Viaggio in direzione 270°: quando la guerra cambia la vita
Giuseppe Acconcia
Abbiamo incontrato nel suo tour italiano lo scrittore iraniano, Ahmad Dehqan, autore del libro “Viaggio in direzione 270°” (Jouvence, 2018, 274 pp, 20 euro): uno sguardo reale su una generazione straordinaria.
Il romanzo di Ahmad Dehqan sulla guerra che tra il 1981 e il 1988 ha dilaniato Iran e Iraq appare come una saga familiare. “La guerra senza la presenza della famiglia non esiste. Sarebbe solo nella mia mente. La guerra non è soltanto uccidere e essere uccisi, spararsi dai fronti. Le persone sono presenti nella guerra. Si può dire che le persone che sono presenti nella guerra sono rappresentanti di una famiglia. Alle spalle di queste persone ci sono altrettante famiglie. Se nel parlare della guerra dimenticassimo di parlare delle famiglie, avremmo una visione molto bassa della guerra. Per esempio, Rumi, poeta immenso e grande intellettuale della poesia persiana dice che: “Ciascuno di questi cento frammenti di specchio sono un soldato”. Quando prendono posto uno accanto all’altro riescono a rendere l’immagine completa e migliore. Ritengo che la storia senza la presenza della famiglia sia una storia monca. L’immagine della famiglia di Nasser all’interno del romanzo può rappresentare al meglio tutte le famiglie dei soldati che hanno partecipato alla guerra”.
Nelle pagine si respira la violenza della guerra ma anche una grande umanità. “Questo è un punto centrale in tutte le storie che scrivo. Perché la guerra senza un punto di vista umano è soltanto una carneficina selvaggia. Nella prima guerra mondiale hanno preso parte alla guerra migliaia di soldati italiani. Se non utilizziamo il nostro filtro umano ci troveremo solo di fronte a una carneficina. Il compito di un artista e scrittore è di donare allo spettatore un punto di vista umano. Ho sempre cercato di portare questo punto di vista e non dimenticarlo mai. Se non riuscissi o dimenticassi di farlo non avrebbe senso fare lo scrittore”.
Questo libro è un racconto di guerra arricchito da bellissime descrizioni. “La guerra Iran-Iraq è un fatto storico di otto anni e tutti in guerra hanno come prima speranza che il conflitto termini quanto prima. Quando la guerra è iniziata sono stati occupati migliaia di chilometri quadrati di territorio iraniano. Quando la guerra è finita avevamo recuperato le zone occupate, i soldati sono rientrati. Hanno ripreso il corso della propria vita. Posso dire che sono venuto al mondo come scrittore dopo la guerra. Ho deciso di dedicarmi nella mia scrittura al tema della guerra. Non sono uno storico, ma ho interesse a dedicarmi alla guerra con un punto di vista storico. Sono uno scrittore che si serve della guerra per scrivere, dell’umanità e dell’uomo all’interno della guerra. Volevo raccontare una guerra nuova, una guerra originale. Nasser entra nella guerra più autentica della sua vita. E con lui la sua famiglia. Vivono i momenti più amari della loro esistenza e quando alla fine Nasser esce dall’operazione Karbala 5, il suo nome è sempre lo stesso ma si può dire che sia un altro uomo, con un bagaglio. Se non fosse entrato in quella guerra quel bagaglio non ce l’avrebbe”.
Il testo ha spesso anche un andamento diaristico. “Certamente è un romanzo con tutte le particolarità del romanzo e con un largo impegno dell’immaginazione. C’è un grande lavoro di ricostruzione storica ma le mie esperienze personali sono altrettanto importanti. Se non avessi avuto esperienze di guerra sarei diventato ingegnere addetto alle telecomunicazioni. Ogni scrittore è alla ricerca di grandi avvenimenti e si mette costantemente in gioco. Il mio passato al fronte mi ha permesso di diventare uno scrittore”.
La guerra viene vissuta dai personaggi come una forma di riscatto. “Sicuramente. Il suo sguardo è tale che vede crescere non solo se stesso ma anche gli altri. Lui vede Rasul all’inizio del romanzo che ha molta paura. Nel momento in cui Nasser resta ferito, guarda Rasul ma non ha paura. Rasul non compirà mirabolanti azioni, anche solo alzarsi, scoprire e sparare colpi in aria si possono considerare risultati di una crescita. La guerra fa evolvere gli uomini. Quando sia Nasser sia Rasul vedono cose nuove non sono più gli stessi uomini dell’inizio”.
Quali sono gli scrittori che più hanno influenzato il percorso di autore di Ahmad Dehqan? “Uno scrittore non diventa scrittore da sé, deve issarsi sulle spalle di altri scrittori. Lo sguardo fantastico di Hafez mi ha aiutato molto, lo sguardo costantemente alla ricerca di Hemingway e Malaparte, insieme al profeta di tutti gli scrittori: Tolstoj”.
La figura dei martiri del conflitto tra Iran e Iraq è stata spesso usata con un significato politico dopo la guerra. “Gli uomini che sono andati in guerra erano tutti volontari, sono andati a combattere per liberare il territorio occupato. Nessuno di questi ha pensato di servirsi del pretesto della guerra perché si parlasse di loro o che il loro nome venisse elevato. Ed è per questo motivo che quando parlo di loro mi tolgo il cappello e scrivo le loro storie”.
Sul linguaggio che Dehqan ha utilizzato nel suo romanzo abbiamo discusso con il traduttore, Michele Marelli. “Usa un lessico di guerra che i giovani iraniani di oggi non usano più. Ricalca espressioni e terminologia in uso negli anni ’80 pur rimanendo lontano dagli stereotipi della letteratura propagandistica”, ci ha spiegato il traduttore.
“Molti termini sono rimasti nella lingua persiana perché sono intraducibili, rendono i colori dell’Iran, mi riferisco anche alle espressioni che si riferiscono a termini religiosi che rimandano a un lessico persiano piuttosto che arabo”, ha aggiunto Marelli.
Dopo il successo della raccolta di racconti Jasnhe Jang (Festa di guerra), Ahmad Dehqan sta scrivendo un nuovo romanzo che racconta gli ultimi giorni della guerra. Michele Marelli sta invece traducendo in italiano uno dei libri più famosi di Ahmad “Sono l’assassino di suo figlio” (2007) da cui è tratto il film “Il premio del silenzio” con Parviz Parastui e Makhtab Keramati.
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Sarebbe interessare sapere dall’autore del libro nonchè da Giuseppe Acconcia cosa pensano della situazione attuale in Iran; questo perchè , da un lato c’è una protesta sociale che inizia a farsi sentire di nuovo ed è contestualmente repressa dal regime; dall’altro c’è la situazione geopolitica internazionale che, dopo la scellerata decisione di Trump di annullare gli accordi sul nucleare con il colpevole silenzio dell’Europa, rende l’Iran in un certo senso più vicino, perchè capiamo che le sanzioni americani non possono che provocare danni coma la solito alla popolazione civile
A conclusione di tutto ciò mi chiedo con curiosità quali scrittori ospiterà il salone del Libro 2020 dedicato alla letteratura iraniana( anti-regime, proregime, etc…), sperando chiaramente da un lato che fino a maggio non ci siano sorprese in Medio Oriente e dall’altro, ironicamente, che l’ayatollah Raimo riesca a placare la sua smania di protagonismo