Articolo precedente
Articolo successivo

Impossessioni primitive secondo movimento,

di Amandine André

traduzione di Fabiana Bartuccelli

(seguito da: In una stanza al buio tutti parlano)

 

Prima del neolitico piante animali e acqua darmi del tu e prima del neolitico aria sole e insetti permettermi in questo mondo passaggio e esistenza

Prima del neolitico organi vitali trasformati in forma animale attraverso pelle essiccata al vento e bruciata al sole ossigeno e combustione sostituendo cellule carbonio atomi e azoto con piante terra animali e acqua

 

Prima del neolitico piante animali acqua e terra sostituirmi e interiorizzarmi ed esteriorizzarmi in ogni cosa apparire e il mio ultimo respiro era il primo respiro di un corpo altro di un corpo fauna

 

Prima del neolitico niente mi chiedeva dissomiglianza e criterio ero il sogno della formica e il sonno del bambù ero la memoria del piombo e il movimento della luce

 

Prima del neolitico vivere quel che era e faceva vita con prima del neolitico darmi del tu in ogni cosa

 

Prima del neolitico il lavoro del sogno del castoro offriva al corpo un riparo per uno scheletro mobile e vibrisse per orientarsi nella notte della mia coscienza nel sogno mi guardava come un sé lo guardavo come un sé e non un questo e faceva del mio corpo un luogo abitabile

 

Prima del neolitico la linfa della pianta trafficava a una estensione del corpo-mio per un’estensione del corpo-loro al corpo-mio senza distinzione e ciò faceva del mio corpo un luogo abitabile

 

Prima del neolitico la bocca delle piante e le loro parole non erano una domanda, ogni cosa era sogno ossigeno carbonio e il suolo conteneva l’immagine e la traccia del nostro passaggio è un’anima che lavora e facevano del mio corpo un corpo abitabile

 

Prima del neolitico nessuna bocca in distinzione nessun polmone in distinzione ogni soffio attraverso ogni cosa aperta e respirante per ogni cosa aperta alla circolazione della materia e ciò faceva del mio corpo un corpo abitabile

 

Prima del neolitico l’uomo non si vedeva in ogni cosa ma ogni cosa offriva all’uomo un segno nel quale vedersi e ciò faceva sì che le vite non fossero contro le vite e ciò faceva del mio corpo un luogo abitabile

 

Quando dopo il neolitico fino ad oggi sono diventata in estinzione uguale all’orso polare di questo neolitico persistente in quest’oggi dove nuotare e lavorare sono un programma attraverso cui si muore l’orso ed io non siamo colpevoli di quel che istruisce un crimine per fare processo e ciò fa del nostro corpo un luogo invivibile

 

Quando l’orso polare ed io annegando di stanchezza senza banchisa per suolo lui innocente come la nostra forma di vita piccola sterminata dal neolitico e l’ontologia naturalista che non è noi non ci somiglia ma entra nei nostri corpi ingoia le nostre teste e sputa i nostri organi e ciò fa del nostro corpo un luogo invivibile

 

Quando il mio respiro e le parole che scrivo e che dico spariscono assieme a uccelli api e funghi

 

Quando quel che dico è detto dal movimento dell’acqua che bevo quel che mi dice io lo soffio sottoforma di segni

 

Quando entra in me e nutre di parole antiche e idrata le cellule hanno uno scambio con colui che ha pianto colui che ha sudato colui che ha urinato colui che ha parlato

 

Quando dal nostro spazio una terra sferica dai movimenti infiniti quando guardiamo verso l’extraplanetario fuori di qua cercando dell’acqua una presenza un noi-altri in marte il rosso un umano un amico mi dice mi racconta la storia dell’antica memoria dimenticata noi siamo venuti da lì perché abbiamo disseccato impoverito estenuato i suoli di lui marte il rosso il nostro passato

 

Quel che ti dico scrivilo, di notte nel mio sonno una musica mi sveglia, è un suono molto antico che producono le mie cellule

 

Quel che ti dico scrivilo, di notte nel mio sonno le mie cellule fanno musica scrivono la poesia che continua le nostre nascite

 

Quel che ti dico scrivilo, adesso tu sai io respiro e tu passi in me e tu mi abiti ovunque tu sia le mie cellule continuano un rumore è una musica che fanno con le tue cellule e tu hai bisogno che io parli perché tu senta il silenzio perché il silenzio ha bisogno di noi

 

Quel che dico che è stato detto scrivilo perché il silenzio ha bisogno di noi e noi parliamo per farlo esistere e le nostre cellule hanno bisogno del nostro silenzio perché il suono sia una musica venga a noi ci ricordi niente

 

Quel che io dico è stato scritto iscrivilo, il sole non parla non ha bocca il sole parla io sono l’immagine riflessa della sua bocca, io sono il sogno del sole e lui mi fa muovere

 

Io sono il sogno del sole, scrivilo perché mi ha scritto, lui mi leva e mi tramonta, io sono un sogno che mi precede, lui gioca in me la sua musica le mie cellule quando dormo fanno un rumore che mi sveglia è molto antico è una musica un suono nello spazio che continua la poesia

 

Io sono il sogno del sole e quel che dico e che è già stato detto scrivilo perché io sono quel che sorge dalla bocca e questa bocca è il riflesso del sogno del sole, io sorgo da me attraverso la parola e questo decide di divenire nel mondo, noi sorgiamo da noi attraverso la parola e io entro in questo me che ignoro attraverso lo scritto che tu tracci è un sogno del sole

 

È una musica che tu parli in me io entro in questo me che ignoro e la poesia va verso quel che non le ricorda niente un suono antico che le cellule emettono la luce e l’aria lo strumento che non si possiede

 

Noi sorgiamo da noi attraverso la parola e io ritorno verso quel me che non mi ricorda niente perché tu mi scrivi scrivendo quel che ti dico scrivilo ancora è una musica che fanno le cellule esse mi svegliano di notte esse sono il sogno di un astro che mi proietta nel mondo che esso rischiara

 

Io sono il sogno di un astro che mi proietta in un mondo che rischiara è una musica il prolungamento di una poesia di notte io non sono qui io sono da qualche parte in quel che mi segue un prima di cui decifro i segni

 

È un rumore che mi sveglia di notte è una musica che gli atomi le cellule e l’ossigeno fanno è una cosa che io non possiedo perché lo strumento della loro musica non porta a niente non porta da nessuna parte

 

È una cosa che ho detto che è stata già scritta che io decifro e traduco è una cosa che non possiedo che non va da nessuna parte eppure è una cosa che si sono messi a prendere e a possedere e la cui possessione è fatta per generare malessere

 

Essi vivranno nel malessere che tutte le possessioni generano, le nostre nascite lo sanno, tu lo sai io te lo scrivo voltiamo le spalle io ti aspetto ancora, noi non l’ignoriamo, è una materia è del tempo qualcosa che si sposta

 

È una cosa che ho detto che è stata già scritta che io decifro e traduco è una cosa che non possiedo ma che mi possiede perché lo strumento della loro musica non porta da nessuna parte là dove il passato apre il futuro là dove il futuro viene ad aprire il presente

 

È una cosa che ho detto che si scrive che non porta da nessuna parte e non si possiede è una musica un oggetto celeste un pianeta nano un insieme di pixels nei quali si gettano sogni è un oggetto celeste un pianeta nano la continuità di un brano musicale

 

È un rumore che mi sveglia di notte sono pixels nei quali le cellule proiettano il sogno che mi sveglia la continuità di una poesia quel che ci precede e ci segue una cosa che apre il presente che atterra

 

È un rumore mi sveglia la continuità di una forma le mie cellule fanno dell’azoto e dell’ossigeno lo strumento che non può essere posseduto è una musica un rumore che non ricorda niente la trasformazione delle particelle sottili che il giorno ha assorbito è una musica una ventola biologica

 

È una musica una ventola cosmica che le cellule fanno con l’ossigeno e i globuli rossi è cosmica è un’aria rossa è una musica marziale è una poesia nana una continuità dell’atomo dentro il fuori dei globuli rossi è microscopico dentro è il suono da prima che si scrive e non porta da nessuna parte è piacevole noi continuiamo dentro una fluttuazione di temperatura

 

Un oggetto celeste che decifro e traduco le nostre nascite lo sanno e lo continuano le cellule si dividono e si moltiplicano è organico un rumore mi sveglia è un suono una variazione di temperatura la sua fluttuazione tutto questo si propaga di notte nelle cellule organiche mi svegliano tutto questo si propaga nel plasma caldo è iscritto e tutto questo scrivilo quel che decifro e traduco

 

Un oggetto celeste non identificato che non si possiede e questo scrivilo io te lo dico è una poesia nana una musica marziale una variazione di temperatura che un irradiamento fossile porta è un rumore antico una musica fossile che non ruba le lacrime né mangia le parole e tutto questo mi sveglia di notte scrivilo tu sei il riflesso della bocca del sole esso ti leva quando io tramonto

 

I corpi celesti non hanno bocca non parlano fanno un silenzio di cui abbiamo bisogno l’irradiamento fossile è un rumore antico una musica cosmica che continua la poesia nana una poesia contribuente a una forma con degli hamsters cinesi

 

I corpi terrestri hanno la bocca dei corpi celesti è un prestito non è una possessione questo non ci impuò le nostre nascite lo sanno esse sono aperte è una bioterapia una fluttuazione della temperatura in un plasma caldo e delle cellule uovo di hamster cinese

 

Noi sorgiamo da noi attraverso la parola e l’universo entra in noi per un irradiamento fossile e io entro in lui quando tu lo scrivi perché tu non credi a quel che ci impuò il tuono lacera il viso che tu iscrivi è una fluttuazione un irradiamento fossile dei segni dispersi che si propagano che tu decifri

 

È una poesia nana la continuazione della musica fossile i poeti hanno riso e han fatto un getto di poesia nana essi hanno riso questo li faceva ridere il gettarla è un gioco questo li faceva ridere veder cadere un corpo celeste gli hanno tolto gli abiti e hanno ringraziato il maestro e la legge per la loro nuova possessione e allora hanno recitato la grande poesia fatta delle stoffe della poesia nana

 

Quel che ti dico che è già stato detto scrivilo perché io decifro e traduco l’inverno si avvicina è senza casa noi dobbiamo vestirlo e le mie mani son prese stanno tenendo una siringa i miei occhi son presi stanno calcolando l’angolo di iniezione il mio corpo è preso sta guardando la farmacia l’inverno si avvicina quel che io ti dico scrivilo il mio scheletro resiste sempre meno non ha più rifugio gli immobili del cuore distruggono i castori di notte mi sveglio sputo particelle sottili una poesia cardiaca che accelera

 

Quel che ti dico scrivilo perché noi dobbiamo vestire la poesia nuda l’inverno si avvicina è senza casa gli immobili del cuore hanno assorbito il suo irradiamento fossile la sua fluttuazione e noi scriviamo l’abito della poesia noi instoffiamo il suo pronome è una bioterapia io gli trapianto le mie cellule che fanno con l’ossigeno l’azoto e il carbonio uno strumento che non si possiede ma imita il plasma caldo nel quale si propaga una fluttuazione un’onda fossile la continuazione di una poesia una forma nana

 

 

 

 

 

In una stanza al buio tutti parlano

 

Si racconta che delle anime preesistessero ai corpi e che furono nascoste in un altro mondo. Ora emigrano di corpo in corpo. Abitano un tempo soltanto mortale.

 

Quando nonna è morta dovemmo ricoprire tutti gli specchi della stanza in cui si trovava e tutti gli specchi della casa in cui si trovava e dovemmo coprire il suo corpo con un lenzuolo sul letto in cui si trovava e dovevamo togliere alcuni oggetti e dovemmo mettere in ordine alcuni oggetti e dovevamo preparare l’acqua e dovevamo uscire fuori dalla stanza perché l’età lo esigeva. È così.

 

Quando nonno è morto all’ospedale dovevamo uscire e dovevamo uscire dall’ospedale e. Prendere l’autobus. Tutto qui. Può essere anche così.

 

Quando il cane del padre di mio padre è morto dovemmo mettere dell’acqua in un grande secchio e mettere oli profumati nell’acqua del secchio e dovevamo togliere il collare di cuoio del cane e dovemmo lavare il corpo del cane e spazzolare i peli del corpo del cane e il padre di mio padre e la madre di mio padre hanno chiesto a mio padre di cominciare a raccontarne la storia e la madre di mio padre ha raccontato la sua storia col cane e il vicino il più a sinistra nel giardino ha raccontato la sua storia col cane e il padre di mio padre ne ha raccontato a sua volta la storia e il corpo del cane era adesso un corpo di racconti e di storie poi. Ognuno di noi ha mormorato il suo nome nel suo orecchio poi abbiamo reso il suo nome alla terra poi fatto un anno di silenzio.

 

Mai fu pronunciato il suo nome in tutto questo tempo. Un anno.

 

Quando l’hamster del vicino del piano di sopra è morto i suoi genitori hanno preso una busta di plastica, hanno aperto la busta e hanno messo dentro l’hamster e hanno buttato la busta di plastica nella spazzatura.

 

Quando il pesce rosso del mio compagno di classe è morto i suoi genitori l’hanno buttato nei rifiuti. Sono andati a Giardiland. Hanno comprato lo stesso pesce. Gli hanno dato lo stesso nome. Hanno detto che era ritornato.

 

Quando l’insetto che le mie scarpe hanno schiacciato quando questo è stato scoperto dagli altri alunni. Hanno detto. Che era crudele che era una cosa da barbari e che chi aveva fatto questo sarebbe finito su BFM TV.

 

Quando l’incendio ha devastato Notre Dame quando le fiamme devastavano la foresta quando il terzo secolo e il diciannovesimo secolo si dissolvevano in fumo quando tutto spariva quando tutto spariva e con esso il discorso del presidente. Hanno detto. Che era proprio un dolore grande che era un dolore tanto grande da piangere e che tutto sarebbe stato ricostruito. Hanno detto. I soldi saranno dati e i soldi sono stati dati. Ci sono molti soldi. È così.

 

Quando la cugina della nonna della mia vicina di classe è venuta, quando, è andata al supermercato, quando, ha visto la carne in quantità quando ha visto che si prendeva senza chiedere che si prendeva senza ringraziare che si prendeva senza rendere alla terra quel che avevamo preso, è rimasta sconvolta del triste destino degli uomini di qui. Perché da lì da dove viene lei, da un mondo, da uno spazio che coesiste col nostro perché da quel luogo lì per ogni cosa presa alla natura si deve chiedere il permesso e ringraziare e ringraziare offrendo una vita a quel che si è preso alla vita.

 

Quando c’è uno specchio in una stanza, ci si avvicina si soffia l’aria calda e umida e le dita fanno delle tracce e le tracce sono segni e allora bisogna fare la stessa cosa alle finestre dell’autobus, ai vetri del tram e bisogna fare la stessa cosa alle vetrine dei negozi, allo specchio dell’ascensore.

 

Quando ti sta inseguendo chiediti se hai un corpo e chiediti se ha un corpo.

 

Che cosa hai imparato? Che cosa hai capito? Che cosa hai cercato? Poiché tutto è misterioso proprio come prima, è proprio anche così. Forse non lo so poiché ci sono dei giusti trattati in base alla condotta dei cattivi e dei cattivi trattati in base alla condotta dei giusti.

*

[Prima foto di A. Inglese, scattata all’esposizione Charlotte Perriand, Parigi, 2019]

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

“Sì”#3 Lettura a più voci

di Laura Di Corcia
È un libro, in fondo, sul desiderio; un libro che pare costituito da risposte, più che da domande. Un libro di esercizi di centratura. Ma anche un libro che mira a un’ecologia della mente e della scrittura "Sì" di Alessandro Broggi...

Da “80 fiori”

di Louis Zukofsky
Traduzione di Rita Florit. Prima traduzione italiana del più "teorico" degli oggettivisti americani.

“Si”#2 Lettura a più voci

di Renata Morresi
Un'altra voce, un'altra lettura del lavoro di Alessandro Broggi, a partire da "Sì"

“Si” #1 Lettura a più voci

di Andrea Accardi
e di Leonardo Canella
leggono "Sì" di Alessandro Broggi. Un progetto di lettura a più voci e secondo approcci anche molto diversi di un libro difficilmente classificabile.

V.C.B.*

di Giancarlo Busso 
Il cortile della cascina era in catrame. Il catrame in estate è diventato un problema, ma questo non accadeva quaranta anni fa. Arrivavano camion pieni di bestiame dalla Francia, alcuni camion avevano milioni di chilometri percorsi e potevano ancora percorrere il periplo della terra, tante volte quante era necessario per ritornare qui nel cortile di catrame.

Da “Hitchcock e l’elitropia”

di Riccardo Gabrielli
A detta del "Dictionnaire portatif" (1757) del Pernety, furono i pittori italiani che, in accordo a una fulgida polisemia, cominciarono a chiamare “pentimenti” un carattere tipico dei disegni, ossia quell’indugio, quella specie di esitazione che non è già cancellatura, bensì ventaglio di idee transitorie, simultaneità dei possibili: le teste ritorte in ogni direzione, i viluppi di braccia e gambe doppie, le stratificazioni a matita...
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: