Dalla parte di Catilina

di Pierluigi Cappello

Ama le biciclette e la polvere degli sterrati, la Repubblica. Magari una solida Bianchi con i freni a bacchetta. D’estate, quando si accendono interminabili veglie, si racconta sotto i bersò, davanti ad un bicchiere di rosso, pane croccante, salame ben stagionato.
La Repubblica preferisce le dozzine più che le unità, le voci a una singola voce, ma, del coro, distingue una voce dall’altra. La si è vista sedere sui gradini di pietra, vicino alle fontanelle, o sulle soglie di casa, fumare trinciato forte e ridere di una risata spessa, abrasiva, un pugno di sabbia che viene su dalla pancia. Però, quando sussurra, è capace di intenerire le teste dei bambini. Se racconta, ha casa nella linea retta, nello sguardo retto e prudente perché sa che la memoria è capace di uccidere come di curare.
Per questo si tiene lontana dalle parate dei reduci, indossa maglioni sformati di lana e tiene nel conto di un gracidare di rane scoppiate ogni forma di celebrazione.
Il tricolore non lo esibisce per troppo amore e non si conosce il numero dei suoi battesimi, in ogni caso si è fatta chiamare Vento, Tempesta, Riki, Giulia, Rosso, Alda, Temporale; con questi nomi è salita lungo sentieri di pietra, ha conosciuto la bocca umida dei boschi, il veleno degli agguati, lo scatto freddo degli otturatori.
Sa che, qualche volta, la Storia separa uomo da uomo e carne da carne con la precisione di un bisturi e allora bisogna prendere parte, essere capaci di scegliere e, di ogni scelta, conoscere fino in fondo la crisi. Le sue scelte l’hanno condotta fin qui, in luoghi che stenta a riconoscere e sembra che abbia perso un po’ del suo orientamento perché la si vede camminare incerta, dinoccolata come una giraffa nella neve.
Un uomo, che ne custodisce il nome dentro l’azzurro degli occhi, mi ha riferito che, comunque, se c’è da scegliere lei è più per Catilina e meno, molto meno, per Cicerone.

al partigiano Cid Pierluigi Cappello

 

(questo testo di Pierluigi Cappello è contenuto nel libro “Il partigiano Cid”, a cura di Danilo De Marco, con fotografie dello stesso fotografo, e con testi tra gli altri di Erri De Luca, Gian Paolo Gri, Tito Maniacco e Carlos Montemayor, pubblicato dal Circolo culturale il Menocchio, Montereale Valcellina [Pordenone], 2004; anche la fotografia di Pierluigi Cappello che ascolta il partigiano Cid è tratta dallo stesso volume; e lo stesso Danilo De Marco ci ha messo a disposizione – lo ringraziamo – la lettera inedita di Pierluigi Cappello che segue, che il poeta gli ha lasciato in eredità)

 

Print Friendly, PDF & Email

1 commento

  1. Grazie per questo tributo all’amatissimo Pierluigi Cappello. E, in fondo, alla nostra libertà.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Dogpatch

di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini)
In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.

Un’agricoltura senza pesticidi ma non biologica?

di Giacomo Sartori
Le reali potenzialità di queste esperienze potranno essere valutate in base agli effettivi risultati. Si intravede però un’analogia con la rivoluzione verde, che ha permesso l’insediamento dell’agricoltura industriale nelle aree pianeggianti più fertili, e ha devastato gli ambienti collinari e/o poveri.

Pianure verticali, pianure orizzontali

di Giacomo Sartori
I viandanti assetati di bellezza avevano gli occhi freschi e curiosi, guardavano con deferenza i porticcioli e le chiese e le case, ma spesso anche le agavi e le querce e le rupi. Sapevano scovare il fascino anche dove chi ci abitava non lo sospettava, per esempio nell’architrave di castagno di una porta decrepita o nell’acciottolato di un carrugio.

RASOTERRA #2

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
A Mommo gli orti e i campetti sono striminziti, in un secondo zampetti da una parte all’altra. E sono in pendenza, perché lì sul fianco della montagna non c’è niente che non pencoli in un senso o nell’altro, anche le case e le strade e i prati si aggrappano saldamente per non scivolare a valle.

RASOTERRA #1

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
Gli umani sono esseri molto singolari, hanno la mania dell’ordine e della geometria. Adorano i campi perfettamente rettangolari, i solchi degli aratri paralleli come rotaie, l’erba rapata a zero, gli alberi tutti uguali, i frutti identici uno all’altro, le strade asfaltate senza l’ombra di una buchetta o d’un filo d’erba.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: