Caproni, Sereni, Luzi e gli altri
(Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto da Daniele Piccini, Luzi, Salerno editrice 2020)
di Daniele Piccini
Mario Luzi fa parte di una generazione forte. I poeti nati negli anni Dieci del Novecento costituiscono una leva letteraria caratterizzata da notevole vitalità e longevità, oltre che da valori espressivi di grande rilievo. Si direbbe che lastessa presenza, alle loro spalle, di maestri riconosciuti e presto classicizzati come Saba, Ungaretti e Montale invece che costituire un’ipoteca negativa, un limite, sia stata un elemento favorevole. Luzi e i suoi coetanei si muovono in una culturaflorida e vivace, in cui anche i modelli recenti della poesia italiana sono l’esempio di una possibile auto- revolezza, superati itempi di crisi e di contestazione, in letteratura, rap- presentati dalle avanguardie di inizio Novecento e dal cosiddetto crepuscolarismo. Luzi non è solo compagno di strada di altri poeti fiorentini nati nello stesso 1914, Piero Bigongiari (nato però a Navacchio) e Alessandro Parronchi, amici e sodali di gioventú e poi ancora legati tra loro per un lungo periodo, ma appartiene a una generazione che conta personalità poetiche di spicco, che animeranno l’intero secolo come, per citare alme- no i nomi principali, Attilio Bertolucci (nato nel 1911), Giorgio Caproni (nato nel 1912), Vittorio Sereni (nato nel 1913), Franco Fortini (nato nel 1917).
Questa generazione giunge alle prime prove poetiche negli anni Trenta e Quaranta e, anche se matura nel periodo fascista,1 ha modo di organizzarsi in esperienze di gruppo, come le riviste, di trovare canali di espressione e di incontro. Soprattutto, le grandi personalità citate, che avranno tutte una lunga e fertile carriera, sviluppano un rispetto reciproco, pur nelle differenze, che non fa mancare a nessuno dei protagonisti di quella stagione il riconoscimento. L’esperienza lacerante della Seconda guerra mondiale coglie questi protagonisti della storia poetica nella fase della prima maturità e contribuisce a spingerli, insieme ad altre suggestioni e necessità, ad esiti ulteriori. Essi vivono, nel dopoguerra, la trasformazione dello Stato e la nascita di una società di massa, continuando tuttavia ad attingere a fonti culturali che non vengono meno. Sarà da ricordare che per quasitutte queste personalità la cultura letteraria e poetica gravita intorno a un orizzonte piú ampio di quello italiano, nonostante la formazione avvenuta negli anni dell’autarchia di regime: vale per Bertolucci come per Caproni, per Luzi e Sereni, per Fortini, per Bigongiari e per Parronchi, non a caso tutti traduttori da altre lingue. Nell’insieme si può parlare di una generazione complessa, solida, legata internamente da rapporti di coesione, pur tra inevitabili differenze e a volte distanze tra i suoi protagonisti, distanze che non impedirono, tuttavia, l’espressione di una stima al- meno sul terreno propriamente letterario.
Per quanto riguarda Luzi, i rapporti piú saldi, costruiti soprattutto a distanza, riguardano Caproni e Sereni. Con entrambi il poeta fiorentino rimase in costante relazione epistolare.2 D’altronde Luzi è citato spesso anche nel carteggio, molto ampio e strutturato, tra Sereni e Parronchi,3 a dimostrare una sorta di costellazione amicale che uní diversi dei poeti della generazione. Anche con Bertolucci, meno strettamente legato a lui, Luzi ebbe del resto rapporti e contatti.4 Si può arrivare fino al riconoscimento, a denti stretti, di un poeta culturalmente su posizioni molto distanti da quelle luziane come Franco Fortini. Sono significativi di questa ammirazione nella distanza, di questo rispetto pur nella esibita e sottolineata differenza, due testi in particolare di Fortini: il profilo di Luzi, risalente al 1977, contenuto ne I poeti del Novecento,5 e la testimonianza riportata come introduzione ai saggi di Discorso naturale 6 (ma non si dimentichino i precedenti saggi fortiniani degli anni Cinquanta, risoluti nel segnalare l’appartenenza a una diversa cultura).7
Nemmeno un Fortini, dunque, ben poco incline alla concezione luziana del mondo e della letteratura, giudicata dall’intellettuale comunista come perpetuamente in difetto di concretezza storica e di impegno,8 può far mancare al poeta la sua ammirazione almeno tecnica, almeno letteraria (e in fondo il suo interesse per la forza di quella poesia, seppure letta da una grande distanza). Luzi è anzi additato come un interlocutore, inevitabile e presente, quanto piú sentito agli antipodi dalpunto di vista ideologico.9 Un atteggiamento simile, al limite dell’ambivalenza, anche se piú ancora connotato in senso polemico, è quello di Pasolini (nato nel 1922) nei confronti di Luzi.10 Se con personalità come queste il poeta fiorentino ottiene riconoscimento insieme a distinguo, l’ammirazione reciproca che lo lega a Caproni e a Sereni sembra scevra da contrasti di fondo, sebbene la differenza di formazione e di orientamento sia forte anche in questi casi. Nei quali, tuttavia,sembra pre- valere il comune sentimento di una lingua e di una strumentazione poetica da tutelare e difendere da ogni troppo stringente richiesta di adesione (politica o ideologica), oltre a un sincero affetto e a una autentica simpatia.11
Insomma con Caproni come con Sereni, partendo da una solida intesa sul piano personale, Luzi pare condividere la sottolineatura dell’autonomia (un’autonomia non superba, però) del fatto poetico e la consapevolezza di un comune destino, quello di essere poeti autentici in tempi difficili per la poesia. Di qui la continua messa in evidenza degli elementi dicomunione su quelli potenzialmente oppositivi, sia nell’uno come nell’altro caso, con un effetto di stabilizzazione generazionale anche negli anni, i Sessanta e Settanta, della neoavanguardia e della rinnovata contestazione ai valori letterari consolidati. Scendendo agli autori di pochi anni piú giovani, si potrebbe del resto arrivare a evocare l’ammirazione e il rispetto reciproco che legarono Luzi e Zanzotto (nato nel 1921);12 per quanto riguarda la generazione seguente, è poi significativo il costante riconoscimento critico di Giovanni Raboni, lettore sempre attento a stabilire confronti, pur nella distinzione, tra il percorso luziano e quello sereniano.13
Restringendo il punto di vista su Luzi e sul suo ambiente, negli anni del suo primo affacciarsi al mondo culturale, in una capitale intellettuale come Firenze, si noterà poi, una volta di piú, la forza e la solidarietà di un gruppo di scrittori, poeti,traduttori che matura assieme e che assieme guarda alla vita letteraria. Luzi appare insomma immerso in un gruppo, senza che questo possa togliere nulla alla specificità della sua ricerca, in una comunità in cui il suo talento e i suoi interessi si sviluppano, a contatto con altre rilevanti personalità. La “brigata” fiorentina nella quale il poeta si trova coinvolto, fin dagli anni dell’università e poi in seguito, costituisce un terreno fertile e propizio allo svolgersi della sua vocazione poetica e intellettuale. Di quel gruppo fanno del resto parte non solo poeti – tra i quali, oltre a Bigongiari e Parronchi, andrà citato il nome di Alfonso Gatto (nato nel 1909) – ma anche narratori, come Pratolini e Bilenchi, e critici, come Carlo Bo e Oreste Macrí, con i quali Luzi lavora a stretto contatto. A parte andrà poi nominata una figura appartenente alla generazione precedente, quella di Carlo Betocchi (1899), che Luzi individuò sempre come proprio maestro e che lo introdusse nel gruppo della rivista «Il Frontespizio».
Tutto ciò suggerisce la consapevolezza di un ruolo e di una presenza nella vita intellettuale del tempo, con tutti i legami e le connessioni che un ambiente fervido e vitale come quello fiorentino determina. Vorrei dire che seppure la sua giovinezza si svolse in tempi ardui e calamitosi dal punto di vista storico, Luzi appartenne a un ambiente culturalmente e intellettualmente favorevole, che avrà importanza nella stessa crescita e maturazione della sua personalità. A proposito degli interessi extra-italiani, a fargli da guida in ambito europeo saranno personalità appena richiamate, come quelle di Carlo Bo e di Oreste Macrí, e ancora quelle di Leone Traverso 14 e Renato Poggioli: il primo, Bo, soprattutto per la cultura francese, il secondo, Macrí, per quella spagnola, Traverso per la letteratura tedesca e Poggioli infine in ambito prima di tutto russo.
Circa l’impegno dei traduttori negli ambienti frequentati dal giovane poeta, Luzi stesso ne parlerà come di un fenomeno decisivo:
Effettivamente […] era un’epoca di appropriazioni coraggiose e insaziabili, fra Poggioli dagli slavi, Traverso dai tedeschi, dai greci e poi Baldi dagli inglesi, Bo dagli spagnoli, poi venne Macrí; e quindi fu un arricchimento della scena letteraria e anche del linguaggio della poesia che in quegli anni si stava rielaborando e formando, quella che si chiamò appunto la stagione ermetica o degli anni Trenta. Viene soprattutto esplorata la lingua della poesia, ma viene anche arricchita da notizie, da immagini, che vengono da lontano.15
Non c’è dubbio, in proposito, che Luzi abbia sempre avuto la coscienza di appartenere a una tradizione europea, che culmina, in campo poetico, con il simbolismo. Se nel corso della sua lunga carriera Luzi potrà poi prendere le distanze da quella temperie, lo farà sempre nella consapevolezza, anche fiera, di far parte di una storia, di avere origine all’interno di una cultura dagli snodi magari imprevedibili e dagli sviluppi non scontati, ma certo ben riconoscibile nelle sue radici. Inciò lo aiuteranno anche gli interessi di francesista, che a un certo punto Luzi potrà coltivare in ambito accademico e professionalmente, affrancandosi dall’insegnamento scolastico. Tutto concorre alla posizione di un poeta che può riconoscersi, affermare la sua identità. Essa sarà poi sottoposta a riprove, a messe in questione, a interrogativi angosciosi, ma a partire da una forte e solida autocoscienza, che è, appunto, non solo individuale, ma anche collettiva, generazionale. Sarà utile inoltre ricordare che Luzi, ben presto riconosciuto come il principale poeta del gruppo cosiddetto ermetico, andò incontro a una rapida storicizzazione, che lo fece entrare ancora molto giovane, per poi rimanervi stabilmente, nel canone della poesia italiana novecentesca.16
La ormai ricchissima bibliografia critica relativa ai vari aspetti e versanti dell’opera di Luzi ne è ulteriore riprova.17
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- In proposito ricorderà il poeta nel saggio Oggi, poesia, raccolto in M. Luzi, Discorso naturale, Milano, Garzanti, 1984, 95-100, a p. 95: «Quanto a me, io appartengo a una generazione cresciuta in epoca ostica e ostile e perciò introversa, guardinga nei confronti degli aspetti pubblici della cultura. Negli anni tra il ’30 e il ’40 in cui mi sono formato tutti i motivi che fino dal secondo Ottocento avevano creato una separazione tra il poeta e la società, tra il poeta e l’istituzione, tra il poeta e la cultura in auge si erano in Italia approfonditi e aggravati». Specifico qui una volta per tutte che le citazioni dei testi poetici luziani fatte nel presente volume provengono sempre, salvo diverso avviso, da M. Luzi, L’opera poetica, a cura e con un saggio introduttivo di S. Verdino, Milano, Mondadori, 1998, fino alla raccolta poetica Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), e da M. Luzi, Poesie ultime e ritrovate, a cura di S. Verdino, Milano, Garzanti, 2014, per le raccolte successive. Un tacito mistero. Il carteggio Vittorio Sereni–Alessandro Parronchi (1941–1982), a cura di B. Colli e Giu. Raboni, pref. di Gio. Raboni, Milano, Feltrinelli, 2004, per le raccolte successive.
- Si vedano i rispettivi carteggi, entrambi editi: M. Luzi-G. Caproni, Carissimo Giorgio, carissimo Lettere 1942–1989, a cura di S. Verdino, con unoscritto di M. Luzi, Milano, Scheiwiller, 2004; M. Luzi-V. Sereni, Le pieghe della vita. Carteggio (1940–1982), a cura di F. D’Alessandro, Torino, Aragno, 2017. Per le testimonianze materiali della frequentazione dei libri luziani da parte di Caproni si può vedere F. Miliucci, Nella biblioteca di Giorgio Caproni. Note a margine e segni di lettura dei volumi luziani, in «Paragone. Letteratura», lxv 2014, 111-13 pp. 151-62; quanto al rapporto tra i due si tenga presente L. Toppan, GiorgioCaproni et Mario Luzi, une amitié fidèle, croisée et antinomique, in «Revue des études italiennes», n.s., 62 2016, pp. 11-22.
- Un tacito mistero. Il carteggio Vittorio Sereni–Alessandro Parronchi (1941–1982), a cura di B. Colli e Giu. Raboni, pref. di Gio. Raboni, Milano, Feltrinelli, 2004. Già nella prima lettera a Parronchi, dell’8 febbraio 1941, Sereni chiede gli indirizzi di Luzi e di Gatto, per poter fare avere anche a loro il libretto in uscita per le Edizioni di «Corrente», cioè Frontiera.
- Del Bertolucci maturo si può ricordare la recensione dedicata al libro luziano Al fuoco della controversia, apparsa su «La Repubblica» il 16 giugno 1978 (con il titolo A Marilyn concupita vamp), dove si legge, proprio all’inizio del testo: «Nella generazione di poeti nati dopo che il nostro secolo ha superato la boa del primo decennio, Luzi spicca per la sua figura implicata e solitaria, partecipe e appartata» (cito l’articolo da Mario Una vita per la Cultura, a cura di L. Luisi, con la collaborazione di C. Becattelli, Fiuggi, Ente Fiuggi, 1983, p. 319). Ma in precedenza si veda la breve testimonianza intitolata Mario a Parma, raccolta con altri interventi su Luzi in «La Fiera letteraria», 14 agosto 1955, p. 5, dove dice tra l’altro Bertolucci, con riferimento alla loro frequentazione a Parma ai tempi dell’insegnamento di Luzi in quella città: «Tutta la sua poesia di quegli anni è d’esilio, e sono felice che la mia città sia stata il luogo di meditazioni che per tendere all’assoluto non affondano meno nel territorio dell’esperienza quotidiana. Cosí è possibile scoprire nell’Avvento notturno i profili delle dorate stagioni che io negli stessi anni cercavo di fermare ora per ora con la fiducia di un fotografo ambulante. Quei giorni in comune nella mia Parma al morire dell’“entro due guerre” mi han legato a Mario come a un fratello, per sempre».
- Cito dalla terza ristampa: F. Fortini, I poeti del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1981, 143-51. Si veda l’attacco del breve saggio, rappresentativo dell’insieme (pp. 143-44): «L’opera poetica di Mario Luzi è attraversata e sostenuta da una certezza che può subire oscillazioni ma tende sempre a tornare identica a se stessa: quella dell’essenza spirituale dell’universo. Ad essa conseguono: la possibilità di conoscere tale essenza indipendentemente dalla storiaumana (quindi per via di scienza e per via intuitiva), e di viverla come “verità”; la centralità drammatica del soggetto parlante; e, infine, la delega che la trascendenza conferisce al poeta. Di qui l’immutabile tono alto, di fremito pensoso, di tutta l’opera luziana».
- F. Fortini, Introduzione, in M. Luzi, Discorso naturale, Siena, Messapo, 1980, 5-9, poi in Mario Luzi. Atti del Convegno di Siena, 9-10 maggio 1981, acura di A. Serrao, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1983, pp. 49-54, da cui si cita. Per quanto riguarda il volume luziano di saggi, lo si cita sempre in seguito dall’edizione accresciuta del 1984, presso Garzanti, già in precedenza richiamata.
- Basti citare, in proposito, alcuni giudizi del saggio del 1959 su Le poesie italiane di que sti anni, dalla sezione dedicata al poeta fiorentino (in particolare a Onore del vero): «Il mondo di Luzi è quello di una economia del risparmio, anzi di una economia agrario-artigiana precapitalistica o ai margini dello sviluppo borghese […]. C’è, in questo, una inadempienza assai. Se prendo quella che è certo una delle piú belle poesie di Luzi (A mia madre dalla sua casa – ma, a mio avviso, fra le piú autentiche e ricche, bisogna citare le piú “astratte”, come Uccelli, E il lupo, La notte lava la mente) e leggo di quello scendere “piú che già non sia / profondo in questo tempo, in questo popolo”, superata la prima emozione per la forza dell’accento e per il tipo di “posizione” – in Luzi davvero inconsueta – mi chiedo che tempo, che popolo siano quelli di cui il poeta ci parla […]. E si toccherebbe cosí il limite piú grave di questa poesia: l’impossibilità, quando essa resti sul suo terreno ideologico, che è tuttavia di rifiuto della storia, di inserire, di connettere o contrapporre piú ordini di realtà terrestre, di non appiattirla davanti all’eterno ma di preservarne la pluralità e la gerarchia». D’altronde, piú oltre osserva Fortini: «Ma – e questo mi pare il punto centrale, senza del quale non si capirebbe perché Luzi, con tutti i suoi limiti e anzi proprio grazie ai suoi limiti, sia un poeta fra i pochissimi dei nostri anni – quella riduzione di obietti, quella “miseria”, è espressa con un monolinguismo tendenziale che non è piú quello della tradizione petrarchesco-leopardiana, ed è invece un altro tentativo di “volgare illustre”: una lingua quasi smorta, non espressionistica, mediana, eppure mai quotidiana» (F. Fortini, Le poesie italiane diquesti anni, ora in Id., Saggi ed epigrammi, a cura e con un saggio introduttivo di L. Lenzini e uno scritto di R. Rossanda, Milano, Mondadori, 2003, pp. 548-606; la sezione su Luzi alle pp. 572-79, la citazione è tratta dalle pp. 575-77 n. 26 e pp. 577-78; il saggio, uscito originariamente in «Il menabò», 2 1960, pp. 103-42, fu raccolto in F. Fortini, Saggi italiani, Bari, De Donato, 1974, e nella nuova ed., Milano, Garzanti, 1987; il precedente saggio da ricordare è rifuso in Di Luzi, in Id., Saggi ed epigrammi,cit., pp. 519- 27, uscito dapprima, col titolo La poesia di Mario Luzi, in «Comunità», viii 1954, 27 pp. 52-57, poi raccolto in Id., Saggi italiani, cit., prima e seconda ed. Siricordi che in Fortini, Saggi ed epigrammi, cit., pp. 1551-56, è stata ristampata anche l’Introduzione a Discorso naturale, per cui si veda la n. 6).
- Sulla formazione e la cultura di Fortini si vedano almeno – oltre alla voce di S. Foà, Lattes (Fortini), Franco, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 64 2005, pp. 31-35 – P.V. Mengaldo, Per Franco Fortini, in Id., La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 255-70 (la prima uscita in rivista del saggio risale al 1995), gli scritti di Luca Lenzini e Rossana Rossanda premessi a Fortini, Saggi ed epigrammi, cit. (utile riferimento per ulteriore bibliografia) e il volumetto «Se tu vorrai sapere…». Cinque lezioni su Franco Fortini, a cura di P. Giovannetti, Milano,Punto Rosso, 2004.
- Si veda in proposito Fortini, Introduzione, , pp. 50-51: «Per questo Luzi è sempre stato per me l’avversario ideale e continuo; quello di cui, preziosa come un rimorso, si sarebbe voluta l’amicizia. […] Di qui, con l’ammirazione costante e spesso ostinata (non di rado inesplicabile a molti dei miei vicini) perla sua poesia, anche la riluttanza, piú che alle sue formule e cadenze polemiche, a comprenderne gli orizzonti ideologici e politici, le scelte di campo e, soprattutto, le inevitabili solidarietà; riluttanza, devo dire, ben ricambiata». A Fortini Luzi dedicò a sua volta alcuni scritti, tra ritratto e memoria: Fortini: de amicitia (quadam), del 1980, infine raccolto in M. Luzi, Vero e verso, a cura di D. Piccini e D. Rondo ni, Milano, Garzanti, 2002, pp. 151-54, e Franco Fortini. «Un antagonista di se stesso», del 2004, raccolto in M. Luzi, Una voce dal bosco, a cura di R. Cassigoli, intr. di G. D’Elia, Roma, Nuova Iniziativa Editoriale, 2005 (in allegato a «L’Unità»), pp. 121-22. Presso l’Archivio del Centro Studi Mario Luzi «La barca» si conservano sedici lettere di Franco Fortini a Luzi, datate dal1958 al 1991 (si veda in proposito il sito del Centro Studi all’indirizzo http://www.nautilus-mp.com/tuscany/reticiviche/comunepienza/centroluzi/archivio.html). Lettere di Luzi a Fortini (dagli anni Trenta al 1991) sono conservate presso l’archivio del Centro Interdipartimentale di ricerca Franco Fortini in «Storia della tradizione culturale del Novecento» (http://www.sba.unisi.it/baums/fondi-archivistici/centro-studi-franco- fortini/larchivio-del-centro-il-fondo-franco-fortini). Si veda in proposito lasezione Corrispondenze con Fortini e Parronchi, a cura di L. Lenzini e E. Nencini, in Mario Luzi. Un segno indelebile. Presenze e incontri in terra di Siena, a cura di R.Nencini e L. Oliveto, Firenze, Polistampa, 2016, pp. 95-130.
- Per alcune osservazioni sul rapporto tra Pasolini e Luzi mi permetto di rimandare a D. Piccini, Impegno e “disimpegno” della poesia tra Sereni e Luzi: analisi di due testi programmatici, in «Smerilliana», 16 2014, pp. 247-64 (poi con alcune modifiche e senza ilsistema di note in Id., La gloria della lingua. Sulla sorte dei poeti e della poesia, Brescia, Morcelliana, 2019, pp. 53-69).
- Riguardo a Caproni annota il poeta in Luzi-Caproni, Carissimo Giorgio, carissimo Mario, , p. 8: «[…] Giorgio era un interlocutore piacevolissimo di non molte parole, incline spesso al mugugno, ma tutt’altro che chiuso alla meraviglia. E quell’amico, quell’interlocutore ci manca molto». A proposito di Sereni, all’indomani della sua scomparsa, scriveva Luzi: «La violenza del nostro improvviso passaggio alla condizione di posteri sbalestra il rapporto che avevamo, io ed altri suoi coetanei, instaurato con la poesia di Sereni: un rapporto che non poteva prescindere dalla umbratile e allo stesso tempo chiara presenza della persona, a sua volta ispiratrice di affetto – e questo di una specie influente sul tipo e sul grado della lettura fino a una piú o meno esplicita connivenza. Questo era ilproprio di Sereni: che piú si ritraeva nella sua discrezione piú riusciva a rendere intersoggettive e quasi pubbliche le sue ambagi e le sue inquietudini» (M.Luzi, Di una lunga familiarità, ora in Id., Di scorso naturale, cit., pp. 73-76, a p. 73).
- In proposito valga il giudizio di Luzi, che in conversazione con Mario Specchio, il quale gli suggerisce che negli anni di Nel magma giunge a maturazione anche un gruppo di altri poeti all’incirca coetanei di Luzi come Gatto, Sereni e Bertolucci, osserva: «Direi che quelli che avevano un interesse reale erano questi; dopo è venuto anche Zanzotto che è ben altra cosa, però era uno che incideva nella continuità del discorso Anche Bertolucci è un buon poeta, però meno attinente al problema, alla sostanza del discorso e della crisi del discorso che in fondo denota tutta la storia della poesia italiana e della poesia europea. Se dovessi proprio restringere direi: Caproni, Sereni e Zanzotto. Ce ne sono anche altri, certo, c’è Penna, anche lui è un poeta notevole, epoi Giudici e altri» (M. Luzi, Collo quio. Un dialogo con Mario Specchio, Milano, Garzanti, 1999, pp. 143-44). Zanzotto si interessò crome critico all’opera di Luzi(piú avanti si citerà la sua recensione a Onore del vero); è anche edito un pugno di lettere e biglietti che Zanzotto inviò a Luzi: M. Mandorlo, Andrea Zanzotto.Lettere a Mario Luzi (1958–1986). Nota al testo, in «Forum Italicum», xliv 2010, pp. 156-69 (in precedenza pubblicate su «Cenobio», lvii 2009); si veda inoltre, per una ricostruzione dei rapporti tra i due poeti, Id., Una poesia ostinata a sperare, in «Forum Italicum», xliv 2010, pp. 37-48.
- Si veda il saggio Il respiro del pensiero, in Pensiero e poesia nell’opera di Mario Luzi, scritti di Gio. Raboni et alii, con un inedito di M. Luzi, a cura di S. Mecatti, Firenze, Vallecchi, 1989, pp. 7-18, da ultimo ripreso in Gio. Raboni, La poesia che si fa. Cronaca e storia del Novecento poetico italiano 1959–2004, a cura di A. Cortellessa, Milano, Garzanti, 2005, pp. 106-15.
- Edite sono le lettere scritte da Luzi a Traverso: Una «purissima e antica amicizia». Lettere di Mario Luzi a Leone Traverso 1936–1966, a cura di A. Panicali, Manziana, Vecchiarelli,2003.
- Luzi, Colloquio, , p. 143. Riguardo all’importanza delle traduzioni per lo sviluppo della poesia italiana nel periodo che qui interessa si può vedere da ultimo il quadro tracciato da E. Esposito, Con altra voce. La traduzione letteraria tra le due guerre, Roma, Donzelli, 2018, soprattutto alle pp. 65-86.
- Basterà pensare alla precoce presenza di Luzi nei Lirici nuovi di Anceschi (L. Anceschi, Lirici Antologia, Milano, Hoepli, 1943; ristampata poi presso Mursia nel 1964); si veda la lettera luziana ad Anceschi, relativa all’allestimento in corso dell’antologia, pubblicata in M. D’Angelo, La mente innamorata. L’evoluzione poetica di Mario Luzi (1935–1966), Chieti, Noubs, 2000, pp. 87-88) e al fatto che nessuna importante antologia poetica del Novecento italiano successiva, nemmeno quella di Sanguineti, certo molto lontano dall’idea luziana di poesia (Poesia italiana del Novecento, a cura di E.Sanguineti, Torino, Einaudi, 1969), lo vedrà escluso. Semmai la figura di Luzi, acquisita al canone, è stata valutata e di- scussa, ma non accantonata. Per la presenzadi Luzi nelle antologie della poesia italiana novecentesca si veda l’elenco approntato in Luzi, L’opera poetica, cit., pp. 1840-43; si consideri inoltre S. Verdino, Le antologiedi poesia italiana del Novecento. Primi appunti e materiali, in Poesia di un secolo. Immagini e forme, incubi e sogni del ’900 italiano. Atti del Convegno di Chieti, 6-8 novembre 2000, a cura di G. Quiriconi (num. mon. di «Studi medievali e moderni», X 2006, 1), pp. 173-92.
- Per una sintesi sulla bibliografia critica relativa a Luzi si veda la specifica sezione alla fine di questo volume.