Dimitri Milleri: “E se anche non chiedessi niente”
Ospito qui alcuni estratti dalla raccolta Sistemi di Dimitri Milleri, pubblicata da Interno Poesia, insieme ad un frammento della prefazione di Maria Borio.
SISTEMI
«[…] Il libro ha un titolo importante: una parola che rimanda alla fisica e alla metafisica; fa intuire che la raccolta si vorrebbe proporre come un’esplorazione fisica e metafisica della vita. Diviso in tre parti – Detentivi, Complessi e Chiusi – il libro è articolato come una specie di planetario con la forma di un’ellisse. Seguirne il percorso assomiglia al fenomeno di una reazione a rilascio prolungato, con punti contratti e distesi che rappresentano i fuochi dell’ellisse e innescano una serie di rispecchiamenti: tra coscienza e incoscienza a livello metafisico, tra mondo interno e esterno a livello fisico, tra doppie serie di contrappunto a livello musicale. Una chiave di lettura per entrare nella dinamica ellittica di Sistemi è, infatti, proprio la musica. La composizione e il ritmo, dati da fratture e ricuciture, richiamano quei brani che studiano una trama dove si allacciano lo spezzato e il flusso: Folk songs di Luciano Berio, Lo spazio inverso di Salvatore Sciarrino, In the Bleak Midwinter di Jacob Collier, Fratres di Arvo Pärt. Come ci rappresentano questi sistemi, in cui il flusso dell’esistenza si articola a uno spezzato, in cui il vivere è intramezzato da momenti di coscienza del vivere? […]»
Maria Borio
da DETENTIVI
La gerarchia delle valute, il trust, le transazioni
e il decumano, e i buoni e il cardo illimpidiscono
nel fitto della spiaggia.
Non è erroneo nei nomi dei lidi l’ammiccamento
all’Est citato male: qui il nirvana
muove da un vuoto proposizionale, cambia segno,
vuole il rituale rigido, il gesto muto, cerca
l’estuario della specie.
Diventa fede discreta: sbriciola sul volto
di chi la dice,
fonda reliquie misere:
la cassa, il tanga, il flyer, la prevendita
col santo e la risata composta.
Ci entrano dentro come l’olio nell’acqua, cercando
l’andatura più esatta, un volto buono, ma le cause,
la relazione e il senso a forza si ritraggono
coi gasteropodi nei pyrex.
da COMPLESSI
IV
O era un figlio invece quel reagente?
Se così fosse quel che è bene
è far calare la sordina:
farà da solo il feltro, ogni rimorso
si oscurerà così che il bimbo possa
lanciare calmo i missili, spargere il sale
sul crisma per sempre, come la grazia
di chi ha lavato via da sé ogni scrupolo.
da CHIUSI
Tavole nere, un’araldica
fissa sul segno meno, un giustapporsi
di cuspidi contrarie, come sai.
Geni monotoni, che poi significa
magre combinazioni.
E se anche non chiedessi niente, il corpo
abbarbicato in dure geometrie,
sarebbe già messaggio —
e quanto costi trovare i pigmenti
in questo nero davvero non so
se tu lo sappia o meno,
né so cosa sperare
“ho imparato
come i pronomi si confondano in un rito
che non si dà deviare”.
(la frase mulinata per sentire
se l’ansia di servirti non coincida
col peso da fugare)
***
Ne siamo usciti male solo questo
vorrebbero scambiarsi e non lo fanno.
Lo sanno e non lo dicono il fantasma
di aver potuto essere, cambiare:
sanno che passa, raramente appare
come un Saturno, un astro innominato.
In ogni modo l’hanno preservato
dai moti centrifughi della lingua
posticipando morti, collisioni
già consumate altrove, mentre sotto
come una velatura, mollemente
nidificava il parassita, l’evidenza
che alcune volte non puoi fare niente.