Popcorn e imbarbarimento
di Giorgio Mascitelli
Vedendo le immagini della comandante della Sea Watch che scendeva dalla nave arrestata dagli uomini della guardia di finanza, mi è venuta in mente la battuta di Renzi dell’anno scorso sul fatto che con il nuovo governo si sarebbe seduto comodamente coi popcorn in mano a vedere cosa avrebbero combinato. Questa battuta è più profonda ed emblematica di quanto pensi il suo autore perché rappresenta non solo il suo pensiero, ancorché un certo tipo di tronfieria che la caratterizza sia tipicamente renziana, ma il coronamento o, per parlar da professorone, l’entelechia di un’intera classe dirigente. L’immagine dei popcorn suggerisce infatti sia l’idea di una politica da spettatori, senza partecipazione delle persone, sia quella che le cose che accadranno in Italia a causa di questo governo infondo non tocchino lo spettatore, come se non ne pagasse lui le conseguenze, cosa che probabilmente per le nostre classi dirigenti è vera.
Quella dei popcorn è anche un’opzione strategica che significa nessun ripensamento sul passato, ma attesa semplicemente degli errori dell’attuale governo perché la politica non è altro che amministrazione più o meno abile dell’esistente che non può essere messo in discussione. Eppure in Europa se l’imbarbarimento avanza, è anche grazie a questa idea narcisista e autolesionista delle classi dirigenti, con l’aggiunta tutta italiana dell’illusione che questo governo, o altri ancora peggiori che si profilano, finirà esattamente come finisce un film magari quando sono terminati anche i popcorn.
Si dà il caso invece che nel governo ci sia un comunicatore veramente bravo nel suo ramo che ha già spiegato che vuole governare per trent’anni, e tra l’altro i seguaci della strategia del popcorn sono anche convinti che si tratti del male minore rispetto ai cinquestelle. I risultati di questo modo di approcciarsi si vedono con il caso della Sea Watch: il ministro degli interni, in disprezzo delle norme internazionali che regolano la navigazione, costruisce un caso mediatico su una nave che ha salvato dei naufraghi per distrarre l’opinione pubblica dai tagli alla spesa che il governo deve fare per non incorrere nelle procedure d’infrazione dell’Unione dopo aver solennemente assicurato che lui dell’Europa se ne frega. I rappresentanti della strategia del popcorn, invece di smascherare il gioco illusionistico e di fare delle controproposte sulla finanziaria, mandano alcuni loro esponenti sulla nave finendo con il favorire la diffusione dell’interpretazione tendenziosa che tale nave non ha salvato delle persone, ma è inviata apposta per mettere in difficoltà il governo. Risultato, nonostante Salvini abbia sostenuto tesi prive di riscontro e sia sceso a più miti consigli nei suoi rapporti con l’Unione, guadagna consensi come l’uomo tutto d’un pezzo che non si piega ai diktat europei.
Benché l’Italia sia un paese senza prospettive economiche in cui la crisi demografica sta incidendo come durante una guerra, una parte cospicua della popolazione, potenzialmente maggioritaria, non è poi così disponibile a lasciarsi incantare da giochi illusionistici, ma non per questo è disposta ad appoggiare un’opposizione che tramite la strategia dei popcorn mostra di volere solo il ritorno al passato sentito con ragione come altrettanto minaccioso. Occorre, se si vuole contrastare quell’imbarbarimento di cui gli insulti a Carola Rackete sono un sintomo, indagare con umiltà le problematiche che affliggono le fasce medio basse della popolazione italiana e fornire proposte concrete alternative ai risarcimenti simbolici per l’impoverimento collettivo offerti con gran dovizia dal comunicatore
Almeno è che così che la vedo io, ma a me il popcorn non è mai piaciuto.
POPCORN E RIMBAMBIMENTO, direi ….
NONOSTANTE GALILEI E PASCAL (“Vous êtes embarqués”) ed EINSTEIN, a quanto pare, in Italia soprattutto il consumo di “popcorn” va fortissimo e la teorizzazione del gioco del “NAUFRAGIO CON SPETTATORE. Paradigma di una metafora dell’esistenza” (Hans Blumenberg) anche! E non si vede affatto né che si è tutti e tutte nella stessa BARCA/TERRA né per nulla che già da tempo è iniziata l’epoca dei “NAUFRAGI SENZA SPETTATORI. L’idea del progresso” (Paolo Rossi).
NOTA:
ALLA LUCE del nostro tempestoso presente storico (e della “barbarie ritornata”), non è male (mia opinione e mio invito) rileggere il ricco e complesso lavoro sociologico-politico (altro che “romanzo”!) di Carlo Levi, “Cristo si è fermato ad Eboli”, e soffermarsi – in particolare – sul passaggio relativo alla “Ditta Renzi – Torino”, alle tasse, e alle capre (pp. 40-42, Einaudi, Torino 2010 – in rete) […] Il ’passaggio’ offre un ‘cortocircuito’ tra la “Ditta Renzi” di ieri (1935-1936) e la “Ditta Renzi” di oggi (1994-2014), una sintesi eccezionale della “cecità” di lunga durata delle classi “dirigenti” del nostro Paese, e ricorda a tutti e a tutte come e quanto, ieri come oggi, ” (…) quello che noi chiamiamo questione meridionale non è altro che il problema dello Stato (…) (p. 220, cit.). E non solo: “È significativo che l’espressione di Tertulliano: “Il cristiano è un altro Cristo”, sia diventata: “Il prete è un altro Cristo”” (Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers, 2010)!
Il discorso è di lunga durata e investe le strutture stesse dellla cultura europea e planetaria: nel Cristo si è fermato a Eboli, c’è “la scoperta prima di un mondo nascente e delle sue dimensioni, e del rapporto di amore che solo rende possibile la conoscenza” (C. Levi, Le parole sono pietre. Tre giornate in Sicilia, “Introduzione” [1955], Einaudi, Torino 1978) […] (cfr. LA LEZIONE DI CARLO LEVI – OGGI: LA “DITTA RENZI” (DI TORINO) AD ALIANO (MATERA). Un invito alla ri-lettura di “Cristo si è fermato ad Eboli” – http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5779).
Federico La Sala