Dai frutti un sangue. I quaderni del vino di Lorenzo Bastida
«Semplicemente dei versi, ossessivi e mi auguro inattuali, sulla malattia e la morte di una madre. Che si tratti di Letizia Gianformaggio, figura non secondaria della filosofia giuridica e della cultura femminista, è accidente decisivo; ma pur sempre un accidente. Devo scusarmi con gli amici che ne cercassero qui un ritratto. La distanza necessaria a tratteggiarlo è tutt’ora inaccessibile alla mia sensibilità di bambino viziato: viziato, beninteso, dal privilegio di aver avuto una madre severa. Il mito, del resto, mi è sempre parso capace di un più elevato coefficiente di verità rispetto allo psicologismo. […] Ho cercato, credetemi, di rivolgermi anche a voi, anche a chi è ancora in vita. Ma i libri di poesie nascono spesso già morti: e questo soprattutto, che continuamente riscrivo e senza fine riscriverò.»
Lorenzo Bastida, dall’introduzione a I Quaderni del Vino, Arcipelago Itaca, 2017, di cui pubblico di seguito tre poesie.
La roccia madre
nei terreni di posto
determina il prodotto della vite.
Dice: dai frutti
mi riconoscerete,
con certo margine di deviazione.
Dai frutti un sangue
– riflessi consistenza odore –
purché sappiate e compitiate come,
quanto dimenticare.
***
Ma no, non è ch’io ami questo fiore
più di tutti gli altri fiori:
è che, finito questo,
non ci sono più fiori.
Saggi, sopravvissuti, vincitori
ascolteranno a giorno lo sbilenco
epos testé trascorso: ammireranno
quanto, come, per chi splendessero
quegli occhi minacciati,
come trovassero
appigli di speranza in ogni gesto
inscenato o respinto: cercheranno
cagioni al protrarsi e alla fine.
Chi mai potrà dir loro che semmai
per noi ti preoccupavi:
per chi, come i gerani sul balcone
insiste troppo
oltre la sua stagione?
Non lo sanno. Non sanno che finito
questo, non ci sono più fiori.
Ma questa sete di morire insieme
che cresce, che gorgoglia in fondo al tino.
***
Non credere ai poeti quando fanno
parole sulla morte ma non hanno
sentito la morte arrivare.
Una, saputo quando, di che morire
riemerge un attimo per condolersi,
abbozza una stretta, ripete
mannaggia, annotta – alle spalle
come indefessa pratica, il mistero.
Ma la morte dell’altro, dell’altra…
è lì che si muore davvero.
Grazie di cuore a Giorgiomaria Cornelio per questa inaspettata e graditissima ospitalità.
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