chi ne parla ai bambini
di Giacomo Sartori
Duemila e cinquecento anni fa i nostri eminenti filosofi hanno deciso che gli animali non hanno cervello, o insomma non lo sanno usare, e noi ce ne siamo subito convinti, mettendo a tacere i pochi, per esempio Plutarco e più tardi quel poverello di San Francesco, che osavano insinuare il contrario. E visto che non avevano cervello, o insomma non lo usavano, nei tempi più ravvicinati abbiamo messo alla gogna su scala industriale i polli e i maiali e i vitelli, e abbiamo cominciato a sbafarceli manco fossero patatine, senza più ringraziarli e senza più alcuna remora. Per dargli da mangiare svuotiamo i campi e i mari, il che sarebbe come dare mucchi di caviale a un cagnolino e poi mangiarsi il cagnolino, invece di mangiare direttamente il caviale. Sembrava un buon sistema, gli esperti dicevano che era proprio un buon sistema, e invece adesso ci accorgiamo che siamo nei pasticci. Pasticci davvero grandi, gli animali si estinguono e le risorse si prosciugano. Uhi, uhi, siamo messi male, chi ne parla adesso con i bambini che disegnano gli animali, ci diciamo.
Siamo messi male, ma ci diamo da fare per essere messi peggio. Spendiamo somme da capogiro per sterminare le api e i lombrichi e ottenere farina troppo scadente per farci del pane. E quindi anche quella la diamo agli animali, affamando i miliardi di poveracci che invece rispettano le api e i lombrichi e ottengono prodotti buoni. E non contenti spendiamo mari di soldi anche per ammazzare le coccinelle e le farfalle e sfornare mele tutte uguali e senza sapore, e pomodori infrangibili e con il gusto dei tubi metallici delle serre. Bisogna che qualcuno ne parli con i bambini che fanno i disegni degli animali, loro lo vedono che stiamo facendo tutti questi disastri, dai loro disegni si capisce subito, ci diciamo. Mica hanno la testa sulla luna, i bambini, ci diciamo.
Andiamo però avanti, perché i nostri esperti, pagati dalle ditte che producono i veleni che sterminano le bestiole, ci dicono che non c’è alternativa, i metodi sono questi. Scialacquiamo montagne di soldi e di risorse per falcidiare ogni animaletto che vive nell’aria o nella terra, senza pensare che senza i suoi animali la terra muore. E senza tener conto che senza api le piante mica si riproducono, mica possiamo più mangiarle se non si riproducono, o insomma non fanno frutti. Per non pensarci ci stravacchiamo davanti alla televisione, convinti di distrarci un po’. Uhi, uhi, ci diciamo però quando incappiamo in certi documentari. Sono pasticci grossi, qui bisogna fare qualcosa, ci diciamo. Vai tu a parlarne con i bambini che disegnano le cose belle ma anche i disastri che bollono in pentola, ci diciamo.
Dopo duemilacinquecento anni a ripeterci che gli animali sono scemi certi nostri scienziatoni scoprono adesso che i corvi non sono mica poi così tonti come credevano, e nemmeno i topi, per non parlare dei polipi con i neuroni nelle braccia. Cavolo, sono proprio intelligenti!, dicono i nostri scienziati, vedendo come i corvi interagiscono con uno schermo tattile. Guardando i documentari ci viene allora il dubbio che forse le bestie non sono poi così diversi da noi come abbiamo presupposto per duemilacinquecento anni. Uhi, uhi, bisogna parlarne con i bambini, poi se la prendono con noi, se scoprono che siamo noi i responsabili, ci diciamo.
Ci consoliamo mangiando mezzo polletto arrosto che da solo ha trangugiato due carrelli di caviale, insomma di sardine ridotte in polvere di sardina. E se ci sentiamo ancora abbattuti ci prendiamo in casa un cane o un gatto, che nutriamo con scatolette con dentro polli che hanno spazzolato montagne di polvere di pesci pescati nei mari ormai svuotati. Con quelle scatolette si potrebbero nutrire la metà dei contadini affamati dalle nostre colture che uccidono gli animali, ma noi pensiamo al nostro gatto, che in effetti tanto scemo non sembra essere, mica a tutti i gatti del paese. Oppure per tirarci su di morale apriamo una scatoletta di tonno, basta tirare il cerchietto e c’è dentro il tonno, senza bisogno di pescarselo da soli. Però la situazione peggiora ancora, anche il tonno sembra che stia finendo, vedendo certi documentari, con il rischio che le scatolette restino vuote, vuote come i mari. Uhi, uhi, siamo messi male, come facciamo adesso, pensiamo, dicendoci che forse dobbiamo chiedere aiuto ai bambini che con i loro disegni sembrano avere già capito molte cose, forse loro possono salvarci.
NdA: questo testo è contenuto nel catalogo della magnifica mostra di opere infantili “La conta delle zampe” della PInAC (Pinacoteca Internazionale dell’Età Evolutiva Aldo Cibaldi), di Rezzato (Brescia), aperta dal 22 settembre 2018 al 2 giugno 2019, e il cui catalogo si può sfogliare qui ; il video è un’animazione di Irene Tedeschi a partire da un disegno dell’archivio storico di PInAC
Bellissimi tutti: disegno, video, testo, pinacoteca!
Vai ad insegnare per 45 anni in una scuola materna.
in che senso? (che imparo qualcosa io? che imparo a spiegare meglio ai bambini?)
Prova, almeno un paio di anni.
ci ho provato, per anni, all’università, e ho imparato molto (= insegnando);
purtroppo nella vita non si può fare tutto…
(ma mi sfugge ancora il senso dell’ingiunzione, che avverto carica di riprovazione)
La “catena alimentare” si sta vendicando: hai notato quanto è cresciuto il numero delle persone affette da malattie del sistema immunitario (psoriasi, gastriti, oculopatie, ecc.)? Per non parlare di celiachia, allergie e altro che, da rarità, stanno diventando la norma.
Cominciare a “dirlo ai bambini” (ma soprattutto ai genitori che li “affogano” di merendine stracolme di creme e derivati di chissà che cosa) è il passo per provare a correggere la rotta.
L’articolo mi piace e trovo notevoli anche il video e i disegni.
Se poi riesci a farti prendere come educatore di asilo nido, faccelo sapere: ti manderemo anche i nostri bambini
grazie Gianni e grazie Enzo, e anch’io trovo magnifica l’animazione (la stessa persona ne ha fatte altrettanto belle, sempre partendo da opere di bambini: si possono vedere sul sito della PInAC);
e d’accordo Enzo, se cambio lavoro, e non sarò più agrimensore, ti avverto …
Ciao Giacomo,
ti posso assicurare che è più facile capire e stimare la composizione fisica del suolo (sabbioso, limoso o argilloso), che tu fai benissimo, che uno sguardo perplesso di un piccino…….
insomma stimo male lo sguardo perplesso del piccino, meglio che resti alla terra, è questo?
(certo che i neogenitori subito si sentono esperti di bambini … :-) )