adesso vai (2/2)
di Giacomo Sartori
ora vai per conto tuo
ditti anche tu
che per troppo tempo
nessuno di noi
s’è sentito accolto
(o anche solo al riparo)
le cose stavano così
si navigava a vista
tra spuntoni e tifoni
(più inquietanti forse
le bonacce)
fino a un dato porto
ci rincuoravamo ancora
passavamo sopra
riprovavamo
poi i demoni
hanno preso il timone
ora evacua la collera
(da dove sprizza?)
le stoccate d’odio
(siamo giunti a questo!)
pensami come si pensano
le querce isolate
in lontananza
e certe rocce
un po’ in aggetto
quello ch’è stato
è stato
vedrai
ce la faremo
vai per la tua strada
io per la mia
siamo stati bene
tante sere
e tante mattine
tanto e tanto
quanti abbracci
quante carezze
siamo stati male
notti e mesi
quanti litigi
accuse e insulti
brutte minacce
(pur sempre
uno stare assieme:
quasi bene
parlando di nevrosi)
parole e parole
nell’afa di Massaua
ma anche a Messina
scarpinate e treni
natali e discussioni
(quante discussioni)
assemblee di condominio
gruppi di meditazione
picnic ruspanti
meccanici e medici
amici e nemici
facce e voci
quante parole
perfino sulla neve
(non ti piace la neve)
scendevamo nel gorgo
delle recriminazioni
pur sempre connessi
perfino adesso
le nostre teste
restano unite
dobbiamo convincerle
a svellersi
dobbiamo aiutarle
tu con il sole
che lecca i calanchi
i tuoi risentimenti
io con le mie solite
ostinazioni
non stiamo
a rimestare
e rimpiangere
l’amore
mica muore
come possono dire
che viene e va
cos’hanno nel torace
come fanno
a non piangere
l’amore persevera
(quando invecchia
o si avaria
perde la memoria:
questo accade)
ora vivo
per conto mio
(un bilocalino
termoautonomo)
tu per conto tuo
(la fetta di casa
sulla falesia)
adesso non ci sono
tenzoni e scazzi
non ci sono
riappacificazioni
c’è il silenzio
dei corridoi d’ospedale
di notte
come è difficile
ucciderci
(io te
tu me)
com’è infinito
separarsi
i primi tempi
ci incontravamo
e piangevamo
sul nostro amore morente
pranzavamo e piangevamo
di nostalgia e magone
bevendo vino
(c’è sempre piaciuto)
sul canale della Villette
adesso non vuoi vedermi
ti faccio stare male
troppo male
ma allora vai
vai davvero
capisci tu stessa
che non si fa così
(non dico che io
me la cavi meglio)
adesso vai
non frigniamo più
siamo grandi
siamo in cura
ci occupiamo di noi stessi
siamo badanti
di pazienti terminali
(NdA: la prima parte di questo testo si può leggere qui)
Caro Giacomo, queste poesie, come le precedenti, le leggo con malinconia e occhi aperti ai mondi che crei, toccano zone interne – questo svelamento, questo dire e dirsi. Spero proseguano: sono davvero belle.
ti ringrazio Mariasole!
(e allora – visto che ci siamo (volevo dirtelo con un messaggio) – ti dico che siamo pari, perchè con E. ci siamo letti a alta voce tre quarti (ma solo perchè dopo finiva il week end, poi riprendiamo) del tuo prezioso Anatomia della luce, con molto diletto)
(ps: il sacco rubato mentre parlavamo alla stazione di B. invece non è tornato a casa, ha preferito i nuovi padroni)
Sensazione che tu abbia aperto sorta di varco spontaneo ovvero schiuso un uscio abbandonato che si apre d’improvviso su…E dal varco entra aria, entra ossigeno che rianima quanto di asfittico…..Auguro tu continui ad obbedire alla spinta interiore, alle voci dall’alto……al cantami o Musa……
sì Carlo, e grazie, ma forse la scrittura è sempre così, deve attingere a qualcosa di urgente-necessario (e questo anche quando le vicende “raccontate” sembrano più impersonali e più lontante dall’autobiografia) che appunto incombe, e in un certo dice-parla da solo …
Questo è uno squarcio di cuore e di sfumature così rosate e azzurrine che piangono mani e parole. Aspetto le altre, con impazienza. Grazie, Giacomo, per farci nuotare e svenire, e poi forse riemergere, in queste poesie.
in realtà le puntate di questo testo erano due, finisce qui; ma mi fa pensare quello che dite, e forse davvero di tratta di una vena da perseguire più a fondo (molto spesso succede così, gli squarci e le porte si aprono con un primo testo, e ci si infila dentro;
grazie, comunque;