5 poesie
di Fabrizio Bajec
Questi inediti fanno parte di una serie intitolata Stati di emergenza, successiva ma sulla stessa linea de La collaborazione (Marcos y Marcos 2018). Si inseriscono nel contesto delle manifestazioni di protesta che scuotono la Francia da due mesi, pur ispirandosi ad altri scontri sopraggiunti sotto le ordinanze del governo Macron, nei primi tempi della sua elezione. Traducono un aumento esponenziale di violenza poliziesca che dall’approvazione della riforma del lavoro (2016) ha conosciuto la risposta di vasti strati della popolazione, fino alla nascita dei più organizzati gilet gialli, espressione ideologicamente eterogenea e decentrata di una rivolta contro l’ingiustizia sociale. Se tale movimento insurrezionale si è dimostrato all’altezza dei toni sprezzanti del presidente, questi ha dovuto moderare il suo discorso di fine anno, pur non sembrando voler cambiare rotta.
a questo gioco sarete sempre più bravi
la provocazione somiglia a un guanto che ci afferra
poi ci strappa dall’asfalto cocente
mancano solo le piume bianche
non vi trovo ridicoli
siete pagati per far male
maestà scendete e venite nel fango
commissari dell’unione insabbiatevi
mentre notificate a oltranza gli altri
menano e perdiamo la voce la fronte si apre
per aver tanto premuto i vostri guardiani
ci rispondono sui loro caterpillar
schiacciateci se non riuscite a servirci
siamo ancora repubblicani? mi chiedo
allontanate lo stivale dalle nostre facce
se ancora temete la verità l’ingratitudine
⇔
la testa del corteo è quadrata non ci sente
cammina senza faccia
come noi sotto le sciarpe e gli occhiali da aviatore
la testa del corteo se la prende con i simboli unificanti
ha delle armi
come noi coi nostri slogan impetuosi
la testa del corteo ce l’ha coi poliziotti
rovina agenzie concessionari un McDonald
al contrario di noi che scattiamo foto
già insensibili alle devastazioni
non tocca a noi finire in prigione
di conseguenza la testa del corteo è mobile
a ciascuno la sua ora di fama
⇔
in compagnia dei postini alle prime luci dell’alba
dopo la distribuzione delle nostre migliori pagine
e ora in questo caffè uno di noi
intona il canto dei marinai irlandesi
venite a gridare la vostra rabbia questa notte
la piazza è il villaggio di tutte le lotte
finisci il tuo canto compagno e io il mio cornetto
è ancora presto ma sul parabrezza dei vostri camion
abbiamo lasciato un ricordo
⇔
e vennero a cercarlo
muniti di forche e spadoni
coi loro apparecchi acustici non rimborsati
si misero a gridare sotto i suoi balconi
intimandolo di scendere
poi la folla fu dispersa
con acqua gas e altri proiettili
e tornarono il giorno dopo
simulando l’impiccagione pubblica
un pupazzo sotto il braccio una parrucca barocca
sopra un falso patibolo « siamo sempre noi! »
meglio equipaggiati di prima
diedero fuoco a un veicolo di lusso
misero a cuocere del pane solo pane
con un po’ di sale e olio
ma quest’ultimo ingrediente fu fatale
al contatto con le fiamme povero palazzo
⇔
Le mani del Presidente
le mani sono importanti
con queste lavoro
esattamente come voi
ho passato ore a visionare commedie italiane
di cui mi nutro prima di parlare
io le curo queste mani oneste e giovani
quasi lignee
incollate alla scrivania
non nascoste o incrociate
buone a rinnegare
quanto vi ho promesso
perché comprendo la sofferenza
mentre vi parlo
un nuovo attentato si prepara
teniamoci pronti a reagire insieme
e il paese cambierà col vostro permesso
sentite il mio tono di voce?
fissate queste labbra pietose
vi ho forse offesi?
me ne dolgo
avete almeno afferrato
la natura del mio progetto
più grande di una rivolta?
ecco due mani offerte su un tavolo
in segno di pace
non chiedo nient’altro
concediamoci la pace e il perdono