AMOS OZ [1939-2018] “Un disastro nucleare.”
img da qui
da Una storia di amore e di tenebra
Traduzione di Elena Loewenthal
Feltrinelli 2002
Fra la stuoia, le gambe dei mobili e lo spazio sotto il letto, scoprivo a volte non soltanto isole senza nome, ma anche nuove stelle, ignoti sistemi solari, galassie intere. Se mi avessero rinchiuso in prigione, certo mi sarebbero mancate la libertà e svariate altre cose, ma non avrei patito la noia, sempre che mi avessero lasciato tenere, nella mia cella, una confezione di domino o un mazzo di carte, due scatole di fiammiferi, una dozzina di monete o un pugno di bottoni: avrei trascorso la mia giornata seduto a sistemarli. Li avrei combinati e poi divisi, montando e allontanando e avvicinando, elaborando piccole composizioni. Forse era tutto riconducibile alla mia condizione di figlio unico: non avevo fratelli o sorelle, e assai pochi amici, che dopo un po’ se ne andavano, perché volevano action e non reggevano tanto il ritmo epico dei miei giochi.
Capitava non di rado che cominciassi un gioco per terra il lunedì, e il martedì passassi tutte le ore del mattino, a scuola, a pensare al seguito di quel gioco; poi, durante il pomeriggio, facevo una mossa o due, lasciando il seguito per il mercoledì e il giovedì. I miei amici si stufavano, mi abbandonavano alle mie fantasie e se ne andavano a giocare a nascondino fuori, mentre io portavo avanti la mia storia pavimentale ancora per molti giorni, spostando truppe, cingendo d’assedio fortezze e capitali, conquistando e distruggendo, disponendo brigate per i monti, violando fortilizi e linee di fortificazione, liberando e conquistando di nuovo, allargando e stringendo confini segnati con i fiammiferi. Se per sbaglio uno dei miei genitori pestava il mio universo, dichiaravo uno sciopero della fame o una rivolta dello spazzolino da denti. Finché alla fine arrivava il giorno del giudizio, mamma non poteva più sopportare i fiocchi di polvere e spazzava via tutto – flotta, fanterie, città, monti e insenature, continenti interi. Un disastro nucleare.
[ La scrittura limpida e insieme oscura di Amos Oz – netta – “semplice” in superficie – piena di ironia – immaginifica – ma con un senso profondo di mancanza di speranza per l’umano – piena di amore ma con la tenebra sempre in agguato – che fa quasi sentire in salvo il suo lettore – una volta chiuso il libro – per contrasto – per misteriosa funzione apotropaica – la scrittura che nasce nella solitudine sul pavimento di figlio unico – geografia di piastrelle – di tessere del domino – monete – fiammiferi e bottoni – nella consapevolezza che tutto può essere spazzato via in un soffio – in un fiocco di polvere ]
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Il brano qui presentato di per sé non é indicativo della posizione sostanzialmente equidistante dello scrittore, tra Israele e Palestina.