Eroi del nostro tempo
di Giorgio Mascitelli
Ho sempre pensato che l’unica vera lettura generazionale di quanti facevano le superiori negli anni ottanta siano stati i fumetti di Andrea Pazienza. Non so se tale impressione sia fondata o, come talvolta accade, frutto di uno sguardo falsato, di nicchia, ma per me era chiaro fin da ragazzo che quelle storie parlavano del mio tempo. Ciò vale in particolare per le storie di Zanardi, anche se questo personaggio in un senso rigorosamente sociologico non è certo un prodotto realistico ( un malavitoso di estrazione borghese, di giovane età, eppure, già consumato in tutte le astuzie e le crudeltà di un criminale incallito che però si muove in un ambiente studentesco), d’altra parte sicuramente realistica è l’ambientazione. Era però proprio il personaggio di Zanardi a sembrarmi intensamente contemporaneo, tant’è vero che era l’unico fumetto che allora annoverassi tra le mie letture importanti.
Il fascino di Zanardi stava nella sua sicurezza esistenziale, nella sua spregiudicatezza e nel suo saper vivere, che facevano passare in secondo piano non solo gli orribili ricatti e i commerci che intesseva, ma anche il suo sostanziale nichilismo che si giustificava con il perbenismo e l’ipocrisia delle società intorno e talvolta delle sue vittime. Per esempio nella boccaccesca Cuore di mamma ( boccacesca non solo per la tematica del ricatto erotico, ma anche per la crudeltà dissimulata sotto le apparenze della beffa da un understatement del narratore) la madre giustifica il piacere provato nell’amplesso estorto con il ricatto di pubblicare fotografie osé della figlia da Zanardi e dai suoi inseparabili compagni Colasanti e Petrilli con il sacrificio per difendere il buon nome della ragazza, in questo modo, però, narrativamente giustifica l’azione di Zanardi e sodali con il proprio perbenismo.
Se mi fosse stato chiesto allora cosa aveva di profondamente contemporaneo, di così legato alla società italiana degli anni ottanta questo personaggio, è probabile che avrei risposto, come molti, la ricerca del piacere e la noia come moventi unici delle sue azioni, in altre parole l’assenza di valori. Eppure se guardiamo alla letteratura non mancano certo personaggi cinici e annoiati, ma non privi di un loro fascino negativo, e l’elenco non comprenderebbe solo figure recenti o contemporanee. Anzi forse il più vicino di tutti a Zanardi è Grigorij Pečorin, il protagonista del romanzo russo intitolato non a caso Un eroe del nostro tempo di Lermontov, la cui data di pubblicazione è il 1839. Anche in Pečorin domina lo stesso impasto di cinismo e di azioni negative, naturalmente in chiave russa e romantica, ma il suo è un nichilismo assolutamente affascinante come quello di Zanardi. Non credo peraltro che Lermontov abbia influenzato Pazienza e allora può essere interessante chiedersi come mai esistono due eroi dei nostri tempi dai tratti così simili e collocati in tempi così diversi.
Una prima risposta quasi banale sta nell’età dei due personaggi, che sono giovani. I giovani visti come portatori di una specificità umana e culturale a suo modo annunciante un futuro diverso sono uno dei frutti della rivoluzione wertheriana e roussoniana, che in vari modi introduceva nell’immaginario culturale quella del giovane come figura specifica e distinta dall’adulto e dal bambino. In qualche modo possiamo qui vedere in questa convergenza di due figure così diverse i tempi lunghi della cultura al di sotto dei cambiamenti storici più visibili.
Questi personaggi sono certo antiwertheriani nella misura in cui rifiutano la sensibilità e la tensione al giusto del loro implicito antimodello, ma allo stesso tempo ne mantengono un carattere fondante che è quello della ribellione alle convenzioni sociali. Naturalmente la loro non è una ribellione programmatica, ma è piuttosto una conseguenza del loro nichilismo ( si è visto come in Zanardi le sue malefatte risultino una cartina tornasole dell’ipocrisia della società e qualcosa di questo genere si può riscontrare anche in Pečorin senza esagerare troppo con i parallelismi), che tuttavia assume una posizione centrale nella loro rappresentazione di fronte al lettore. Questo ribellismo nichilista ha però anche una funzione abbagliante in quanto mette nell’ombra un’altra caratteristica saliente: infondo le qualità, la spregiudicatezza, la decisione nell’azione, la spietatezza e l’astuzia, che Zanardi e Pečorin spendono nelle loro attività antisociali potrebbero essere riconvertite e usate in forme più accettabili e meno criminali per fare carriera. Per intenderci, il sognatore Penthotal autocritico e in fuga da sé e dal mondo non sarebbe mai assimilabile alle logiche di potere come il suo successore Zanardi.
E’ essenziale però che questi personaggi non si mettano mai al servizio del potere vigente, perché altrimenti perderebbero il loro fascino di antimodelli ( non a caso Schnitzler, quando vuole distruggere Casanova, lo fa diventare un informatore della polizia veneziana), ma che le loro azioni abbiano tratti comuni con quelle del potere conferisce a questi eroi un aspetto che sembra essere fortemente realistico, anche se in realtà nasconde una forma di idealizzazione. E’ l’invulnerabilità unita alla spregiudicatezza l’elemento idealizzato che si cela dietro al fatto che questi personaggi sembrano parlare la stessa grammatica del potere: la loro invulnerabilità di eroi conserva qualcosa dell’impunità degli uomini di potere. Questa è però anche l’altra ragione per cui essi ci appaiono sempre contemporanei: benché ciò che chiamiamo potere muti di epoca in epoca profondamente, alcune sue dinamiche relazionali restano uguali nel tempo e su questo crinale giocano la loro partita Zanardi, Pečorin e gli altri. La loro contemporaneità sta dunque nel loro nichilismo che richiama alla mente e adombra quello veramente invulnerabile e onnipresente del potere.
Il nichilismo è una possibilità logica, infatti, che si dà ogni volta che non si percepiscono prospettive e dunque è contemporaneo se non a tutte, a molte epoche. In particolare tipico dell’età giovanile, ma non esclusivo, è quello eroico dell’individuo contro il mondo, perché la giovinezza è il tempo in cui si ha molto da guardare avanti con un sentimento di sfida e paura; esso differisce profondamente da quello cinico di chi magari a vent’anni gridava ‘no future’ e dopo ha percepito la prospettiva di una poltrona o di altri benefit, imparando nel frattempo le leggi della convenienza. Il nichilismo di Zanardi e Pečorin pertanto si pone come intermedio tra i due perché rinuncia all’impeto ideale e autolesionistico in nome della sopravvivenza e di un certo calcolo, si pone cioè vicino alla vita che di per sé spontaneamente è nichilista.
Zanardi in particolare, però, in questo modo diventa una sorta di parafulmine che riceve su di sé il male di questo nichilismo della vita, consentendo al lettore di esserne risparmiato. Alla fine di Verde matematico al professore che gli ricorda che il destino di ciascuno può essere limitato soltanto da un impegno positivo dell’uomo Zanardi risponde con ‘Se il destino avesse una sua logica consequenziale in questo momento dovrebbero bussare alla porta, entrare due carabinieri e portarmi via’ ( ma naturalmente non succederà): in questo modo Zanardi prende su di sé questo male e ci consente di vivere una vita dotata di senso seguendo le opinioni del professore.
Zanna, fondamentale anche per me in quegli anni.
Un grande. Fondamentale anche per me. E poi, nei miei diciannove anni giravo per Bologna con un amato che gli somigliava e tutti lo chiamavano così, e mi sembrava di stare in un fumetto di Pazienza. Bel pezzo, caro Giorgio