Hommage à Cosimo Cinieri
di
Lucio Saviani
Mercoledì 21agosto, a Roma, al Campidoglio, tanti amici si sono raccolti a salutare il grande Cosimo Cinieri nella Camera Ardente allestita nella Sala del Carroccio. Questo che segue è il mio discorso che ho letto per Cosimo.
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Oggi stiamo salutando un grande attore, un grande protagonista e testimone non solo della scena teatrale ma della cultura italiana degli ultimi cinquanta anni.
Ma noi stiamo anche ricordando la meraviglia, l’entusiasmo, la curiosità, l’ironia, il lampo, la dolcezza, l’empatia, l’intuizione, la filìa che Cosimo Cinieri dovunque andasse, in qualunque stanza entrasse, sempre portava con sé.
Con la sua signorilità d’animo, la sua raffinata e rispettosa sensibilità, oggi così tanto rara ovunque, che ogni volta tutti ci sentivamo addosso, e veniva dai suoi occhi e dalla sua voce.
Un grande attore lo si riconosce dal suo modo di uscire di scena. E insegna proprio questo, a tutti quelli che calcano le tavole e la scena del mondo.
Caro Cosimo, ti sarebbe piaciuto molto, ne sono sicuro. E’ un aneddoto che racconta di due uscite di scena. C’è il grande Socrate, che muore in catene ma libero, rinunciando al piano di fuga dei suoi discepoli: sopravvivere sarebbe stato un naufragare, e morire un continuare a essere stesso. E poi c’è Protagora, meno grande, che accusato di empietà sfugge al processo, scappa da Atene e muore in un naufragio.
Caro Cosimo, ti piacevano i naufragi, ma di un altro tipo. Dicevi che avresti voluto morire con un primo vagito.
Di naufragi tu hai parlato, cantato, raccontato, come nella tua grandiosa Ode marittima, o come nel nostro spettacolo su Nietzsche, con quella tua grande finale uscita di scena cantando la stessa canzone napoletana che il filosofo cantò uscendo di scena, nel suo naufragio torinese.
Cosimo, io ti sono così tanto grato, per la tua presenza così preziosa, così puntuale ai nostri seminari, alle lezioni, ai nostri dialoghi.
Per sempre ti sarò grato per il tuo affetto e la grande amicizia per me e per Ruzenka.
Ma, più di tutto, ti sarò grato per quell’ultima parola che, pochi giorni fa, ti sentii pronunciare mentre andavo via. Senza voltarmi, ti ho sentito dire: “Grazie”. Era a me? A Domenico Zampaglione, che era con me? A Irma, al pubblico, al mondo?…
Nel tuo navigare dolce, per le carezze di Irma, era ancora una volta la tua grande uscita di scena.
E io ora, caro Cosimo, sono qui, a nome di tutti noi, a dire a te, e per sempre: “Grazie”.