Giordano Bruno, o la “nova filosofia”

 

di Adriano Ercolani

in conversazione con Michele Perrotta

 

 

Il 9 giugno 1889, giorno di Pentecoste, venne inaugurata nella piazza romana di Campo de’ Fiori la celebre statua in bronzo in omaggio di Giordano Bruno, realizzata dall’artista massone Ettore Ferrari, esattamente nel luogo dove avvenne il rogo del filosofo il 17 febbraio del 1600, per intuizione di Armand Lévy, uno dei carismatici agitatori della Comune di Parigi del 1871.

Solo quattro anni prima era stato formato un comitato internazionale per richiedere la costruzione del monumento, supportato da figure del livello di Victor Hugo e Michail Bakunin.

L’idea di una statua dedicata al grande eretico a poco più di un chilometro dal Vaticano aveva indotto papa Leone XIII a minacciare clamorosamente l’abbandono dell’Italia per l’Impero Austro-Ungarico: sarà un duro intervento del Presidente del Consiglio Crispi (“Sua Santità dovesse andare via dall’Italia non potrà più tornare”) a farlo ripiegare su un teatrale digiuno in ginocchio sotto la statua del capostipite in Vaticano, nel giorno dell’inaugurazione.

Dopo la sua erezione, la statua resistette al tentativo di distruzione che Pio XI voleva inserire nei Patti Lateranensi (provvidenziale fu l’amore per il Nolano di Giovanni Gentile, filosofo tenuto in alta considerazione da Mussolini) e dalla caduta del Fascismo divenne una sorta di meta di pellegrinaggio laico per i fautori del libero pensiero (pensiamo ai ricorrenti omaggi offerti dal Partito Radicale).

Ma, al di là della potenza dell’icona e della commemorazione del martirio, è corretto fare di Giordano Bruno un simbolo del pensiero laicista o addirittura una bandiera dell’ateismo?

In realtà, a studiare in maniera approfondita il pensiero del grande sapiente rinascimentale non si trova certo una negazione dell’esistenza di Dio, al contrario: “Dio è in ogni luogo e in nessuno, fondamento di tutto, di tutto governatore, non incluso nel tutto, dal tutto non escluso, di eccellenza e comprensione egli il tutto, di defilato nulla, principio generatore del tutto, fine terminante il tutto. Mezzo di congiunzione e di distinzione a tutto, centro ogni dove, fondo delle intime cose. Estremo assoluto, che misura e conchiude il tutto, egli non misurabile né pareggiabile, in cui è il tutto, e che non è in nessuno neanche in se stesso, perché individuo e la semplicità medesima, ma è sé.” (De trìplici minimo et mensura).

Dunque, va bene farne un’icona del libero pensiero, un ricercatore affrancato dai dogmi millenari di una Chiesa oscurantista, ma solo se consapevoli di quanto Bruno sia, tramite il neoplatonismo, molto più vicino alla tradizione orfico-pitagorica e cabalistica che al razionalismo illuminista.

Ne abbiamo parlato con Michele Perrotta, ricercatore e studioso di esoterismo e filosofia rinascimentale, del quale già abbiamo apprezzato un lungo trattato sulla bhakti (la devozione illuminata nella mistica induista), Krishna e la Metafisica del Divino Amore. Perrotta ha dedicato al Nolano un saggio dotto e appassionato, Giordano Bruno e la dimensione simbolica del Mondo delle idee, il cui sottotitolo recita: “Un percorso esoterico nel cuore della Nolana filosofia”.

Perrotta, dopo aver mostrato le radici della visione bruniana (il superamento della concezione aristotelico-tolemaica, il ritorno ai numeri come principi divini come nella tradizione orfico-pitagorica, la dottrina della metempsicosi nel mito platonico di Er accanto all’atomismo di Leucippo e Democrito) accosta la sua ricerca a quelle dei contemporanei Telesio e Campanella, per poi addentrarsi con competenza negli aspetti più strettamente esoterici della “nolana filosofia” (la magia naturalis, i sigilli bruniani, le connessioni con i Rosacroce).

L’interlocutore ideale, insomma, a cui proporre una riflessione critica sulla moderna mitizzazione di Bruno.

Qual è stata l’ispirazione di questo saggio?
La figura di Giordano Bruno è sempre stata presente in me sin da quando rimasi colpito dalla sua vicenda storica dodici anni fa. In lui vedevo l’incarnazione del vero ricercatore di verità, anche se i suoi trattati filosofici all’inizio mi sembravano invalicabili data la loro complessità. Piano piano, però, dopo anni e anni di studi, sono riuscito a penetrare la scorza di quella complessa forma mentis e, vedendo che altri autori avevano carpito molto del suo pensiero ma non tutto, mi sono sentito in dovere di offrire un mio contributo sull’argomento – anche perché Giordano Bruno ha un contenuto esoterico non di poco conto all’interno della sua ‘nova filosofia’.

Come riassumeresti l’importanza di Giordano Bruno nella storia del pensiero e della ricerca spirituale occidentale?

 

Giordano Bruno è il filosofo che più di tutti è riuscito a comprendere Dio infinitizzandolo. Nel mio saggio spiego come egli riuscì a percepire l’essenza stessa di tutto ciò che ci circonda: Dio in ogni atomo della creazione; perennemente vivo in ogni particella della materia. Mentre il nostro universo sta continuando ad espandersi, come ci ricorda Bruno che lo identifica come infinito (e non solo come non chiuso), l’Anima dell’universo è sempre operativa e operosa in ogni ‘minuzzeria’ (piccola cosa) all’interno della creazione.

Bruno è diventato, comprensibilmente, un’icona del pensiero libero. Farne però un santino ateo è in netta contraddizione con la sua visione mistica e filosofica, concordi?  

Concordo in pieno. Il Nolano è oltre ogni tipo di etichetta: egli è un neoplatonico, ma va ben oltre il neoplatonismo; egli è un seguace di Ermete Trismegisto e della Prisca Sapientia, ma egli va oltre tutto ciò, e così via.
Definirlo quindi ‘martire del libero pensiero’ è un volergli mettere un vestito troppo stringente, un limite a ciò che è per sua stessa natura tende ad andare oltre tutto e tutti. Poi Bruno, se vogliamo dirla tutta, era tutto fuor che ateo: non c’è filosofo occidentale che parla di Dio più di lui (nonostante il concetto di Dio nella Nolana filosofia sia qualcosa di diverso rispetto alla concezione religiosa). Addirittura per Bruno ci sono due aspetti di Dio: uno trascendente e uno comunicato, ossia riscontrabile in Natura (visibile e misurabile).

Ogni cosa che germoglia e vive nel piano fisico è per Bruno figlia della stessa sostanza divina: la materia divinizzata.

 

Quali sono le tradizioni spirituali ed ermetiche a cui Bruno ha maggiormente attinto?


Come ho accennato in precedenza, egli fu un neoplatonico e un fervente studioso dell’ermetismo, ma anche un pitagorico. Tutto il Rinascimento italiano fu in qualche modo impregnato di queste dottrine misteriche e filosofiche che hanno  contribuito a formare il pensiero bruniano. In aggiunta, Bruno ha attinto dal grande filosofo e matematico tedesco Nicola Cusano, dal Naturalismo di Bernardino Telesio e Tommaso Campanella; nella sua filosofia troviamo anche l’Atomismo di filosofi presocratici quali Leucippo e Democrito.  Ma ripeto, e questo ci tengo a sottolinearlo: Giordano Bruno va oltre tutto e tutti.


Quali sono secondo te gli “eredi” di Bruno o comunque i pensatori successivi più accostabili alla sua ricerca?                                                    

Si potrebbe pensare a filosofi naturalisti come Baruch Spinoza, il grande pensatore ebreo che mise addirittura in discussione la sua fede ebraica entrando in diatriba con la casta sacerdotale – tanto da guadagnarsi il titolo di antesignano dell’Illuminismo e della moderna esegesi biblica. Vi sono poi altri grandi iniziati ai misteri che fecero parte della confraternita dei Rosa+Croce, come Michael Maier, Robert Fludd, e molti altri illustri medici, pensatori, scienziati e filosofi. Se devo essere sincero, non vedo però un vero e proprio erede del Nolano. Bruno è una sorta di “maestro” quasi irraggiungibile dal punto di vista filosofico-esoterico; non a caso egli amava definirsi un ‘Capitano di Popoli’ e un ‘Dormitantium animorum excubitor’, ossia un risvegliatore di anime dormienti.  Nel mio saggio cerco di illustrare il suo insegnamento incentrato sulla ‘magia naturalis’ e sulla ‘Geometria sacra’ (Magia matematica).  Non è facile trovare nella storia una figura simile a lui.


Qual è il ruolo di Buno sul pensiero rinascimentale?

Filippo Giordano Bruno ha avuto un ruolo chiave in quell’epoca: è stato al centro di questioni politiche che hanno visto la sua persona entrare in contatto con le più alte personalità dell’Europa del XVI secolo; addirittura è stato accusato di essere una spia di sua maestà come l’occultista John Dee -che però Bruno non apprezzava-; il Nolano ha poi avuto il merito di portare su questo piano di realtà una visione del tutto nuova che infinitizzava il Copernicanesimo oltre che l’essenza stessa di Dio. Non è una tematica da prendere sotto gamba dato che in quei tempi si credeva ancora che il Sole girasse intorno alla terra  e che l’universo fosse chiuso (la concezione aristotelica-tolemaica).  Bruno è stato senz’ombra di dubbio un ‘protoscienziato’, un visionario: Galileo Galilei ha attinto molto dalla sua filosofia, nonostante egli tenne nascosta questa sua simpatia. L’astronomo e matematico Keplero in una lettera rimprovera Galileo per non aver mai citato Bruno nei suoi trattati (soprattutto ne Il saggiatore), dato che vi si ritrovano concetti propri della Nolana filosofia. Insomma: quest’uomo minuto di Nola dal carattere irascibile e dall’intelligenza sopraffina ha dato molto all’umanità.  Si dice(e nel mio saggio riporto le fonti) che Bruno fondò anche una confraternita esoterica, i Giordanisti, che fu l’avamposto del movimento dei Rosa+Croce, la confraternita iniziatica molto importante che nel XVII secolo cambiò la faccia dell’Europa dilaniata dalle guerre di religione e frammentata da continue divisioni.

 


Quali opere suggeriresti a un neofita per iniziare la grande avventura di esplorazione delle opere di Bruno?

Consiglierei  il Sigillus Sigillorum, il De la Causa principio et uno, il De immenso et innumerabilibus e il De Magia.  Ma, come spiego nel saggio,  l’uomo moderno deve fare vari passaggi prima di calarsi nella forma mentis di Bruno e comprendere il ‘Mondo delle idee’: la dimensione metafisica costituita da simboli e archetipi!

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1 commento

  1. Il savio e coraggioso eclettismo che non si ferma e non si sperde, ma sconfina e trascende, che tutto ode, vede e sente, e che sa connettere l’uno al molteplice e il pieno al vuoto, sciogliere il sinolo per ricomporlo in una fresca visione.

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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