TECHNE.
di Andrea Migliorini
Rick Gin, dopo una lezione di greco in cui aveva ascoltato ben poco, si era convinto che anche il sesso, come la retorica, fosse una questione di tecnica. Era lunedì mattina. Nel weekend, Rick Gin aveva incollato post-it riassuntivi ai bordi delle pagine di un libro che, il sabato prima, gli era apparso in fondo alla schermata di Amazon, nei consigli basati sulla sua cronologia, dopo aver appoggiato nel carrello un pacchetto di preservativi latex-safe e una borraccia termica. Al termine della consultazione del volume, incuriosito e non del tutto soddisfatto, Rick Gin aveva scorso le pagine dei siti che quel libro – Sex for dummies – si arrischiava di definire affidabili. In breve, Rick Gin si rese conto che il grado di scienza da lui raggiunto era ormai tale da permettergli di progredire nella materia. Era tempo di visitare quei siti che l’autrice – una sessuologa americana specializzata in angolatura del pene – aveva ritenuto adatto isolare in una apposita cornice dai contorni tratteggiati che, N.B., avvertiva l’amor proprio di chi v’entrava:
SOLO PER UTENTI
ESPERTI
Spulciate le sezioni più recondite dell’ultimo sito della lista – Duffy Dick – Rick ritenne di aver chiarito gli ultimi dubbi sulle sue lacune, e si dedicò alla stesura di un programma di allenamento personale: non gli sarebbe più successo, al suo livello di preparazione teorica, così pensava, di venire dopo due minuti – misura che, con fiduciosa generosità, Rick Gin era giunto a stimare quale media delle sue performance, costretto a questi calcoli da un format online che poneva ai visitatori più curiosi un questionario circa l’annosa questione della durata del piacere.
Sebbene, allo scoccare del secondo minuto, la sua ragazza – Linda Blummy, due anni più piccola di lui – lo accarezzasse sempre con una tenerezza sfrenata e accogliente, quel lunedì, mentre tornava a casa da scuola, Rick Gin si era convinto che doveva esserci una soluzione meccanica ai suoi problemi. Gli tornarono alla memoria le parole di suo zio, primario di urologia infantile all’ospedale Baby Jesus di Vike City, pronunciate tempo addietro, a una cena di Natale: «Il pisellino, caro Rick, è un congegnetto: tutto storto, ma simpatico. Sotto la linea della pancettina sta una fune. Ecco. Questa fune, caro Rick, si collega agli occhi, e alle mani, e alla lingua. Hai presente i ponti levatoi dei castelli?, ecco, funziona più o meno così». «Dunque – pensò di nuovo Rick, ripercorrendo con la mente il discorso dello zio – Dunque, il sesso è una questione di tecnica; deve essere, una questione di tecnica». Bastava capire come.
Quel lunedì era il 23 Novembre 20**. Erano le 23.45 quando lo schermo del cellulare di Linda Blummy si illuminò: RICKY<3 le scriveva che per quella settimana non avrebbe fatto in tempo a vederla, nonostante le avesse promesso che avrebbero fatto colazione insieme mercoledì prima delle lezioni. Linda gli rispose con un messaggio conciliante: non c’erano problemi, si sarebbero visti nel weekend; qualora, ovviamente, lui fosse stato più calmo; ma mi manchi di già, così gli scrisse lei, infine, prima di spegnere il cellulare.
Rick sarebbe stato pronto a giustificarsi con miliardi di scuse: verifiche, interrogazioni a tappeto, versioni senza dizionario, la simulazione di terza prova. Ma Linda non gli aveva chiesto giustificazioni, così Rick Gin passò il tempo libero di quella settimana a rileggere i passi che aveva evidenziato nel libro della sessuologa e a navigare fra le pagine web salvate tra i preferiti. Si stupì di quanto l’alimentazione fosse importante in questo genere di processi, e organizzò un regime alimentare che unisse le ancora valide convinzioni degli antichi – riso Venere, zenzero, vino rosso – ai consigli degli specialisti d’oggigiorno: tuorli d’uovo, avocado, fettine di roast-beef crudo e così via. Si diede poi, seguendo le indicazioni di un personal trainer il cui motto di presentazione era:
Your cock
is the strongest muscle you’ve got,
a doppie sessioni di masturbazione quotidiana. La mattina cercava di sfruttare le vivide fantasie di sogni declinanti; la sera invece ripiegava su siti porno di nicchia, ripromettendosi di non saltare mai l’intro. Mai avere fretta, ammoniva Duffy Dick. Mercoledì notte, nonostante il GLORIOSO allenamento del martedì sera, Rick Gin si svegliò con una macchia biancastra, quasi giallognola, al centro delle mutande nere in microfibra di Underwearest. Fu costretto poi, con estrema difficoltà, dato il materiale, a bruciarle con dell’alcool, così come indicava, per casi del genere, la regola numero 8 del breviario di autocontrollo pelvico redatto da un blogger di nome Francesco che, su Medium, si faceva chiamare fra.legambe.
Il giovedì e il venerdì passarono tranquilli, quiescenti nella nuova routine del LEONE – si era dato questo soprannome per motivarsi, Rick Gin, come consigliava manoamica.org. Mentre il sabato, quando ormai la tensione iniziava a insistere alle porte della coscienza, Rick uscì a correre, per rilassarsi, e percorse 10,5 km in 47 minuti e 08 secondi, con una velocità media di 13.7 km/h e un dispendio calorico di 578 kcal. Il pomeriggio, per sollecitare la produzione di testosterone, seguì le linee guida di un workout che aveva individuato nel libro della sessuologia: 40 flessioni a braccia larghe, 15×4 burpees, 20 squat thrust, 3.50 minuti di plank sui gomiti.
Al termine di una notte senza macchia e senza sogni, tra i buchi delle tapparelle filtrò l’alba timida della domenica, che la madre di Rick, con ingenua fedeltà, salutava ancora come il giorno del Signore, concedendosi, per ringraziarlo, una colazione di circa tre ore, accompagnata dalla lettura integrale delle pagine culturali di The Truth. Rick aveva appuntamento a casa di Linda, che abitava sulla Settima, alle 11:30, giacché aveva letto, su manoamica.org, che l’orario preprandiale è il più indicato per gli amplessi di lunga durata. Per colazione si preparò, con il sottofondo delle sottili pagine di The Truth che giravano, un vasetto di yogurt per i grassi e fette biscottate con burro di arachidi per carboidrati e proteine. Erano le 9.30, controllò Rick, e calcolò che i tempi digestivi erano perfetti. Così mandò un messaggio di conferma a Linda, che, quando lo lesse, si mise a preparare una torta di carote e ricotta dolce.
«Vai da Linda, oggi?» chiese la madre, prima di voltare pagina, indugiando tuttavia a metà su una parola lunga, di difficile lettura. Rick scavò nel vasetto di yogurt le ultime tracce, ed emise un muggito nasale – riprodurre versi animali era, secondo fra.legambe, un buon riscaldamento per risvegliare l’atavismo dei sensi. «Che carina che è, la Linda. Speriamo solo che non si tagli di nuovo i capelli da maschietto». La madre di Rick era in grado di innescare nella coscienza di lui, con semplici frasi, a sua detta innocenti, fenomeni che alle amiche Mary Bertal – così si chiamava la madre – definiva problemi di comunicazione, mimando le virgolette con le dita. Quella volta in Rick si agitarono gli stessi demoni per i quali suo padre si era sempre rifiutato di guardare per intero Magic Mike. Ripensò al taglio a caschetto di Linda, al giorno in cui, senza avvisarlo di nulla, si era presentata a scuola coi capelli corti, e lui l’aveva trovata non soltanto più bella di prima, ma bellissima. Bellissima, pensò di nuovo, e scacciò, grattandoli a forza, i tratti ingiustamente virili che la frase di sua madre aveva apposto all’immagine di lei, come una caricatura. Avrebbe voluto litigare, ma si rese conto di non averne la forza, e si limitò a pronunciare, sillabandola, la parola difficile sulla quale la attenzione della madre si era posata fino a quel momento: GEN-TRI-FI-CA-ZIO-NE disse, e la madre sospirò di sollievo, prima di passare finalmente alla pagina successiva.
Rick tornò in camera sua, indossò le mutande in microfibra, fece una ventina di flessioni aggiuntive e uscì schiaffeggiandosi le guance: LEONE, lui era un LEONE. Il campanello di Linda suonò dieci minuti prima del previsto: Rick Gin aveva bruciato le previsioni di Google Maps, che calcolava un tragitto di 28 minuti tra le due case; lui ne impiegò 15. Scarsi. Linda lo accolse con il calore del forno ancora acceso; l’odore di carote e zucchero che pervadeva la cucina ricordò a Rick Gin quello delle mattine che seguivano le loro prime notti d’amore e, assieme, l’umiliante brevità delle sue erezioni. Non se l’aspettava, Rick Gin, quel simbolo: nessun sito aveva preso in considerazione quella eventualità, e il libro della sessuologa, come del resto si dichiarava onestamente nella prefazione, si limitava a questioni pratiche, rimandando ad altri specialisti per i problemi di natura psicologica.
Cercando di vincere il peso di quel fastidioso inconveniente, Rick trattenne il fiato per qualche istante, e sfruttò l’ossigeno incamerato per slacciare con foga il grembiule di Linda, ancora sporco di granelli di farina; lei si lamentò di quei gesti volgari, che in lui non ricordava; dapprima, con tono divertito, tentò di schermire la violenta passione di quella voglia inaspettata, ma quando le mani di Rick cominciarono a toccarla come se fosse un idolo d’argilla, lei cercò di respingerlo. Fattasi più seria, Linda chiese a Rick di aspettare un attimo: che appoggiasse lo zaino in camera, che bevesse un goccio d’acqua, che assaggiassero una fetta di torta, almeno; ma Rick, che principiava ad avvertire una sorta di patina anestetica intorno al pene, prese il preservativo dalla tasca e si slacciò la patta dei jeans; il pene tuttavia non era alto quanto s’aspettava: era ancora a mezz’altezza; formava un angolo di 90 gradi rispetto alla perpendicolare delle gambe, mentre il libro della sessuologa americana consigliava di tenerlo fra i 70 e i 45 per una penetrazione confortevole e soddisfacente.
Linda, sedutasi sul divano, si slacciò il reggiseno, cercando di indicare con la lentezza dei gesti una conciliante reticenza: poi fissò Rick, il cui corpo pareva tremare pur senza tradire alcun tremore, e ne scrutò lo sguardo, che le cadeva addosso; le cadeva, senza sosta, sui seni; Linda li coprì istintivamente con il braccio, e, mentre Rick si avvicinava, lo osservò di nuovo. Dopo un acuto istante di timore, non provò altro che compassione. Qualcosa le sciolse il guscio d’orgoglio restio che l’aveva avvolta sino a quel momento: scostò il braccio. Davanti a quei seni inutili, Rick, che tentava di reggere con l’indice e il medio il membro cadente, si fermò: «Linda» la implorò Rick, con una voce che non si conosceva. «Linda» era l’unica cosa che riusciva a dire, anche se, in teoria, lui sapeva come affrontare situazioni di stallo: fra.legambe, per esempio, suggeriva alla partner femminile di titillare i testicoli partendo dai peli; ma Rick, sopraffatto dall’odore crescente di carote e zucchero e pasta, riusciva soltanto a ripetere il nome di colei che, per prima, l’aveva iniziato al sudore dei corpi.
«Linda» disse ancora, con il tono che userebbe un giovane padre venendo a conoscenza dell’aborto inaspettato della moglie. Al nome di lei si aggiungessero lacrime di disperazione quando l’angolo acuto divenne piatto. A riposo, l’avrebbe definito la sessuologa. «Ricky» fece Linda, indossando la maglietta di lui, sconvolta dalla sincerità della compassione che provava, che animava le carezze e i sussurri: Shh. «Ricky, lascia», Shh. «Non ti preoccupare», Shh, fece Linda, con la mano sul petto di Rick, Shh, cercando di abbassare il ritmo dei respiri, Shh, salendo con il dorso della mano sino alla attaccatura dei capelli, Shh, capelli castani che tirò fino a intravederne l’origine bianca, Shh. «Io, io non so» riuscì a dire Rick Gin, fra un respiro e l’altro. Shh. «Nemmeno io» rispose Linda sorridendo, seguitando a indagare la soglia fra le ciocche e la fronte.