Fare ciò che è Giusto

di Gianni Biondillo

Date le polemiche che leggo in queste ore, mi piacerebbe per una volta non buttarla in politica ma provare a “buttarla in cultura”. Credo che la nostra Milano abbia il diritto/dovere di avere un Giardino dei Giusti di rilevanza internazionale. Ne ha il profilo etico, la storia, i protagonisti. Il lavoro di Gariwo e del suo presidente Gabriele Nissim è davvero ammirevole ed encomiabile. Sogno un “Giardino dei Giusti di tutto il mondo” che diventi un polo di interesse, di raccoglimento e di studio non solo per i nostri cittadini, ma anche per ogni persona che transiti nella nostra città. Un monumento, nel senso più profondamente etimologico del termine: un monito.

Ecco perché reputo poco coraggioso l’intervento previsto al Monte Stella. Un progetto formalmente debole ed obsoleto che non cerca di vivere di luce propria ma che si depone in modo parassitario su un altro sito della memoria urbana. Un appendice, insomma, non un fulcro significativo. Dal punto di vista della composizione urbana è un errore clamoroso.

Il fatto che non ci si renda conto di una cosa così ovvia dimostra come ancora oggi l’eredità urbanistica del novecento non venga considerata una ricchezza da chi la amministra. Il Monte Stella è il più clamoroso fatto urbano di una città, Milano, che è la vera capitale nazionale dell’architettura e dell’urbanistica del ventesimo secolo. Un monumento alla memoria, ovvio. Un luogo identitario, condiviso, imprescindibile. Da conservare con zelo, diligenza, come si fa con una chiesa romanica o un palazzo rinascimentale. Nessuno si sognerebbe mai di porre un progetto di tale modestia nel mezzo di Campo dei miracoli a Pisa, in piazza Navona a Roma, o nel parco della Reggia di Caserta. Ciò che pare ovvio con il passato più remoto sembra non lo sia col novecento. Così ci ritroviamo con un capolavoro dell’architettura brutalista, il Marchiondi Spagliardi, studiato in tutto il mondo, che, non ostante il vincolo della sovrintendenza, cade a pezzi nell’indifferenza generale.

Abbiamo il diritto a un “Giardino dei Giusti di tutto il mondo” che sia degno di questa città. E il dovere di non sprecare questa occasione, questo obbligo etico, con un progetto frettoloso. Chi ha scelto per me quelle forme? C’è stato un concorso internazionale? Sono stati messi in gioco i migliori progettisti? Non accontentiamoci, insomma. Evitiamo di scadere nel classico “piuttost che nient l’è mej piutost”.

Io non sono fra quelli che dicono “no” per partito preso. A me piace rilanciare. La nostra città sta mettendo in gioco il suo futuro progettando ex novo le aree dei vecchi scali ferroviari. Un Giardino dei Giusti che diventi uno dei temi da mettere a bando su una di quelle aree, sarebbe una soluzione non solo coraggiosa ma anche di buon senso. Potremmo dedicare le giuste dimensioni a un monumento/giardino di tale importanza, far concorrere architetti di fama internazionale, definire un nuovo luogo simbolico della città (impattante come lo è il Memoriale di Eisenman a Berlino), dando un’anima ad uno spazio da riconvertire. Tutto ciò senza scarificare inutilmente la pelle sensibile dell’altro grande monumento urbano alla memoria che è il Monte Stella. La “montagnetta” della nostra infanzia.

(pubblicato ieri sulle pagine milanesi del Corriere della Sera)

Print Friendly, PDF & Email

1 commento

  1. Non conosco le dimensioni del Monte Stella miracolo sbocciato sul sito della discarica delle macerie belliche….Trattandosi di trovare un luogo simbolico, ricapovolgendo e tornando alla prima ipotesi, piú luogo della Memoria di Monte Stella….Direi di piú accorgersi a piú di 70 anni di distanza che sarebbe consono dedicare all’Innominabile….Mi parrebbe insomma che quanto piú sommessamente…. L’Europa avrebbe ben dovuto prima ancora di ricostruire fermarsi a riconsiderare….c’erano stati mi pare 200 milioni di morti tra Hitler e Stalin e il ridicolo Mascelluto….Dopo piú di 70 anni (meglio tardi che mai) ben vengano i viali della Memoria, ma era d’uopo allora ripensare e ripensarsi ASSOLUTAMENTE ex novo…Ora é troppo, troppo tardi.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Pasqua

di Maria Noemi Grandi
Zio apre il recinto e chiama Pasqua a sé – Andiamo, bella. Andiamo – quella si avvicina placida, pensa le abbia portato da mangiare i soliti resti. Pure Pasquetta si accoda ma zio la spinge indietro e chiude il cancello. Insieme ci allontaniamo di qualche passo sul prato.

Il violinista Igor Brodskij

di Romano A. Fiocchi
il 15 marzo, per i tipi della nuova, piccola e agguerrita Qed, è uscito "Il violinista Igor Brodskij", il nuovo libro di Romano Augusto Fiocchi, nostro amico e collaboratore. Ve ne anticipiamo l'incipit, sperando di incuriosirvi.

La vecchiaia del bambino Matteo

di Romano A. Fiocchi
Il titolo è un ossimoro affascinante: "La vecchiaia del bambino Matteo". Non basta, il libro si apre con un’immagine che non poteva essere concepita se non da un poeta, qual era Angelo Lumelli: un vagone merci fermo in mezzo alle risaie, da solo, sulla linea ferroviaria Mortara-Pavia.

Attorno a un completo sconosciuto

di Gianluca Veltri
Quando arriva sul palco, il 25 luglio 1965, Dylan sembra un alieno piombato sulla terra. È vestito come un rocker, tutti gli strumenti della band sono elettrici: due chitarre, basso, organo e batteria. Altro che menestrello di Duluth.

Babilonia

di Gianni Biondillo
Fra opere di maggior o minore qualità, fra grandi cantieri e cantieri smisurati, ecco spuntare fuori il Bosco Verticale. Progetto vincente, inutile negarlo, a partire dalla sua comunicazione. Architettura che si fa claim, slogan, motto.

Sangue mio, corri!

di Romano A. Fiocchi
«La geografia aveva complottato con la storia e ne era uscito il capolavoro di un paradosso». "La signora Meraviglia", di Saba Anglana, è una sorta di autobiografia di famiglia con l’atmosfera di "Cent’anni di solitudine", proiettata non in Colombia bensì tra il Corno d’Africa e l’Italia.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: