I poeti appartati: Alida Airaghi
da Consacrazione dell’istante
di
Alida Airaghi
For most of us, there is only the unattended
Moment, the moment in and out of time
Eliot, The Dry Salvages V, 206-207
È qui, presente; o forse sta per nascere.
Segreta ancora, ancora immaginata
solamente. Non certa, non decisa;
potrebbe ripensarci, fuggire,
rinunciare, preferire l’assenza.
O non esistenza, scegli – ti prego –
di esserci. Appari come sei:
chiara, evidente.
*
Prova a pesare un pugno di sabbia,
e poi mezzo pugno, così leggero.
Tieni tra le dita solo qualche granello,
e il resto lascialo scorrere, mia mano clessidra.
Non lo fermi, il tempo, e quello che è successo
non puoi fare che non sia accaduto;
ma misura l’istante, la sua sfida
all’eterno. Il solo granello rimasto
fermo tra pelle e unghia:
l’adesso che dura e non si è perduto.
*
Impaziente di essere, diventa vero
e arde e si consuma; improvviso
bagliore, inaspettato pensiero
folgorante (o voce, o battito
di ciglia, o corpo esploso;
corpo in frantumi, incendio).
Abisso dell’ignoto, stella cometa,
lancinante traccia nel buio, nome
appena suggerito:
rivelazione, ascesa, intuito.
Baratro e infinito.
*
L’occupazione dei santi: tendere
(attendere) al punto in cui il tempo
incontra il non tempo, e si perde,
si annulla, conduce all’istante
bloccato nel nero del nulla.
L’aspirazione dei santi: scoprire
nel buio feroce, crudele, severo,
la sua negazione. La luce.
*
Ma quando tutto è immobile,
e non succede niente: l’aria è ferma,
il caldo sopportabile, e un tale silenzio
mi impressiona come fossi morta
senza essermene accorta. Quando nemmeno
il moscerino sull’orlo del piatto si muove,
né l’albero in giardino scuote
le sue foglie. E il cielo è azzurro tutto,
sgombro, terso; il lago liscio,
non c’è bava di vento che lo sfiori.
Allora penso, come una tentazione,
di essere un incidente nel creato,
inessenziale e assurdo; e supplico
un evento qualsiasi, una dimostrazione
della mia esistenza reale.
Ed ecco, accade. Qualcosa accade,
fuori di me e dentro. Un urlo,
un tremito, il merlo che gracchia
tra i rami, e vola via.
*
Affronta l’eterno, vi affonda,
scompare: così inessenziale
e minuto, così puntiforme
e casuale.
Ma in lui, nell’istante,
c’è uno spazio
concreto.
Pensiero, sospiro, offesa, carezza.
Più vero, vivo e reale
di ogni assoluto.
*
Improvviso, l’istante di pace.
Di ordine e tranquillità,
nel sole che scompare al di là
di un muro indefinito di nebbia,
e sospesa la luce non ci offende.
Allora dico no alle parole,
e ripeto no all’istinto
rapace che vorrebbe assorbire
ogni fuori esistente.
Sta buono, mio udito. Mia vista,
abbassati. Lasciate che sia
solo suo, ciò che appare
e attende una resa clemente.
*
Il momento prevale. L’evento.
L’adesso, il qui.
Presente-riassunto del prima, del poi
(degli altri, di noi).
E non te ne andare,
minuto-secondo-istante
del tutto: sii punto.
*
I miliardi di persone che non siamo
– il vecchio cinese curvo sulla ciotola
di riso, la ragazza brasiliana
che cammina sulla spiaggia.
Un bambino londinese, la donnina
messicana al mercato.
Non ci siamo riusciti, a essere
altro, o altri: ma solo la piccola
cosa che viviamo. Qui, e qui;
magari altrove, a volte. Sempre
con le nostre mani, il nostro fiato;
i minimi trionfi del passato,
e un domani previsto e prevedibile.
Gonfi di abitudine,
delusi da tante viltà
che non perdoneremo.
Forse un istante,
uno solo, verrà – in ritardo,
a salvarci.
“Esisto”, diremo,
tagliando un traguardo insperato,
da non condividere.
*
Dall’assenza, da ciò che prima non c’era:
semplicemente, il niente.
Da lì veniamo,
dalla non esistenza. E in essa torniamo,
incoscienti, nemmeno spaventati.
Muti, stupiti del silenzio che ci aspetta,
del moto che rallenta e poi si ferma.
Noi che eravamo presenti
– ad occhi spalancati, a mani tese.
In un istante, assenti.
*
Avvicinarsi,
stringere il cerchio.
Puntare dritto al bersaglio,
sforzando la vista.
In prossimità della meta,
del dichiarato impenetrabile:
sia buio respingente
o intollerabile luce.
Verità intravista appena,
il niente che acquieta.
*
Ci apparirà, come dicono,
tutta la vita che abbiamo
vissuto, e sprecato,
nell’istante finale, oscuro;
nel necessario momento
dell’unico giudizio,
del solo tribunale.
Perché
da soli ci condanneremo
o ci perdoneremo,
quando il futuro intero
svanirà nel passato.
*
Furtivamente arriva,
quasi ladro,
approfittando di un’assenza,
di difese esitanti.
Gli basta una fessura, e penetra
nel tempo, nel silenzio; tacito irrompe
luminoso, violento. Schiarisce
l’angolo più buio della stanza,
della mente: impone la sua folle
danza in un istante.
Imploso
dentro un colpo di vento,
poi sparisce.
*
Intercettare dio,
il dio della pazienza e del conforto,
il dio che aspetta, e sa, e non ha fretta;
fermo nella potenza,
a sé risorto; visibile
in una chiara, arresa
trasparenza. Così arpionarlo,
con dita scorticate
tremanti, innamorate:
pretesa indifferibile
dopo una vita avara.
*
Qualsiasi momento si ribella;
anche il più insignificante è sovversivo,
dichiara guerra al nulla
e al sempre, è vivo,
arrogante e fiero
della sua unicità:
pronto a sparire,
ma attento a sé,
presente.
L’istante, il vero.
I commenti a questo post sono chiusi
grazie, Effeffe, di pubblicare queste piccole meraviglie
Grazia.
Nell’esergo quel ‘must of us’ non é mica ‘most of us’?
grazie Carlo
effeffe