Ovvero / Voire

di Maël Guesdon

traduzione di Fabiana Bartuccelli

[Questi testi sono estratti da Voire, pubblicato dalla casa editrice “José Corti” nel 2015.
La versione italiana, a cura di Fabiana Bartuccelli, uscirà per Lietocolle.]

 

Cave tutte le cose, irriconoscibili, attraverso cerchi aperti dall’agire del vento.

Diverse tutte – materia pelle animo o favola.

*

Se lo si vede ancora quel che vedono. Rompersi tutte da esse stesse divise.

*

Questa qui dà luogo a un mondo.

Forse un istante – lui aveva solo cessato di vivere.

*

Dal suo corpo – musica, e dal muro che tocca i suoi piedi con quanto di spessore occorre a riconoscere lo scarto e che lui l’ignora. Dicono a chi le porta: noi siamo questo grido al di là delle circostanze.

*

In angoli frantumati, reversibili, se ne stanno.

Lei posa la sua mano.

*

Sull’ordine ignorato tutte le cose. Nell’istante la successione. E l’ordine ritorna con quanto d’inquietudine occorre.

*

Per timore ora il ricordo delle ore da giocare, di calore e noia. Lui gettava uno sguardo allo specchio dell’entrata.

Si può aprirla su quanto penetra. Serbandone il corpo.

Di tutto raccoglie le serie: ossa capelli lentezza legno lacerato.

*
E sapeva dalla musica che lo scorrere nel tempo e lo scorrere nel suo corpo non erano più sincroni. Viventi tutte le cose – ricordo dei suoni – non volevano smettere di ardere petto schiena. Insieme delle superfici.

E s’aprono tutte su occhi fissi, vedono sussulti, carne dentro la sua bocca nel pronunciare i nomi.

*

Divenivano tutte le cose dal profilo come esseri moventi. Forse lei poteva alzarsi le braccia tese e dire.

*

Nel pensare confuso. Stanno insieme. Trattengono, rientriamo dice. Cerchio il suo corpo. Dal mondo se, delle fumate sulla sua gamba lei attende.

*

Salvato, come abitabile.

Spuntando le fantasie del divano sposano i tratti d’osso. Si cancella balbuzie. E l’abbandono di fronte a tutte – una prima volta incoglibile disfa il legame di vivere e raccontare.

*

Attraversa l’acqua. Afferra la mano. Rimosse tutte le immagini. Modo di dire dove cammina, muore.

*

A terra tutte le cose potevano essere superfici di tutte tranne d’esse.

Lui s’inoltra fuori strada al centro d’arbusti irrigiditi che danzano alle loro punte. Il freddo è al limite. Strappa dopo quel che lui chiama a monte. E segue le eco.

*

Si sfiorano al gusto di quel che. Camminano assieme. Le vie ci perdono. Avete già ascoltato la mia voce quand’io sono lontano.

*

Lui stringe sotto la pelle i rilievi di cui il racconto.

Dimenticheremo il nome. Non restano che. Le nostre articolazioni, ciò non sarà più come prima, le immagini filmate il caffè le immagini del mare. Lei ripete: le immagini filmate o il mare.

≡≡≡

Toutes choses creuses, méconnaissables, par cercles ouverts sous l’action du vent.

Diffèrent toutes – matière peau esprit ou fable.

*

Si l’on voit encore ce que voient. Cassent toutes séparées d’elles.

*

Cela fait-elle un monde.

Un instant peut-être – il s’était seul arrêté de vivre.

*

De son corps – musique, et du mur touchant ses pieds avec ce qu’il faut d’épaisseur pour reconnaître l’écart et qu’il l’ignore. Disent à qui les porte : nous sommes ce cri hors circonstances.

*

En angles cassés, réversibles, se tiennent.

Elle pose sa main.

*

Toutes choses sur l’ordre ignoré. Dans l’instant la succession. Et retourne l’ordre avec ce qu’il faut d’inquiétude.

*

Par peur maintenant le souvenir des heures à jouer, de chaleur et d’ennui. Il jetait un œil au miroir de l’entrée.

Peut-on l’ouvrir sur ce qui transperce. Gardant son corps.

De tout collecte les séries : os cheveux lenteur bois déchiré.

*

Et savait de la musique que le défilement dans le temps et le défilement dans son corps n’étaient plus synchrones. Toutes choses vivantes – souvenir des sons – ne voulaient cesser de brûler poitrine dos. Ensemble des surfaces.

Et toutes s’ouvrent sur des yeux fixes, voient sursauts, viande dans sa bouche à prononcer les noms.

*

Toutes choses devenaient par contour comme des êtres mouvants. Elle pouvait peut-être se lever les bras tendus et dire.

*

À penser fouillis. Tiennent ensemble. Retiennent, dit rentrons. Cercle son corps. Du monde si, des fumées sur sa jambe elle attend.

*

Sauf comme habitable.

Au sortir les motifs du fauteuil épousent les traits d’os. S’efface balbutie. Et l’abandon devant toutes – une première fois insaisissable défait le lien de vivre et raconter.

*

Traverse l’eau. Attrape la main. Toutes images enlevées. Manière de dire où il marche, meurt.

*

Toutes choses à plat pouvaient être surfaces de toutes sauf elles.

Il avance hors cours au milieu d’arbustes figés qui dansent à leurs pointes. Le froid est à la limite. Arrache après ce qu’il appelle amont. Et suit les échos.

*

Se frôlent au goût de ce qui. Marchent ensemble. Les rues nous perdent. Avez-vous déjà écouté ma voix quand je suis loin.

*
Il serre sous la peau les reliefs dont le récit.

On oubliera le nom. Ne restent que. Nos articulations, ce ne sera plus comme avant, les images filmées le café les images de la mer. Elle répète : les images filmées ou la mer.

 

***
Nato a Parigi, Maël Guesdon è dottore in filosofia e scienze sociali (EHESS, Paris), titolo conseguito con una tesi sul tema del “Ritornello”, partendo dai lavori di Deleuze et Guattari, e insegna à l’École supérieure des Beaux-Arts di Bordeaux. Nel 2014 ha fondato assieme a Marie de Quatrebarbes e Benoît Berthelier la rivista “La tête et les cornes”, dedita in particolar modo alla traduzione. Collabora inoltre a numerose riviste, quali Espace(s), Diacritik, Muscle, Ce qui secret, La vie manifeste, Chimères. Il suo sito web: http://maelguesdon.fr/

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