Alberi maestri
di Franca Mancinelli
ogni giorno per il taglio utile
ricominciare, e mai giungere
a se stessi –spezzata la custodia
della nascita, niente
altro che filamenti buoni al fuoco.
***
ho visto gli occhi degli alberi
nel folto una scossa
di chiarore rimasto –a vegliarci
come fitta pioggia che aspetta.
***
era inerte l’aria, percorsa da tremori e scosse. Bisognava ritrarsi, mettere in serbo la vita, sospingerla verso zone dove si aprivano sacche di quiete. Così sono cresciuto in questa forma amputata. La strada accanto puoi vedere in me come brucia.
***
non è stato intagliato
non è ancora dentro un viso.
Quando prende parola
la sua presenza trema.
***
ho iniziato a curvarmi, a prendere la strada del ritorno. Vado incontro ai fratelli che premono –mie biforcazioni notturne.
La superficie si infrange nascendo –la sfioro. Il cielo ha l’odore della mia linfa. Ho circoscritto me stesso. La mia maestosa statura.
***
dai rami della specie
la nuca, una cima
in ascolto tentenna
tutto l’andare è tornare,
un fascio di legna raccolta.
La sua fiamma mi schiuderà le mani.
***
da qui partivano vie
respirando crescevo
nel crollo, qualcosa di dolce
un incavo del tempo
tutti gli occhi che ho aperto
sono i rami che ho perso.
***
entro nella pioggia come in un bosco
–ali fittamente intessute
aperte e richiuse sotto la scorza.
Cammino, la nuca protetta
dai miei custodi, liberato lo sguardo
dalla gabbia degli occhi.
testi da: Franca Mancinelli, Tutti gli occhi che ho aperto, Marcos y Marcos 2020