Stanze

di Filippo Polenchi

Stanza n.1
La stanza ha una moquette a rombi neri e verdi su fondo marrone chiaro. Anche la carta da parati è a forma di rombi. Il perimetro di questa camera è di circa dieci passi per cinque. C’è una scrivania e sopra c’è una tv. La tv è accesa, trasmette interferenze, scariche, effetto-neve. Il letto è adiacente al muro, un letto singolo, sulla coperta è ricamato un pavone, con una coda verdeblu e occhi rossi che guardano la finestra. Sulla parete opposta ci sono tre quadri, disposti seguendo le diagonali dei rombi. In quello più basso c’è un’anatra selvatica. In quello di mezzo c’è una scena di caccia all’inglese e in quello più in alto un espressionista astratto. La finestra è chiusa, le imposte sono aperte e la luce notturna è una fluorescenza che tenta di emergere dai vetri.

La ragazza lituana entrò senza sapere che giorno fosse e in un modo o nell’altro ne avrebbe pagato le conseguenze.

*

Stanza n.2
La luce della lampada distesa sul pavimento ammicca nel buio, con il suo occhio senza palpebra. Una pianta di ficus verde, in plastica. Buio. Un telefono nero, la pulsantiera a disco, su un comodino di legno scuro. Buio. Armadio Ikea, color beige, un’anta è aperta e nello specchio all’interno si riflette il balbettio del neon. Buio. Vestiti estivi da donna, a fiori, nell’unico spazio visibile dell’interno dell’armadio. Buio. La porta del bagno è chiusa, con il cartello Non disturbare appeso alla maniglia. Buio. Maniglie di ottone, card elettronica per entrare. Buio. La carta da parati è rossa scarlatta, ha dei ricami in rilievo, una trama larga di iris. Buio. Una tazza da tè per terra, accanto al letto, si vede chiaramente la scritta IL PADRONE DI CAS[…] e il resto non è visibile. Buio.

Sperò con tutto il cuore che non tornasse il tizio dei conigli e quindi si guardò il segno che aveva sulla mano: non avrebbe avuto mai più niente di così dolce.

*

Stanza n.3
Il living ha la moquette blu cenere. Un muretto di cartongesso separa la zona soggiorno dalla zona cucina. La porta è di legno scuro. Il divano è accanto al muro bianco. Ci sono rampicanti di tubi, anch’essi verniciati di bianco. Il divano è imbottito, color crema. C’è una bottiglia di acqua minerale accanto al telefono, una lampada dal lungo collo di gru e, tra il divano e la cucina, un asse da stiro.

Scoprì che qualcuno aveva dimenticato uno spillo alla manica della giacca e pensò che si voleva fare quella lardosa della cameriera, sissignore, proprio lei.

*

Stanza n.4
In alto, sopra l’armadio, ci sono scatole di cartone e una valigia di pelle afflosciata. In basso polvere di trucioli. Il letto ha il materasso sfondato. Nella stanza il sole passa a fette. Il pavimento è di piastrelle e c’è un tappeto con ricami indiani. Dentro il tappeto un elefante e una tigre stanno combattendo. La lampada al soffitto è protetta da un paralume ricavato da un cestello da lavatrice: sulla parete la luce elettrica è fatta a spilli. C’è un plaid a strisce gialle e blu, piegato a metà, sul fondo del letto.

Sapevo di aver perso qualcosa definitivamente, ma la donna d’affari e sua figlia bevevano un caffè annacquato, mentre nessun altro aspettava.

*

Stanza n.5
Il divano letto è aperto, con un plaid rosso e blu buttato sopra alla meno peggio. La luce entra in un fascio compatto, dall’unica finestra sopra il divano. La finestra è un quadrato, la luce solleva pulviscolo. Il pavimento è in legno e il soffitto è inclinato. C’è una piccola libreria accanto al divano letto, bassa, con pochi scaffali. Ci sono dei fumetti di Tex sugli scaffali, accanto a una radiolina a batterie.

Quando ebbe finito di uccidere il rospo tornò in salotto e si accorse che la sigaretta fumava ancora nel posacenere. Rimase a guardarla respirando forte.

*

Stanza n.6
Dalla finestra si vedono una terrazza, un balcone e due vasi di piante. Le piantine grasse hanno piccoli germogli. Un sipario di tende in nylon è appena socchiuso. C’è vento, fuori; i minuscoli fiori delle piante sono scossi dal vento. Di tanto in tanto passano delle luci, dall’altra parte del vetro, ma si vedono solo di notte. Il vento, talvolta, soffia attraverso il legno sbertucciato della finestra.

Gli chiese di mordergli una mano; così sarebbe rimasto per sempre il segno.

*

Stanza n.7
Di fronte alla porta c’è uno specchio coperto da un telo verde. Le due finestre gemelle, equidistanti, sono aperte; dalle tende alla veneziana si accendono stecche di luce. Il pavimento è in legno. Il letto è una vecchia branda di ferro, con i bordi della testiera rugginosi e un materasso grigio chiaro. È un letto singolo, contro il muro. Dalla parte opposta dello specchio c’è un piccolo lavandino di porcellana, bianco, e uno stillicidio continuo di gocce d’acqua. Carta da parati a motivi floreali ricopre tutte le pareti: ci sono iris blu su fondo sabbia. A destra della finestra di destra la carta da parati si è scollata, aprendo sul muro una bocca dai bordi smangiucchiati.

Poiché aveva pensato all’uomo dei conigli ebbe paura a uscire.

Foto di RitaE da Pixabay
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davide orecchio
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Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012).   Testi inviati per la pubblicazione su Nazione Indiana: scrivetemi a d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com. Non sono un editor e svolgo qui un'attività, per così dire, di "volontariato culturale". Provo a leggere tutto il materiale che mi arriva, ma deve essere inedito, salvo eccezioni motivate. I testi che mi piacciono li pubblico, avvisando in anticipo l'autore. Riguardo ai testi che non pubblico: non sono in grado di rispondere per mail, mi dispiace. Mi raccomando, non offendetevi. Il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e non professionale.
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