti, anche nelle zone remote, dal clima difficile, e dalla politica energetica incerta. Praticello delle droghe belle, con un codazzo di dementi, che non sanno comporre una frase di commiato, e si intrappolano sempre più a vicenda, sempre più ridendo, assieme.

 

 

 

 

MICHELE ZAFFARANO

Venti & ventinove

da Wunderkammer, ovvero Come ho imparato a leggere

 

20

L’autentico. Oppure il libro che non sarebbe mai stato scritto se le parole non avessero assunto questa forma particolare di bêtise. Il lavoro, gli aneddoti raccontati. Nessun dubbio che ciò che viene letto possa finire per restare impresso. Nello stesso tempo, l’ascolto percorre i suoi sentieri, inganna chi resta all’interno dell’ambito. Se ancora, in casa, c’è un ambito, se ancora ci sono le categorie di interesse, i manichini non convenzionali, la possibilità di un racconto pensato per lamentarsi. Nel corso di queste righe, non c’è alcuna intenzione di rivelare fatti intimi, alcun desiderio di esibirsi in modo sconcertante. Di questo parleremo in seguito. Intanto: togliere di mezzo, ripulire con cura, non scrivere nulla per nulla, offrire le stesse astute bêtises del quotidiano, farle durare, sentirle esistere, resistere, e poi eliminarle, parlare, parlare. Spesso capita che dalla scrittura il dubbio su ciò che viene letto sia posto addirittura dagli invitati. Qualcosa di autentico avanza comunque, si rivela.

29

Lentamente si modificano i campi visivi e comincio allora a tastare il terreno, a cavalcioni, o seduto di fianco, alla maniera delle donne. È piena di lordura la distanza più breve tra un punto e l’altro, ha inghiottito gli ostacoli. Non viaggio, descrivo linee a cerchio. Sta scritto: «ka multo vendarete kara questa fatiga et l’altre ke son per natura loro fatigate mollemente, et sunt gravate de infirmitate». Lentamente il tempo scivola e si scioglie e si dilata, profondamente solitario, installato in piena fantasmagoria e consonanza e clarità. L’altra è perduta, la mia è ferma e senza tempo, mi fugge sotto falsi nomi lungo la teoria dei meandri e contemplo allora spettacolo, mi sembra il cuore mi si spezzi, e il tempo e la speranza, la vita, i ritmi. Il fenomeno è volto a finalità immaginarie, index sui et falsi. Io sono l’immagine della pietra. È a cavallo che passo la vita, «en celo coronato cum la Vergene Maria». Desiderose, pendolari, alterne nei movimenti, le leggi della matematica razionale sono come una tempesta sul mare. Un grave percorre la sua orbita intorno al globo, era tutto un gridare di orbite intorno al globo, ma il movimento era fisso e teso, decelerato. I deliri sono provocati dalla sardonica integrità delle strade percorse, i sensi rispondono a chiunque entri, provocando uno stato speciale. «Tute quante lo sostengate», s’intenda: le cavalcature, ma anche: la quiete della morte, che sarà atto di giustizia. «In pace ka cascuna sarà regina». La strada da prendere è la stessa, l’uscita all’entrare, sempre addormentata. Qui mangio restando piegato sul collo degli alberi. Qui la voce che ho scritto fascia per un tempo troppo breve l’azione: gli adulti sono in fuga, la vita è altrove.

 

 

 

MARCO GIOVENALE

2 da corpus iuris

da giornale del viaggio in italia

 

I

anche il cieco può adottare o essere adottato, poiché taluno fu istituito erede per l’intero, intanto non può attaccare d’inofficioso, perché ha la falcidia, ma se si ottenne la vittoria, quando il principio di questa legge parla d’universalità, poiché è assai più comodo astringere l’avversario a sobbarcarsi ai pesi propri di un attore, stando altri in possesso in nome altrui, che può tagliare la selva cedua, il salceto, i pali della selva, o del canneto, dell’alluvione, finché non si numeri il prezzo, la sentenza di giuliano è più umana, dopo perduto, se locò le opere sue, istituì un servo, togliendo tutto, indeterminatamente, il muro per sostenere il peso stia così, in perpetuo, alla stessa maniera, perché non gli si può concedere condurre l’acqua, frapponendosi il fiume pubblico, la servitù della via, o se si può passare a guazzo, od abbia un ponte, è diverso se sia passato su pontoni, così la va, se il fiume corre pel fondo di un solo, indi venga il fiume, ma vediamo se la disposizione sia la stessa, se fossero comuni le case, se comprerò da te il permesso di immettere lo stillicidio dalle mie case sulle tue, e poscia, a tua saputa, ve l’abbia immesso a titolo di compra, onde si tolga ciò che illegalmente fu fatto, poiché quel che il pupillo ha è quotidiano, se corse l’acqua, nella condizione in cui era, dell’impeto del fiume, e della ruina.

[…]

 

III

in riguardo agli animali irragionevoli, se mai per effervescenza, spavento, o per ferocia abbiano cagionato un danno, in nome di altri, ci si vieta avere il cane, il porco selvatico, il cignale, l’orso, il leone lì dove ordinariamente si passi, nei gradi delle cognizioni, ristretti in nostra custodia, con animo di profittarne, delle cose che sospette sieno, il fondo cogli attrezzi, la duplicazione elide le replicazioni, è grande poi la differenza delle cose, sono in luogo di naturali, questa si chiama volgare, perché si numerano i giorni continui

 

 

ALESSANDRO BROGGI

Daily Planet

 

Nessuno ha mai avuto in mente la maggior parte di ciò che accade.
John Cage

Per vendicarsi, una prostituta violentata da un gruppo di sbandati fa quasi massacrare l’unico che l’aveva difesa. Per poter vivere l’amore che provano l’uno per l’altra, Pedro e Cati dovrebbero superare il loro attaccamento morboso. Rapito dai ribelli del Blood Brotherhood, Orked è addestrato alla guerra, drogato, indottrinato e spinto a compiere crimini orribili. Durante la dittatura di Augusto Pinochet, un movimento indipendente di fotografi cileni documenta la repressione militare e la resistenza della popolazione fotografando quello che i media ufficiali nascondono. Da oltre vent’anni l’associazione Special Olympics lavora per integrare gli handicappati mentali nella società per mezzo dello sport. In Ghana esiste un fenomeno chiamato Ayan, o “drum poetry”, dove il tamburo parla ed è considerato un vero e proprio linguaggio. Batad è una località incantevole sulle montagne terrazzate delle Filippine, dichiarata luogo a rischio della terra dal World Heritage Committee. Theo vive con un unico sogno: diventare un modello di fama e affermarsi nella società del marketing e della pubblicità. Bunny chow è una specie di pane ripieno di carne e verdure che si mangia in compagnia. Dana vive con la nonna, la madre e il fratellino, il padre è partito in cerca di lavoro e non è più tornato. Autista e narratore di storie, Abdelrazzak trasporta le persone sul suo pullmino verso un luogo nel deserto dove officia una famosa guaritrice. Chen, killer professionista, riceve le sue commissioni via Internet. Sei ragazze di Porto Said condividono un appartamento al Cairo come studentesse. Christoph lascia la moglie, la famiglia e il lavoro di avvocato per vivere in modo solitario e anonimo in un quartiere popolare di Anversa. Il giorno del suo compleanno Jeanne scopre dalla madre di avere un padre indiano. Benicio si asciuga lo sperma prima di addormentarsi sul divano. Durante il battesimo, Edo vede gli arcangeli pulire il volto di Cristo dalle ferite della sofferenza umana. Stoffer si comporta normalmente. Le donne di Haenyo, Corea, per vivere si immergono 20 metri sotto il mare e trattengono il respiro per 2-3 minuti raccogliendo frutti di mare, alghe e altri prodotti marini. Per sfuggire alla miseria e soddisfare i bisogni famigliari Mocktar decide di lavorare in una miniera d’oro del Burkina Faso. William incontra Sara in un bar chiamato “Bitter End”. Sebbene divorziata da tempo, Carla litiga di continuo con l’ex marito sotto gli occhi dei figli. La relazione con Naima conduce Sydney da un una proposta di matrimonio a una situazione di estrema indigenza. Un giorno Rebecca viene avvicinata da un uomo che la segue e le offre un passaggio. Sergej scopre di avere un male terribile, che lo porta a fare i conti con se stesso. I Samburu sono un popolo pastorale semi-nomade, con una vibrante tradizione orale e una forma di costruzione della memoria associata a oggetti, addobbi fisici e canzoni. Una famiglia – padre, madre e tre figli – è riunita per la colazione. Camminando in alta montagna Arild incontra per caso il padre di un vecchio compagno di scuola che non vede da vent’anni. Samia chiede a un ragazzo di curare il figlio mentre va a fare una nuotata. Il giovane Wolfgang Amadeus a soli cinque anni ha già una forte passione per la composizione e una vivida immaginazione. Abner e Amira attraversano in auto la periferia di Riga. Seduto di fronte al medico Dragan Ledeux non ha più dubbi: non potrà avere figli. Marco è affascinato dal mito della vecchia mafia. Un battaglione di tiratori scelti giunge nel campo di transito di Verneuil-sur-Avre, dove li attende la smobilitazione. Quique attraversa il confine e arriva negli Stati Uniti. Il pittore Rembrandt accetta con riluttanza di dipingere la milizia civica di Amsterdam in un ritratto di gruppo. Cole è un giovane americano a Parigi che si guadagna da vivere come sosia di Michael Jackson. Il rito della riesumazione dei morti è diffuso in tutto il Madagascar. Noriko da piccola non ha mai capito perché tutti parlassero d’amore, ora lavora di notte come prostituta. Aya vanga un pezzo di terra negli aridi paesaggi del massiccio dell’Aures. George W. è alle prese con la calamità dell’uragano Katrina. Norma e Kika confessano la loro relazione in un diario a quattro mani. Jamie arriva a Vancouver per far visita a un’amica che però non riesce a rintracciare. Un centro commerciale di New York in rovina è sede di un mercato delle pulci. Lotte è stata licenziata dal delfinario. Wendo Kolosoy è una leggenda della rumba congolese. Un uomo e una donna vengono sottoposti a un esperimento terrificante.

 

“… ma questo intreccio di percorsi ci preparerà, noi speriamo, a perderci tra la folla.”

(M. de Certeau)

 

 

 

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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