Interviste impossibili: Luigi Vanvitelli
L’Intervista 1
[Antonio Buonocore fa le domande/SERVéN risponde con gli abiti di Luigi Vanvitelli]
Luigi Vanvitelli, nato Lodewijk van Wittel (Napoli, 12 maggio 1700 – Caserta, 1 marzo 1773)
Lei ha iniziato come pittore e poi è diventato architetto. La pittura ha avuto un’influenza nella sua professione?
Io ho iniziato come pittore perché mio padre faceva il pittore, e io, che non sapevo che cazzo fare, ho incominciato a fare il pittore pure io. Ma pittavo pittavo, senza passione, senza sangue. E mio padre allora mi ha detto: uagliò, vedi di trovarti un’altra arte chè come pittore non vali quattro soldi…
[ Delle volte la crudeltà dei genitori è necessaria. Ma lo capisci solo molto tempo dopo. All’epoca l’ho odiato odiato odiato…]
Nel 1750 il re di Napoli Carlo di Borbone le richiese il progetto di una nuova reggia che aveva pensato nella zona di Caserta, facilmente raggiungibile dalla capitale, ma separata da essa, come lo era Versailles da Parigi. Innanzitutto come fu l’incontro?
Come fu il rapporto con il suo committente durante la costruzione?
Allora, io prima di venire a Caserta stavo a Roma, alla corte di Benedetto XIV e facevo per lui dei lavoretti, ero sempre là, in giro. Al Papa però forse non andavo troppo a genio, non saprei dirti perché, non ci sono state mai esternazioni eclatanti, ma avevo come la sensazione, è vero!, che non mi sopportasse molto. Poi ci fu la situazione della cupola. Sai bene che la cupola del maestro Michelangelo aveva qualche problemino di stabilità. E io feci la mia proposta di consolidamento. Lui, il Papa, aveva già chiamato uno di Venezia, un certo ingegnere Giovanni Poleni che aveva fatto, è vero!, un progetto di consolidamento. Sai come sono gli ingegneri, aveva fatto una cosa molto sobria, manco si vedeva. Io invece avevo fatto un cazzo di progetto, impottante. Poi ho saputo, è vero!, che il Papa si era lamentato con il veneziano, diceva a lui che se mi avesse lasciato fare non si sarebbe più vista la cupola tanto erano massicci i muri che avevo pogettato per sostenerla. Ma erano solo dicerie… è vero!
Intanto però lui, sempre il Papa, chiese al suo amico Carlo di Borbone se mi prendeva. E Carlo per tenerselo buono, al Papa, mi mandò a chiamare.
A Napoli eravamo in tre, io il re e Ferdinando. Ferdinando Fuga. Ferdinando e il re erano molto intimi, affiatati, complici. A me non mi pensavano proprio.
[ Ferdinando si atteggiava: lui faceva le O O O P E R E S O C I A A A L I: l’albergo dei poveri, i granili, le 366 fosse… quel comunista! Intanto a Napoli piazza Vanvitelli è ‘na piazza grandiosa; piazza Fuga? una piazzetta!A Caserta poi, non ne parliamo proprio, via Fuga è una viarella sperduta…, quella, poi, la Madonna è giusta!]
Allora io mi lamentai con il Papa, è vero! Il Papa chiamò il re, il re chiamò a ‘mme e mi disse: mò lo sai che facciamo caro vanvitello [ così mi chiamava, vanvitello! ]? Ci andiamo a fare una bella scampagnata a Caserta… e tutto ebbe inizio.
Oggi il complesso della reggia è visitato da un milione di turisti all’anno, ospita mostre d’arte e è sede della sovrintendenza e di alcune sezioni di uffici dell’esercito. Come crede che debbano essere utilizzati oggi i monumenti?
Oggi la reggia è troppo aperta. Tutta quella gente. I neri, gli ambulanti, gente che gioca a pallone, carrozzelle [ con quegli animali che urlano…]
Ma su! Un po’ di rispetto!
Scusi se mi permetto, ma a me personalmente piace l’immagine del palazzo da via Mazzini guardando verso via Mazzocchi, posto in cui se ne coglie uno scorcio, tra le case. Mi ha un po’ stancato l’immagine monumentale del fronte principale. Quali sono i punti forti della reggia?
Gli scorci? Ma gli scorci sono cose comuniste. La Reggia, il Palazzo, il mio Palazzo va visto da punti ben precisi, ordinati. Anzi, io avevo fatto un disegno di una città intera intorno al Palazzo. Ma, sai com’è, è vero!, il padreterno mi ha chiamato a sé e… addio!
Altro che scorci…!
Contestualmente alla reggia lei progettò l’acquedotto carolino: di particolare pregio architettonico, dal 1997 patrimonio mondiale dell’UNESCO. E’ il ponte che, attraversando la Valle di Maddaloni, congiunge il monte Logano (ad est) con il monte Garzano (ad ovest). All’epoca fu il ponte più lungo d’Europa.
Lo sa però che ora l’area circostante il ponte e il ponte stesso versano in condizioni di degrado e di abbandono, e spesso ospitano piccole discariche abusive?
Io, quasi duemila anni dopo i romani, ho fatto un acquedotto a un certo livello. Grandioso, come il Palazzo. Però, pure per i ponti della valle ci fu qualcuno che ebbe da ridire. Gli ingegneri…! Dicevano che non conoscevo l’idraulica…, che gli acquedotti non erano più necessari… Ma chi se ne fotte! Vuoi mettere tutti quegli archi! Impottante! È vero!
Si dice che, al momento dell’inaugurazione, l’acqua tardava ad arrivare alla fine della condotta nei pressi della reggia… è vero questo episodio? In quel caso lei tirò un sospiro di sollievo, ma quali sono stati gli errori più grossi della sua carriera?
Gli ingegneri, mi volevano sabotare, è vero! Quei invidiosi, ma la madonna è giusta!
La stazione di Caserta è stata inaugurata il 20 dicembre 1843 e si trova proprio di fronte alla reggia, sullo stesso asse che virtualmente la collegava a Napoli. Le piace questa posizione?
Vuoi sapere chi ha progettato la stazione di Caserta? Indovina! Poi dicono che esagero, ma sono sempre loro…! Gli ingegneri.
Alla sua morte suo figlio Carlo ha proseguito la direzione dei lavori per la reggia. Lei quanto ha contato per la formazione di Carlo? Cosa ne pensa dei figli che proseguono il lavoro dei padri?
Carlino ha incominciato a fare l’architetto perché io facevo l’architetto, e lui, che non sapeva che cazzo fare, ha detto mò faccio l’architetto pure io. E io, a differenza di mio padre, ho agevolato la sua scelta. Io faccio parte della nuova generazione di padri. Non duri, ma affettuosi. Quello vuole fare l’architetto?, fai l’architetto a papà!
Tra i suoi incarichi c’è stato quello di riprogettare Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, una basilica romana che si trova in piazza della Repubblica a Roma in cui aveva operato nientedimeno che Michelangelo. Come si è rapportato con l’opera di questo grande maestro?
Michelangelo? Un’altra volta?! Lasciamo stare, già con la cupola…
I suoi edifici oggi sono tutelati e nessuna sovrintendenza si sognerebbe di modificare le fabbriche da lei realizzate. Ma se ci fosse la possibilità, come suggerirebbe di trasformare per usi contemporanei le sue opere?
Trasformare? Ma si pazzo! Quelle già non le hanno completate come io le avevo progettate. Conservate, devono essere conservate così come sono! Menomale che ci sono i sovraintendenti…! Se fosse per voi!
[Scusa, ma fossi comunista anche tu?]
Dopo la dipartita di Carlo di Borbone per la successione al trono di Spagna, re di Napoli divenne Ferdinando IV che per la sua giovane età non era in grado di prendere decisioni, quindi il potere passò a Bernardo Tanucci, presidente del consiglio di reggenza del regno. Dalla sua biografia si evince il difficile rapporto con Tanucci, il quale le preferiva l’architetto Ferdinando Fuga, toscano come lui. Lei come giudica l’opera di Ferdinando Fuga?
Aeeeh! Ancora quel comunista! Ma tu hai capito cosa dicevano all’epoca? Che io mi facevo spiegare le cose da lui… solo perché una volta mi feci dare un consiglio. Io stavo facendo la villa Campolieto a Ercolano. Lui stava lì vicino, stava facendo la villa Favorita. Lui veniva a sbirciare. Una volta l’ho fatto entrare e gli ho chiesto un consiglio su come attaccare un colonnato alla palazzina… ma come si atteggiava…!
Tornando alla reggia, abbiamo raccolto alcune opinioni discordanti sulle sue opere di alcuni architetti contemporanei casertani. Lei cosa risponde a chi pensa che la reggia e lo stile borbonico abbiano inquinato irrimediabilmente il nostro territorio?
Quella se non c’era la reggia, Caserta manco la mettevano sulle cartine geografiche, è vero…!
1217 stanze e 1898 finestre. Ha mai proposto al suo committente di fare la reggia un po’ più piccola?
Più piccola? Uagliò, ma allora tu veramente sei un comunista! Quella è così bella, impottante!
- Con Antonio Buonocore per il programma radiofonico AMATELA! 2008↩
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Cià raggione Giggino: maledetti ingegneri!!!
Ahahahahaah
Mi sbellico!
Meravigliosa intervista ai limiti dello spaziotempo e dell’ironia! :)
I vitelli dei romani sono belli.
E bravo a Forlani, impottante – è vero…!
ebbavo a Beniamino e Antonio, moi je ne suis que le passeur (‘o contrabbandiere)
effeffe
” [Antonio Buonocore fa le domande/SERVéN risponde con gli abiti di Luigi Vanvitelli] ”
Ué!… e che succed’ accà?!
Sono stato un po’ sbadato, è vero.
Grazie al contrabbandiere, complimenti agli autori.
Grazie Francesco per aver pubblicato l’intervista. Per chi volesse, può anche ascoltarla con le voci di Marilena Lucente e Roberto Solofria, a questo link bit.ly/2NI0GaT
Ciao un abbraccio!
Articolo impottante! Bellissimo.