Il nido

di Gianni Biondillo

Tim Winton, Il nido, Fazi Editore, 2017, 442 pagine, traduzione di Stefano Tummolini

Trovarsi quasi a cinquant’anni, dopo una vita di successi personali frantumati: questa è la condizione di Tom Keely, rincantucciato all’ultimo piano del condominio dove abita, spesso riverso a terra, svenuto dopo sbronze colossali o uso eccessivo di farmaci. Per stordirsi, per annientarsi.

È la storia di un fallimento quella che ci racconta Tim Winton. Di come un ambientalista noto ai media australiani per le sue battaglie ideali, dopo aver calpestato un callo di troppo al potente di turno, venga messo all’angolo, abbandonato da tutti.

Conosciamo il protagonista de Il nido forse nel suo momento peggiore, quando le sue certezze sono ormai definitivamente sfaldate. Poi il caso (come ogni romanzo che si rispetti) ci mette lo zampino. Tom scopre che al suo stesso piano abita Gemma. Si conoscevano in gioventù, lei, più giovane di pochi anni, si rifugiava spesso a casa sua, scappando da un padre violento. Oggi è una donna che conserva a fatica la sua bellezza passata. Ha poco più di quarant’anni e un bambino di sei anni, Kai, intelligente e triste, curioso e autistico. Kai in realtà non è suo figlio. Gemma è la nonna. La giovane madre è in carcere, perduta in un giro di droga e con un marito più sballato di lei.

Il nido è la storia dell’incontro di tre fallimenti: l’idealista divenuto cinico, la ragazza invecchiata troppo in fretta, il bambino convinto che non conoscerà l’età adulta.

La scrittura di Winton appare dapprima zoppicante, colloquiale, antigraziosa. In realtà è inesorabile come un meccanismo ad orologeria, capace di porre il lettore di fronte a situazioni di grande intensità, evitando patetismi stucchevoli o triti espedienti romanzeschi. La paura qui è paura. L’ansia, l’angoscia, l’impotenza, la speranza, il disincanto sono veri. Il romanzo, chiusa l’ultima pagina, memorabile.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione, numero 5 del 31 gennaio 2017)

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Non chiamatela Banlieue

di Gianni Biondillo
Innanzitutto: non è una banlieue. Smettiamola di usare parole a sproposito, non aiuta a capire di cosa stiamo parlando. E, a ben vedere, non è neppure più una periferia. Dal Corvetto a Duomo ci vuole un quarto d'ora di metropolitana, siamo ormai nel cuore della metropoli lombarda.

Il venditore di via Broletto

di Romano A. Fiocchi
Sono trascorsi molti anni ma mi ricorderò sempre di quel giorno gelido di fine gennaio in cui lo incontrai. Lavoravo come fotoreporter da circa tre mesi, mi aveva assunto in prova l’agenzia Immaginazione.

Il cuore del mondo

di Luca Alerci
Vincenzo Consolo lo incontrai, viandante, nei miei paesi sui contrafforti dell’Appennino siciliano. Andava alla ricerca della Sicilia fredda, austera e progressista del Gran Lombardo, sulle tracce di quel mito rivoluzionario del Vittorini di "Conversazione in Sicilia".

Apnea

di Alessandro Gorza
Era stata una giornata particolarmente faticosa, il tribunale di Pavia l’aveva chiamata per una consulenza su un brutto caso. Non aveva più voglia di quegli incontri la dottoressa Statuto, psicologa infantile: la bambina abusata coi suoi giochi, i disegni, gli assistenti sociali e il PM, tutti assieme ad aspettare che lei confermasse quello che già si sapeva.

Spatriati

Gianni Biondillo intervista Mario Desiati
Leggevo "Spatriati" e pensavo al dittico di Boccioni: "Quelli che vanno", "Quelli che restano". Il tuo è un romanzo di stati d'animo?

La fuga di Anna

Gianni Biondillo intervista Mattia Corrente
Mi affascinava la vecchiaia, per antonomasia considerata il tramonto della vita, un tempo governato da reminiscenze, nostalgie e rimorsi. E se invece diventasse un momento di riscatto?
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: