Greta Thunberg e il mondo che verrà

di Roberta Salardi

Un’asceta che in altri tempi sarebbe stata considerata una piccola santa? San Francesco in versione laica e moderna?

Una novella Antigone che si appella a leggi non scritte le cui radici affondano in un sentimento di empatia e rispetto verso tutti gli esseri viventi?

Greta si discosta molto dal modello di attivista politico sessantottino, il quale mirava allo sdoganamento di comportamenti repressi e di nuove libertà individuali. “Vietato vietare” era uno dei motti liberatori dell’epoca.

Il modo di porsi di Greta pare modellato su un altro tipo di morale. Si percepisce motivato da un forte legame con la natura, che i popoli nordici coltivano da sempre, come pure da una tradizione culturale e religiosa protestante, che responsabilizza molto i singoli, che richiede fermamente coerenza e rigore. Perché parlo di una tradizione religiosa? La sua attenzione è rivolta al pianeta vivente, non unicamente alla società. Greta è anche vegana, per esempio, probabilmente non solo per motivi strettamente ecologisti. Questi in molti casi puntano a una semplice riduzione del consumo di carne e non necessariamente a una rinuncia completa (vedi Greenpeace e altre associazioni). Greta è una figura ascetica che potrebbe sembrare d’altri tempi. Ma riproponendo l’antica questione del limite, dell’autocontrollo, particolarmente avversata dalle società iperproduttive in cui viviamo, riporta sulla scena abitudini improntate alla parsimonia che evidentemente non si possono dimenticare o trascurare, in quanto favoriscono gli equilibri dell’ecosistema.

Per non compromettere il già difficile rapporto uomo-natura, il suo impegno è esteso a tutto campo. Dice come è attenta nell’alimentazione, nei viaggi, negli acquisti. La coerenza è una parte fondamentale della sua immagine e del suo carisma: è grazie a questa coerenza inflessibile che riesce così convincente.

 

L’altro lato della medaglia, l’intransigenza, viene lasciato un po’ più nell’ombra poiché probabilmente non così gradito agli occidentali viziati dal consumismo, mentre si preferisce enfatizzare il richiamo ai potenti. Forte delle sue virtù inattaccabili, infatti, è nella posizione giusta per lanciare strali ai potenti di tutto il mondo. Non manca di sottolineare comunque, rivolta a tutti noi: “Non si può essere sostenibili solo in parte: o si è sostenibili o non lo si è”.

Nel momento in cui potrebbe rischiare di essere presa in antipatia (non per sua colpa ma perché il messaggio che porta contiene una sua severità) entra in gioco un aspetto che la differenzia da celebri figure di censori del passato, nell’iconografia anziani e accigliati. L’aspetto esteriore quasi infantile, delicato, e la giovane età non solo alludono chiaramente all’innocenza; si prestano pure a suggerire l’impressione che Greta sia facilmente controllabile e manipolabile, una specie di Pippi Calzelunghe che si può far comparire e scomparire all’occorrenza come il personaggio di un cartone animato. E’ stata questa una delle fortune del movimento: la parvenza innocua, per cui i capi politici maggiori del pianeta e le istituzioni internazionali l’hanno accettata, inclusa nelle foto di gruppo dei vertici al fine di mostrarsi amici del clima, contribuendo così alla propaganda delle sue idee. Il movimento ne ha ricavato pubblicità ma un evidente rischio di strumentalizzazione. Un esempio, l’incontro di Davos del gennaio 2020: alla presenza della finanza internazionale, l’icona-Greta figurava a garanzia di un interesse diffuso per la sostenibilità, largamente smentito dai fatti, se si va a controllare la percentuale effettiva degli investimenti finanziari delle banche nelle rinnovabili o nel fossile. Probabilmente fa piacere a tutti, potenti e popoli sparsi per un mondo che si regge ancora in discreto equilibrio strategico dopo il secondo conflitto mondiale (gettiamo un velo sulla lotta inesausta fra potenze medie e grandi, che, pur mantenendosi a intensità contenuta, ha prodotto terribili guerre mai finite; sulle ripetute crisi economiche; sulle ingiustizie sociali planetarie), l’illusione che la conversione ecologica o addirittura un cambiamento di modello di sviluppo possa avvenire in modo graduale, pacifico, razionale, progettato nei dettagli e organizzato, con costi contenuti.

 

 

Un leader tipo Che Guevara immagino suscitasse tutt’altra impressione sui suoi contemporanei: un comandante, un soldato. Agitando l’immagine di Greta credo che sia lo spettro dei conflitti e delle rivoluzioni che soprattutto si desideri tenere lontano.

Non c’è neanche da parlarne: non siamo a quel punto. Tutti sperano di non arrivarci e si concentrano sulla green economy. Sarà possibile attraversare la crisi climatica con alcuni accorgimenti tipo auto elettriche anziché inquinanti, cibo bio anziché da allevamento, locali plastic free, sigarette elettroniche e così via? Sarà sufficiente continuare a consumare scegliendo semplicemente merci un po’ meno dannose oppure occorreranno scelte drastiche anche a livello personale? Lo stile di vita viene chiamato in causa dallo stato di emergenza e dalle evidenti difficoltà a correre ai ripari con politiche globali radicali: è la volta dell’individuo a essere esaminato, interrogato, sanzionato. Se è vero che il consumismo è distruttivo, un cambiamento delle nostre abitudini, vizi e capricci è inevitabile. Dobbiamo metterlo in conto.

Amitav Ghosh tuttavia osserva: “Negli ultimi tempi, molti attivisti e persone sensibili hanno cominciato a definire il cambiamento una questione morale. E’ una sorta di ultima spiaggia, dato che appelli di altro tipo non hanno prodotto un’azione concertata sul cambiamento climatico. E così, per uno sgambetto del destino, la coscienza individuale è vista sempre più come il campo di battaglia privilegiato di un conflitto che è invece palesemente globale e richiede un’azione collettiva: è come se, esaurita ogni altra risorsa democratica, non restasse che la morale.” (La grande cecità, Neri Pozza, Vicenza 2019). Lo scrittore rimarca il problema del progressivo depotenziamento democratico nei Paesi occidentali quando dice che sono ormai “per molti versi spazi postpolitici gestiti da apparati di vario tipo. Per molte persone, ciò crea un angosciante senso di smarrimento, che si manifesta in un desiderio sempre più disperato di recuperare una vera democrazia partecipativa.” (162) In realtà secondo lo scrittore indiano nel cambiamento climatico giocano un ruolo decisivo i Paesi dell’Anglosfera (Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda), i quali ostentano indifferenza o negazionismo nei confronti dell’allarme ambientale per difendere il loro elevato standard di vita, restando dell’opinione che alla peggio i costi di questa scelta ricadranno come già in passato su una parte dell’umanità che non coincide con la loro.

Potrebbe essere che Greta anticipi lo stile di vita della decrescita che verrà, felice o infelice che sia. E’ molto probabile che una crescita continua e inarrestabile registrerà una battuta d’arresto, prima in alcuni Paesi che in altri ma a lungo andare diffusamente. L’esplorazione dello spazio non ha portato al reperimento di maggiori risorse e quelle che abbiamo, sempre più ridotte a causa della corsa all’accaparramento e allo sfruttamento sregolato, sono quelle dell’unico pianeta che abitiamo. Con l’aumento demografico e le migrazioni, inoltre, tali risorse andranno sempre di più distribuite. Mentre la sovrabbondanza di merci si trasforma rapidamente in rifiuti che non si sa più dove stoccare, come disperdere nella maniera meno pericolosa possibile. La società del boom economico, a poco più di cinquant’anni dal suo nascere, la vediamo degenerare a vista d’occhio in una società i cui eccessi non si riescono più a contenere, i cui rifiuti la natura non ha il tempo di riassorbire e che vanno a soffocare, ridurre, compromettere gravemente la capacità rigeneratrice della Terra.

Vedo dunque Greta ben più di una piccola santa adolescente: è simile a un angelo (intendendo il termine secondo l’etimologia greca), l’annunciatrice di un’era completamente diversa che sta per iniziare.

 

 

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4 Commenti

  1. Un achtung che fara’ breccia, quello di Greta. L’invito formidabile al cambio di rotta e alla coerenza di ciascuno di noi, e’ inderogabile. Non possiamo bypassare, possiamo solo riflettere sulla miopia generale e decidere di aderire e diffondere ovunque.

  2. Bel pezzo.

    Amitav Ghosh tuttavia osserva: “Negli ultimi tempi, molti attivisti e persone sensibili hanno cominciato a definire il cambiamento una questione morale. E’ una sorta di ultima spiaggia, dato che appelli di altro tipo non hanno prodotto un’azione concertata sul cambiamento climatico.” (…)
    Vero. E d’altra parte, non credo che esistano rivoluzioni che in qualche modo non si appoggino a una forma di “radicalismo morale”, che non facciano leva sulla virtù dei rivoluzionari. Inoltre, a differenza delle rivoluzioni legate a movimenti di liberazione nazionale e contro il dominio di classe, nella rivoluzione ecologica (quale che sia la forma che prenderà) non ci sono vittime da una parte e carnefici dall’altra. Ci sono semmai piccoli carnefici e grandi carnefici, ma almeno nei paesi delle grandi economie (dagli Usa alla Cina) non ci sono “vittime” innocenti. Quindi il richiamo alla responsabilità individuale mi sembra un passaggio inevitabile.

    Scrive Roberta Salardi: “La società del boom economico, a poco più di cinquant’anni dal suo nascere, la vediamo degenerare a vista d’occhio…” Questo è un altro aspetto importante, ed innegabile. E qui non si tocca solo una questione di “problemi” e “conflitti” specifici di un’epoca, ma anche il suo immaginario, il suo modo di rappresentarsi. Non c’è capitalismo senza “spirito del capitalismo”, senza un discorso ideologico che lo legittimi. E anche se i grandi carnefici del pianeta tengono ancora le redini dell’economia mondiale, hanno sempre più difficoltà a legittimare il loro operato. Il greenwashing non è solo una furbata, denota anche una posizione difensiva.

  3. LA FANCIULLA STRANIERA E LA MENTE ACCOGLIENTE…. *

    SE OGGI LA PRESENZA DELLE SIBILLE NELLA VOLTA DELLA SISTINA è ANCORA L’ELEMENTO PIU’ CURIOSO” (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5548 ) E MILLE E MILLE cieche e zoppe disposizioni sono sempre pronte ad essere rinnovate per rimuovere le molte “figure” che si affacciano alla “vita della mente” (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5908), certamente è più che lodevole e coraggiosa la testimonianza di chi accoglie “la fanciulla straniera”(Friedrich Schiller) e ne sottolinea il senso della sua venuta: “dunque Greta […] simile a un angelo (intendendo il termine secondo l’etimologia greca), l’annunciatrice di un’era completamente diversa che sta per iniziare”! O no?!

    Federico La Sala

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Giorgio Mascitelli
Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
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