Un noi della specie che non smette di scivolare
di Alessandra Greco
in dedica a Fernand Deligny
Caro Giorgiomaria,
gli effetti di una concertazione sono divenuti ridondanti, e non ho potuto fare a meno di scriverti, col desiderio di portarti questa mia storia, con lo stesso sentimento attraverso cui la guardo nei ricordi più cari.
Non mi allontano dal racconto biografico semplice di per sé, in cui c’è forse un desiderio di tenere vive queste corrispondenze come punti luminosi su una mappa immaginale e reale, un movimento costitutivo di accadimenti nel reticolo dei miei percorsi nel sud della Francia, terra di transiti e transumanze, siti preistorici, profonda cultura, nelle zone dove ogni dipartimento deve il proprio nome al fiume dal quale è percorso.
Dal 2005, la Linguadoca Rossiglione, divenuta Occitania undici anni più tardi, si è aperta come una grande mappa e ha accolto i nostri viaggi, i nostri ritorni, di anno in anno, sotto la guida di mio marito che va lì da trent’anni. È cominciato così per me, che normalmente non viaggio molto, un lungo periodo di itinerari nelle geografie di quei luoghi, un sentire in divenire, un’attrazione sempre maggiore.
Nel 2012, iniziai a scrivere testi che sono stati inconsapevolmente preparatori degli studi per NT (nessun tempo), uscito per Arcipelago itaca nel febbraio 2020, che è un lavoro sui luoghi intesi come spazi in cui agiscono zone di intensità, basato sulla topologia. Quadro, ne La memoria dell’acqua, Grésil sur l’eau pour faire des ronds, 2013, ne è un esempio, ispirato al testo della didascalia di una teca nella sezione dedicata agli squali del Seaquarium a Le Grau-du-Roi (Gard), durante un viaggio nel 2011.
Nel giugno del 2009, comprammo un mazet, una piccola costruzione rurale su un piccolo pezzo di terra, nel Gard. Le agenzie immobiliari vendono questi terreni come “terrain de loisir”, sono generalmente medio piccoli, destinati all’agricoltura o a pasturare il bestiame, e a seconda della collocazione edificabili o non. Da allora, ogni anno, vi torniamo. Il terreno si trova nel parco forestale delle Cevennes, e lo abbiamo denominato Juin, perché giugno è il mese che ci ha visti in relazione, noi, con quella terra.
Abbiamo comprato questo terreno molto di fretta. Ci sono state diverse ragioni, numerosi altri piccoli fatti singolari, ma ora per snellire il racconto non li riporterò. Poco a poco, abbiamo cominciato a conoscere i vicini. Siamo a 1 km 1/2 da St. Hippolyte du Fort, nel Gard, basse Cevennes, boschi di querce, lecci, castagni e gelsi da seta. St. Hippolyte du Fort è un paese di appena 4000 persone, in un punto qualsiasi della mappa, del tutto anonimo per me, e sempre mi sono chiesta come mai fossimo finiti lì, cosa volesse rivelarmi quel luogo, quale ragione più sottile, fino al 2018, quando ho capito.
André, è la persona più anziana che conosciamo residente lì, vive in una grande casa in pietra, tipiche di quella regione, a poca distanza da noi. È stato un militare francese, paracadutista, ha fatto la guerra in Indocina e in Algeria. Trascorse anche lunghi periodi in Guyana, dove viveva nel mezzo della boscaglia di pesca e di caccia e dove aveva buoni rapporti con gli Indiani Wayana e i Bonis. Quest’uomo -soprattutto- è luminoso, possiede un’aura, come nei dagherrotipi antichi: barba e capelli bianchissimi, e un forte temperamento.
André, 2014
Negli anni in cui scrivevo NT (nessun tempo), avevo guardato (anche) agli studi di Deleuze e Guattari in Millepiani, al Mnemosyne di Aby Warburg, i rivoli della ricerca mi avevano portato a Lacan (gli studi sul toro).
Un collaboratore di Lacan, Pierre Soury, consigliere topologico di Lacan insieme a Michel Thomé, mi aveva incuriosito e avevo cercato sue pubblicazioni online. Trovai un archivio dove erano inserite quasi tutte le sue pubblicazioni e i suoi disegni, un lavoro consistente, ricordo che di fronte ai tre volumi Chaines et noeuds, peraltro interamente scaricabili, scelsi di guardare il primo. In copertina c’è una foto di Soury. Alla pagina due, la didascalia, in riquadro a sinistra, riporta:
<< Pierre Soury à Saint Hippolyte du Fort, Cévennes, été 1975, photo M. Thomé >> (!!!)
Pierre Soury, archive: http://www.lutecium.org/mirror/www.valas.fr/IMG/pdf/pierre.soury.1.pdf
Nel novembre 2018, Mariasole Ariot pubblicò un tuo articolo su Deligny per Nazione Indiana. Mi incuriosii e iniziai a cercare materiali. Non so se noi siamo destinati ai luoghi, o se sono i luoghi che scelgono noi. Finalmente arrivo, trovo questo materiale in rete : http://www.jeansegura.fr/gourgas.html (la storia di Gourgas).
Riporto solo l’inizio..: Au tournant des années 60 et 70, un lieu dans les Cévennes a représenté un Eden de liberté, d’intelligence et d’imagination, Gourgas: une abbaye séculaire bâtie sur une colline perdue dans la garrigue entre Monoblet et Saint Hippolyte du Fort (dans le Gard) que le psychanalyste Félix Guattari (co-mentor de l’antipsychiatrie avec Gilles Deleuze) avait acquis en 1967.
Nel giugno seguente ne parlo con André. Non si scompone. Mi racconta che andava a caccia con Deligny e, con mio grande stupore, mi mostra sull’elenco telefonico il numero di telefono della famiglia Deligny. Mi indica sulla carta la posizione di Gourgas. E’ a sette km da noi, sulla strada per Monoblet. In effetti dal nostro terreno, in linea d’aria poco più di un km, è esattamente dietro le due montagne che ogni sera osservavo dal nostro piccolo chalet, con quella forma tutta particolare che mi ricordava quella di un sorriso..
L’elenco telefonico, Gard 2017
Andiamo alla ricerca di Gourgas, non abbiamo molto tempo Lungo la piccola statale che porta a Monoblet, seguiamo le indicazioni fin dove possibile, svoltiamo al bivio dove un piccolo cartello riporta “Gourgas”, scritto a mano. Arriviamo fin dove finisce la strada. Crediamo Gourgas sia quella grande casa. Il proprietario ci accoglie, siamo al Domaine Le Sollier, la cantina dei vini, il pavimento con le pietre fossili. Degustiamo, acquistiamo vini squisiti. I clienti che vengono lì sono anche inglesi, André vi acquista regolarmente. E quando tutti sono andati via, ci parla a lungo di Deligny e di Gourgas. La grande tenuta, appartenuta a Guattari, che non vi aveva mai abitato, al momento della sua morte fu suddivisa in tre porzioni: una divenuta Le Sollier, Gourgas, e una terza riservata ai coltivatori di bachi da seta. Gourgas si trova poco prima della tenuta Le Sollier, ed è ancora in parte attiva, gestita da allievi di Deligny. Lui lo aveva conosciuto che era un bambino …
… Immagino Jeanmari disegnare infiniti piccoli cerchi, uno dopo l’altro, coprire fogli di carta su entrambi i lati. C’è un cammino che diventa un sentiero sterrato, nel bosco dove stiamo, è la vecchia strada che porta a piedi a Monoblet. Non ho ancora visitato Gourgas, sarei voluta andare quest’anno, con più tempo e più calma davanti, se non fosse sopraggiunta la situazione difficile che stiamo vivendo oggi.
Nello scorso agosto, André mi spedì il numero 3 della rivista trimestrale Causses&Cevennes, 2019, interamente dedicato a Deligny, del quale ti inviai qualche immagine. Arrivò il giorno stesso del mio 50esimo compleanno. André era sceso per me a St. Hippolyte, nell’unica libreria del paese, dove il libraio è suo amico e chiaramente conosce bene la storia di Gourgas.
Il mio terreno confina con le terre di Guattari, le due montagnole, Les Jumelles, io le vedo davanti a me, quando mi affaccio dal piccolo chalet. Sono lì, abito lì, nella terra dei ‘partigiani’, dei combattenti algerini detti « des porteurs de valises », dei bambini di Deligny, degli artisti, dei filosofi e dei matematici di Lacan.
Forse siamo destinati ai luoghi, o forse sono i luoghi che ci scelgono. Anche il più piccolo pezzo di terra appartiene a qualcuno. E i luoghi della letteratura ricercata e studiata in quegli anni, sono venuti a coincidere esattamente sulla carta, e in questo modo particolare, con i luoghi della mia vita reale.
È quello che si direbbe un momento Kairologico, adempiuto, non cronologico, dove si vengono a creare particolari connessioni fra le cose e gli avvenimenti. Un tempo così esiste, appartiene alla coscienza ed è ricolmo di qualità ‘atemporali’, un noi della specie che non smette di scivolare nei tornanti di sé stessa.
Il piccolo mazet
Les Jumelles, dietro gli abeti e i lecci, al centro, viste dallo chalet.
Au flanc d’une vague de chênes-vert
un territoire
il ne faut pas avoir peur de la recommencer
l’histoire
sans se lasser
il était une fois des hommes, et des arbres, et de l’eau,
et des pierres
et il ne s’agit pas de l’histoire de chaque UN là mais de
celle d’un certain NOUS
une espèce de nous
un nous d’espèce qui n’en finit pas de déraper
dans les virages
du S
de soi-même
et les vagues érodées de la chaîne hercynienne
se prêtent volontiers à la présence là
de radeaux très précaires à la recherche
du commun d’avant l’un et l’autre
se nourrir alors s’écrivant ce nourrir.
(Fernand Deligny, Nous et l’innocent, Maspero, 1976)
Grazie per ricevere questa mia breve storia.
Con empatia,
Alessandra