A un’amica (lettera da Shanghai) # 2
[La prima puntata di questa cronaca fotografica di Shanghai durante la quarantena è qui. La seconda città più popolosa del pianeta, con più di 24 milioni di abitanti, come non è mai apparsa a occhio d’uomo.]
di Matthias Schäfer
(Traduzione dal francese di Andrea Inglese)
Messaggio del 04/02/20 15:52 à « Dove sono finiti i milioni di persone?! »
Oggi sono uscito a fare un giro in bicicletta nel quartiere e anche un po’ più lontano. Che escursione!
Una caterva di negozi e ristoranti sono chiusi (a vista d’occhio direi probabilmente il 98%), le piante sono tristi.
Pianta d’interni in un cantiere, via Huaihai 1416
Gli unici che vedi camminare per strada sono gli accompagnatori di cani o gli adepti della corsa a piedi (per altro, dev’essere gradevole correre di questi tempo – c’è spazio e non ci sono i gas sparati fuori dai tubi di scappamento, dal momento che le auto dormono).
A passeggio sulla via Fuxing, vicino alla Shanghai Symphony Orchestra Hall.
Città vecchia, vicolo Kongjia, verso l’est.
Pare che Shanghai abbia all’incirca venti milioni di abitanti…
La città mi sembra ancora più vuota dell’ultima volta che sono uscito, pochi giorni fa.
Via Zhaojiabang, verso l’est.
Via Zhaojiabang, vers l’ovest.
Via Xujiahui , vers l’ovest.
Parco Xiangyang, incrocio vie Huaihai e Xiangyang.
Ponte Lupu, verso l’est.
La città non fa rumore.
Non respira.
Dove son finiti tutti i suoi abitanti?
L’atmosfera in questo periodo è davvero un po’ fantomatica, dal momento che la situazione comincia a durare. È vero, come sempre percepisci vividamente le cose: c’è un lato doloroso, poetico e strano allo stesso tempo.
Via Fuxing, all’altezza della Shanghai Symphony Orchestra Hall.
“Ognuno a casa propria, assieme!” Questa è la massima del momento.
Non riesco a immaginare come i cittadini tedeschi o francesi avrebbero reagito se questa situazione si fosse prodotta in Germania o Francia, con un appello (non una raccomandazione con il suo tono gentile) alla popolazione affinché resti a casa, senza più vedere nessuno (né vicini né amici).
Per quel che mi riguarda continuo a vivere normalmente. Esco più o meno tutti i quattro giorni per fare delle piccole spese al supermercato e per andare anche al mercato. Dovunque si vada (ufficio postale, farmacia, check-point de residenza), viene presa la temperatura. La cosa divertente è che scopro il piccolo corpo che abito, scopro la sua temperatura estremamente flessibile, scostante: prima, arrivando al supermercato, il termometro segnava 37 gradi e quando un quarto d’ora più tardi sono arrivato al mercato, la temperatura si era abbassata di 6 gradi.
Durante i pochi spostamenti che ho fatto negli ultimi tempi, ho osservato una città immersa nella calma, certo, ma constato che la gente che incrocio è altrettanto pacata, disciplinata (la gente fa correttamente la coda, conservando una distanza notevole gli uni rispetto agli altri). Non ho mai percepito un qualsiasi momento di smarrimento o di sovreccitazione.
Comunque come ti puoi immaginare, resto calmo, non vado in panico, non compro scorte, non sono per nulla angosciato. Mi dico che è un momento di passaggio.
Confesso che trovo questa situazione piuttosto interessante da vivere così da vicino, dall’interno: osservare come tutto questo si organizzi è affascinante.
Prendiamo un esempi freschissimo. Dall’oggi al domani tutte le entrate secondarie delle residenze sono state chiuse a chiave o bloccate con delle barricate più o meno improvvisate; d’ora in poi bisogna passare per il portone principale sorvegliato dalle guardie che hanno ben poco tempo ormai per starsene con le mani in mano (di giorno come di notte – certi custodi occupano una specie di guardiola, altri sono accampati sotto piccole tende, con questo freddo…).
I guardiani misurano la temperatura di chiunque passi e registrano sui loro quaderni nome, indirizzo, numero di telefono e di passaporto, per la tracciabilità di chi fosse malato. Si capisce, è logico. Coloro che consegnano la spesa a domicilio non hanno più il permesso di varcare il portone. Sono state piazzate degli scaffali, dove le merci vengono depositate. È un’organizzazione incredibilmente efficace.
Cancello laterale di una residenza, via Shaanxi.
Custode nella sua guardiola, via Huashan.
Posto di controllo, via Zhaozhou.
Posto di controllo, via Huaihai.
Posto di controllo, via Zhaojiabang.
Un’organizzazione finalizzata a produrre il vuoto, come lo puoi constatare: piazze, sentieri, passaggi, strade, viali, persino le grandi arterie si sono svuotate della popolazione, a causa della presenza – invisibile – del virus.
Via Fuxing, verso l’est.
Via Jinling, verso l’est.
Via Huaihai, verso l’est.
Via Fuxing (vicino a via Ji’an), verso l’est.
Via Xingguo, verso le sud.
Pedalando libero e tranquillo sulla mia bicicletta blu, mi sono reso conto a un tratto che osservavo in realtà un mondo in via di « decostruzione » invece di un mondo che si costruisce. Un mondo in divenire, in costruzione, è per me un mondo che si scrive. In questo periodo, con il coronavirus, ho la sensazione che siamo piuttosto in un movimento inverso, ossia di “de-scrizione” del mondo.
Io, che sono piuttosto fiducioso nella vita, mi dico che fra tre mesi questa grande nuvola di pericolo invisibile sarà scomparsa (lo spero davvero!), probabilmente non del tutto, ma in maniera che si possa vivere, e spostarsi di nuovo normalmente.
In ogni caso, questa faccenda del coronavirus potrebbe funzionare come un segnale di pericolo. Questo periodo di confinamento permetterà sicuramente agli uni e agli altri di prendere una certa distanza per innescare una sorta d’introspezione, una riflessione che abbia per argomento noi stessi e il nostro rapporto con gli altri, il nostro rapporto con il mondo.
Lato occidentale della via Fuxing (vicino alla via Gaoyou), verso l’est.
Via Fuxing (vicino alla via Madang), verso l’est.
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Alcune foto di questa serie sono digitali (Pentax Optio P70), altre sono su pellicola (Canon EOS 10, pellicola 24×36 : Agfa Ultra 100).
bello
vero, e anche un po’ terrificante; all’inizio quando uno guarda queste prospettive viarie è affascinato, come guardando certe cartoline, ma al secondo sguardo percepisce qualcosa di glaciale, qualcosa non va… Ci sono gli alberi, l’asfalto, la segnaletica, l’azzurro del cielo, la luce…
Grazie, Andrea per la pubblicaione e traduzione, e complimenti a Matthias Schäfer, sia per le foto che per i testi a margine. Sì – bello, e anche un po’ terrificante come scrive Andrea. Ogni vuoto è terrificante.