Teoria e tecnica dell’arresto illegale

di Michele Frisia

Roma, data protocollo

Da: Ufficio Centrale Analisi Dissidenze

A: Signori Questori, loro sedi

Riservato, personale, non divulgare

Sono giunti a questo Ufficio numerose segnalazioni riguardo a episodi di spiacevole insubordinazione, ad opera di Agenti di Pubblica Sicurezza appartenenti ai ruoli Agenti, Assistenti, Sovrintendenti e Ispettori, che si sarebbero rifiutati di eseguire ordini impartiti dai rispettivi Dirigenti, anche di ruolo apicale. In particolare si assiste sempre più spesso al rifiuto, immotivato e immotivabile, di eseguire gli arresti comandati dai vertici provinciali (leggasi Questori), sulla scorta di un’asserita incompetenza di questi ultimi a svolgere attività di Polizia Giudiziaria e di conseguenza a interferire con detti arresti.

Questo Ufficio ha quindi ritenuto opportuno emanare le presenti linee guida al fine di arginare un malcostume che, se dovesse diffondersi in maniera incontrollata, minerebbe il fondamento stesso del buon andamento della nostra Amministrazione.

Si rammenta, in modo preliminare, che effettivamente la normativa in materia di procedura penale priverebbe i Questori (e i Vice Questori Vicari di conseguenza) dei poteri di Polizia Giudiziaria e pertanto della concreta possibilità di intervenire in maniera ufficiale sull’atto di arresto. Pertanto si dispone che ogni ordine connesso venga emanato in maniera orale e mai per iscritto; e preferibilmente per interposta persona, da scegliersi fra quelle di maggior riservatezza, fiducia e comprovata fedeltà. (Si rammenta infatti che non è opportuno che i vertici dell’Amministrazione e le relative disposizioni figurino negli atti di arresto, neppure de relato).

Ciò nonostante, si è dovuto prendere atto che la semplice emanazione di ordini, diretti o indiretti, spesso non è sufficiente a convincere il personale operante (Agenti, Assistenti, Sovrintendenti o Ispettori) a modificare l’orientamento individuale e l’interpretazione della normativa, fino ad adeguarli ai bisogni dell’Amministrazione. Il personale operante infatti, trincerandosi dietro alle norme del Codice di Procedura Penale (in vigore, come noto, dal 24 ottobre 1989), sovente sostiene che, figurando nominativamente sui verbali di arresto e firmando direttamente gli stessi, sarebbe chiamato a rispondere in prima persona di eventuali abusi o irregolarità di fronte all’Autorità Giudiziaria. E sovente il personale lamenta, al contrario, che la catena di comando a lui superiore (Commissario Capo, Vice Questore Aggiunto, Dirigente di Divisione, Vicario e Questore), non figurando sugli atti e non firmando gli stessi, andrebbe immune da ogni responsabilità.

Appare di manifesta evidenza, invece, che sussistono casi in cui è fondamentale, per la tutela della Pubblica Sicurezza, che l’esecuzione di un arresto, qualora frutto di ordine superiore, venga portata a compimento senza indugio alcuno.

Si va in tal modo configurando un paradosso, pericoloso per la tenuta stessa del sistema democratico, secondo il quale un subordinato avrebbe la possibilità di inottemperare alle disposizioni di un superiore gerarchico, perfino di un’Autorità Provinciale di Pubblica Sicurezza quale è un Questore della Repubblica, sfruttando dettagli e minuzie del sistema normativo e in particolare i cavilli del vigente Codice di Procedura Penale.

Tale però è purtroppo la parossistica situazione di stallo che si viene a creare quando taluni operatori (Agenti, Assistenti, Sovrintendenti o Ispettori) si arroccano sulle relative prese di posizione; contro le quali, per inciso, l’irrogazione di una successiva sanzione disciplinare sarebbe difficoltosa (a causa di un evidente buco normativo) e comunque tardiva.

Poiché non si può prevedere il momento nel quale sarà necessario ottenere una solerte e certa aderenza alle disposizioni impartite dalla catena di comando (la necessità di un arresto può manifestarsi infatti in qualunque momento), appare necessario attivarsi per tempo e creare un clima di sufficiente collaborazione all’interno della Questura.

Si dispone pertanto che in ogni ufficio periferico si attuino fin da subito le presenti linee guida, secondo i seguenti punti.

1. Si deve procedere a far impartire, tramite individui di comprovata fiducia, al personale degli uffici operativi e investigativi, ordini eventualmente contraddittori ma comunque invisi al destinatario, al fine di valutare le reazioni dello stesso e le relative modalità di esecuzione di detti ordini. Qualora il personale operante si rifiuti, o procrastini, o esegua ma successivamente si lamenti in maniera inopportuna o nelle sedi meno consone, si dovrà procedere alla rimozione dall’incarico e allo spostamento verso compiti preferibilmente svilenti (sorveglianza del corpo di guardia, ufficio denunce, sportello dell’ufficio immigrazione, archivio, etc). Si rammenta in tal senso che il trasferimento interno del personale è atto proprio del Questore, il quale lo può disporre a proprio piacimento, senza possibilità alcuna di sindacato. Al fine di evitare comunque eventuali ricorsi amministrativi nonché problematiche di natura sindacale, si prega di voler disporre tali movimenti accompagnandoli con la dicitura generica: “Per esigenze di servizio”.

2. Appare opportuno sottoporre a sorveglianza gli Agenti, Assistenti, Sovrintendenti e Ispettori caratterizzati da una maggior influenza sul resto del personale (per anzianità, prestigio, trascorsi, etc), soprattutto negli uffici operativi e investigativi, e valutarne il grado di congruità all’orientamento dei vertici provinciali. Qualora tale congruità sia manchevole o anche solo insufficiente, si dovrà procedere alla rimozione degli stessi dagli incarichi.

3. Può accadere che la rimozione dei soggetti di cui ai punti precedenti sia difficoltosa, sconveniente o addirittura impossibile. Ciò può essere causato dall’esistenza di guarentigie sindacali, dallo stato di gravidanza, dall’esistenza di malattie professionali, da particolare vicinanza a membri dell’Apparato Giudiziario o da altri motivi di opportunità. In tal caso è preferibile ignorare questi soggetti primari e procedere invece alla rimozione dei soggetti secondari, caratterizzati da rapporti di vicinanza ai primari, quali ad esempio stretta collaborazione se non addirittura amicizia extra-lavorativa. Ciò otterrà un duplice risultato: quello di isolare il soggetto primario, nonché quello esposto al successivo punto 4.

4. A quanto indicato nei punti precedenti appare imperativo affiancare la diffusione, secondo opportuni canali, di notizie informali relative alla rimozione dei succitati operatori, che persegua contemporaneamente due direttrici. Da una parte la rimozione va motivata con episodi incresciosi, o comunque denigratori della persona, che sarebbero occorsi al soggetto ma sarebbero stati generosamente occultati dall’Amministrazione per motivi di opportunità (non ultimo il prestigio dell’Istituzione) in cambio della rimozione dall’incarico. Tali episodi debbono essere ideati tenendo in adeguato conto la personalità del soggetto, il suo stile di vita, le dicerie già esistenti, etc, in modo da renderli il più possibile credibili. Si suggerisce di evitare eccessivi dettagli che ben possono essere colmati dall’immaginazione del ricevente. Al contempo deve però emergere, in modo sottile ma evidente, che tali incresciosi episodi non sono il reale motivo della rimozione dall’incarico, la quale va invece ravvisata nella mancata aderenza dello stile operativo del soggetto a quello dei vertici dell’Amministrazione.

Le azioni indicate nei punti precedenti vanno poste in essere a far data dalla ricezione della presente e reiterate per il tempo necessario.

Se le istruzioni impartite saranno eseguite con solerzia e costanza, quando si manifesterà la necessità di procedere a un arresto, il personale a quel tempo impiegato nei servizi operativi e investigativi ben sarà conscio dell’orientamento della catena di comando (Commissario Capo, Vice Questore Aggiunto, Dirigente di Divisione, Vicario e Questore) e gli ordini impartiti saranno recepiti senza impedimento alcuno.

Con preghiera di doverosa osservanza, si prega di assicurare la ricezione della presente riguardo alla quale è opportuno, in caso di contenzioso giurisidizionale, opporre il segreto d’ufficio.

Originale firmato agli atti

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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