Le impalcature dell’anima. Un ritratto di Giovanni Prosperi

La copertina di Nostalgia della mano sinistra (racconto in due tempi per una voce)

 

di Giorgiomaria Cornelio

 

Le parole di Giovanni Prosperi hanno un’umida vivacità, o almeno così pare vedendo aprirsi, sulla pagina, la botanica filamentosa degli steli. Dove uno penserebbe di trovare i becchi del fiore si srotola invece una fiamma che la febbre policroma ha bollito sino a farne nuova ortografia: una virgola che partecipa alla stessa natura della cometa, oppure un punto lavorato come una specie di scintilla incisa nella carta.

Le parole: continuiamo a metterle una davanti l’altra, abbaricate in file orizzontali…

Se Prosperi ha saputo ripiantarle in un terriccio di feconda, verticale solitudine è perché ha trincato il suo inchiostro dal Liber Mundi con la medesima attenzione di un caparbio miniatore, e penso qui a Belbello da Pavia e a certe pagine dell’Offiziolo Visconti che hanno ancora oggi – pietrificate nella materia della danza – immagini che nessun poeta è riuscito a sciogliere senza avariarne la sfavillante rivelazione:

 

Ormai

la

parola

è

oggettistica

,

che

cerca

di

fare

migliorie

nella

casa

del

pensiero 1

 

Bisognerà dunque studiare le rotanti germinazioni di Prosperi al di là di questa miglioria domestica o giardiniera (per quanto miracolosa), oltre le smunte vocazioni calligrammatiche e le devastazioni in cui s’affaccendano gli artisti dell’infernale cimiciaio contemporaneo. Giovanni ha frequentato ben altro apprendistato (“doveva essere Roma quel quartiere del mondo dove incontrai Emilio Villa”, confida in un appunto), ed è forse per questo che nella sua poesia il pensiero si fa agire, dove “si fa agire” potrebbe essere inteso nel doppio orizzonte di quanto del pensiero partecipa attivamente allo schiudersi delle forme (come neumi vegetali partoriti dalla coincidenza tra idea e azione, da questo condurre la materia pensata a materiale gestazione 2)  e di quanto si fa prendere nella trama, si fa raschiare e bucare dal libero andare della mano: una mina di colore fatta brillare sopra una riga, una cancellatura come uno sputo d’intonaco, e due o tre tremori che concimano -quasi in ogni lettera- il principio di un diverso bocciolo…

 

Due pagine da Nostalgia della mano sinistra

 

Ma se a ogni parola Giovanni ha dato il compito di stare ritta sulle sue gambe è perché egli incolonna nient’altro che un formidabile montaggio, grani di cinema (nelle / vene / del / buio / bisogna / far / passare / la / luce 3) senza il cortile del fotogramma, e sempre sul limite della bordatura: le poesie, i racconti e le favole si posano certo tra pagine di quaderno, ma anche tra gli involucri di sigaretta, sulle tovaglie, nel retro di qualche logora cartolina per screpolare quanto già vi era stato impresso, invio sopra invio (come poi tacitamente avviene  in tutta la storia delle comunicazioni). Capita pure che Giovanni vada scalando il volto di chi gli si trova davanti per trarne prisma e cera da ritratto istantaneo: questo significa avere la “camera” impiantata nella mano, e le penne possono soltanto “correre / dietro / sulla / carta 4”, fuori da ogni principio di individuazione.

Stasera, da uno spigolo d’Irlanda, mi sembra di vedere in questi ceppi verticali anche qualcosa di un residuo megalitico, qualcosa della pietra che interviene a formare la poesia e le erbe che faranno la tana tra fessure, come in uno di quei muretti a secco sparsi per le campagne ed edificati blocco su blocco. In queste composizioni è davvero possibile osservare la consistenza di un intervallo, dello spazio vuoto come cerniera tra due ordini di smottamento. Alla stessa maniera, la poesia di Prosperi si riforma ad ogni riga, ribatte la vita con la vita: non solo una somma di momenti inaugurali, ma un fuoco maturo a tal punto da poter lavare ogni parola via via che si procede a costruire.

 

Da Prologo all’Estetica del fumo (2003)

 

L’iperico, la mentuccia, la lavanda, la ruta e il rosmarino sono ingredienti poveri, ma lo speziale li ha comunque raccolti in veglia per l’acqua di San Giovanni. L’alfabeto di Prosperi si bagna alla stessa fonte benedetta. “Bisogna / curare / le / impalcature / dell’/anima 5”, scrive lui, e questa formula, così umile e così lieve, può bastare da sola a riparare il sottile vocabolario della poesia.

 

NOTE

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NOTE
  1. Estratto da una lettera indirizzata all’autore di questo articolo (2018).
  2. “Non si farà più comparire la vita davanti alle grandi categorie del pensiero, ma si getterà il pensiero nelle categorie della vita.” Gilles Deleuze
  3. *** Giovanni Prosperi, Robespierre
  4. Giovanni Prosperi, Per avvicinarsi alla poesia (2009
  5. Estratto da una lettera indirizzata all’autore di questo articolo (2018).

14 Commenti

  1. È molto profonda ed eloquente l’analisi di Giorgiomaria Cornelio. Esprime in pensieri ciò che Giovanni Prosperi condensa in un verbo, una virgola, un segno, elevando la sua fragile voce a momenti di autentica stupefazione. Occorre rileggere più volte il reticolo a volte enigmatico delle sue parole o dei suoi segni, posti sul foglio in ordine discendente, come se volesse indagare con la lampada magica della coscienza i recessi più remoti della sua e dell’anima mundi. P.S. – Vorrei tanto sapere se Giovanni ha conosciuto Magdalo Mussio, il pittore scriba dell’arcano, protagonista della poesia visiva europea. Colgo in entrambi una certa vicinanza, un dialogo direi esistenziale che le opere traducono in visioni mentali,piene di suggestione e di mistero.

    • Caro Alvaro, grazie per questa tua nota che aggiunge stupore alla scrittura di Giovanni. Di Magdalo , altro mio grande riferimento, abbiamo parlato proprio recentemente con Giovanni, e quando facevo riferimento ai grani di cinema “verticale” pensavo proprio al montaggio pittorico di Mussio. Tra gli appunti ritrovati a casa sua (grazie ad Emma Bellavita), ho scoperto recentemente questo suo scritto:

      “Cerco di ricostruire il perchè volevo che il supporto/pellicola non fosse altro da se stesso, quella fase di progettazione scarabocchiata di segni (…): il momento successivo mi sembrava meramente esecutivo. (…) Più tardi ho pubblicato, su Marcatrè, delle colonne di numeri, dall’alto in basso e da destra a sinistra, ebbene non so spiegarlo (ma forse è facilissimo per gli altri) è lì che la macchina da ripresa, il supporto/pellicola pienamente realizzato è chi guarda.”

      Un caro saluto

      • Caro Giorgiomaria,
        ho conosciuto molto bene Magdalo Mussio ed ho anche scritto sulla sua pittura. Giovanni invece l’ho incontrato ad una mostra a Tolentino ed abbiamo subito familiarizzato, tanto più che per me è stato come ritrovare un amico d’infanzia. Dal suo modo di poetare mi è venuto spontaneo il riferimento con Mussio. Tra i due rilevo una certa affinità di pensiero e di espressione estetica. Stessa calligrafia minuta, stesso procedere grafico dall’alto versi il basso in segni e parole minimali, arcane quelle di Mussio, esplicite quelle di Prosperi, ma entrambe cariche di un tenero soffio di poesia segreta, quella del vuoto/assenza per Magdalo, quella dell’esserci cosciente per Giovanni, anche se i suoi sogni o aspirazioni sembrano adagiarsi in una sospensione coscientemente voluta da cui si attende la rivelazione. Come profezia del nostro essernel mondo. E lo stupore di cui parli anche tu è la nota dominante che forse unisce i nostri due poeti. Si riflettono e colgono la loro stessa identità e l’anima mundi.

        • Caro Alvaro,

          conoscevo i preziosi interventi su Magdalo, e trovo anche io la stessa affinità, lo stesso modo “immaginale” di legare insieme le figure (parli di Anima Mundi così come scrivevo del Liber Mundi). Posso rimandarti ad un piccolo scritto che pubblicai su Nazione Indiana proprio a proposito del cinema di Magdalo? Lo lascio qui: https://www.nazioneindiana.com/2017/06/27/neanche-neanche-vedere-sul-cinema-magdalo-mussio/.

          Grazie davvero per il contributo, Alvaro.
          Spero Giovanni possa leggere queste osservazioni (anche attraverso Ivana).

          • Grazie a te, Giorgiomaria, trovo molto pertinenti le tue analisi sulla pittura e il cinema d’avanguardia di Magdalo Mussio, un grande che merita di essere recuperato ancor più alla cultura e all’arte contemporanea. Pur non essendoci mai confrontati in precedenza, rilevo con piacere che a volte usiamo gli stessi termini, gli stessi concetti per descrivere e raccontare la sublime poetica dei nostri cari amici e maestri, Magdalo Mussio e Giovanni Prosperi. Un cordiale saluto.
            Alvaro

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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